Creato da lo_scemo_del_paese il 10/04/2007

Storie e non storie.

diario di uno sconnesso viaggiatore

 

 

In una notte di mezza estate. ( Nizza )

Post n°37 pubblicato il 15 Luglio 2016 da lo_scemo_del_paese

 

Le luci delle giostre intorno a me sfavillano.

È bellissimo vederne il loro riflesso sul mare calmo.

La mano di mamma stringe forte la mia,

mi fa sentire protetto, al sicuro,

come solo con lei mi sento.

La gente corre da una parte all’altra,

sfrenata e senza meta.

Mamma dice che è tutto un gioco

e di stare tranquillo che andrà tutto bene.

Stringi ancora più forte la mia mano mamma.

Perché piangi mamma?

E’ un gioco come hai detto tu,

gli spari  non sono veri,

la gente cade a terra per  finta.

Stringi ancora più forte la mia mano mamma.

Tra poco il gioco finirà e tutti ci rialzeremo,

nessun dolore, nessuna ferita.

Mi sento già meglio mamma.

Tu continua a stringermi io sono stanco,

 

chiudo gli occhi, buonanotte mamma.

 
 
 

Sognai di te.

Post n°36 pubblicato il 21 Febbraio 2016 da lo_scemo_del_paese

Chiusi gli occhi immaginando il tuo odore

e le mie narici vagarono tra seni avidi e voluttà

discesi su sentieri  di collo e schiena

inebriandomi del tuo sapore

le mie dita sfiorarono appena

luoghi caldi e grondosi

sentii pulsare sessi solitari

il mio

il tuo

mi affannai in un istante lunghissimo

crollai riaprendo gli occhi umido e ansimante

…….. sognai passione

……sognai te

 

 
 
 

Passione

Post n°35 pubblicato il 28 Ottobre 2015 da lo_scemo_del_paese
Foto di lo_scemo_del_paese

Ci si aggrovigliava in

lentissimi istanti di passione

come poter non desiderare

di morire?

 

 
 
 

Il sipario si chiude

Post n°34 pubblicato il 21 Febbraio 2015 da lo_scemo_del_paese

 

Cuori e anime si toccano senza reciproco interesse, lo stanco jazz della tromba ora suona una lenta miscela di note, l’uomo e la donna si osservano, i bicchieri si moltiplicano come il fumo che ne invade le narici; le dita del pianista arrancano sulla tastiera, l’uomo e la donna , mano nella mano, salgono le scale e i loro occhi si accarezzano al lento ritmo dello scart. Il fumo si fa più pungente e si respira una strana aria di solitudine e jazz. Ora l’uomo e la donna sono una cosa sola, lo saranno per un minuto o per una vita, cosa importa,la tromba si lascia andare ad un lento e opaco finale, il sipario si chiude...................................l’uomo e la donna, ora sognano abbracciati.

 

 
 
 

Chiudo gli occhi e sogno....di lei

Post n°33 pubblicato il 04 Febbraio 2015 da lo_scemo_del_paese

 

In questo mondo di putrescenti ipocrisie,

di promesse di cartapesta,

in questo mondo di passioni effimere

che si spengono con un soffio come

fiamme di candele al  vento,

in questo mondo in balìa di se stesso

che non ha il tempo di leccarsi le ferite…

c’è lei.

Rosa di campo che si  apre al sole,

vento caldo che soffia e

spazza via la solitudine,

rugiada di un mattino d’autunno,

anima santa e dannata che

accende il cuore di ogni essere vivente

che in lei s’imbatte.

Vita che dà la vita,respiro che dà respiro,

cosa darei per poter sfiorare i suoi pensieri,

con le mie labbra graffiare il suo petto ansimante,

con le mie dita baciare ogni angolo

di quel suo voluttuoso corpo,

con le narici passare tra i suoi soffici ricci e

sentire l’essenza del suo sesso.

Non altro che lasciarmi andare e

di rimando sorridere al suo sorriso posso fare,

rapito corpo e anima …..

chiudo gli occhi e sogno di lei.

 

 
 
 

Mi mancherai.

Post n°32 pubblicato il 21 Agosto 2013 da lo_scemo_del_paese

Il susseguirsi dei giorni, delle ore, e persino

degli attimi, sfiora

questa corazza come il vento

sfiorava i tuoi capelli quel giorno.

Le mani, gli occhi, la bocca e

anche il cuore battono e tremano

codardamente all’unisono.

Mi chiedo cosa fare, la strada da prendere e

gli odori da seguire.

Nulla è certo, il domani, l’oggi e

perfino il passato.

Nulla è certo tranne che

 

mi mancherai.    

 
 
 

Marie.

Post n°31 pubblicato il 19 Agosto 2013 da lo_scemo_del_paese

Voleva essere una principessa Marie.

 Una di quelle principesse che facevano sbocciare le rose al loro passaggio, voleva un principe che la destasse con un tenero bacio sulle labbra, voleva un regno in cui vagare senza pericoli o cattivi pensieri.

 Voleva essere una fata Marie.

 Una di quelle che con la bacchetta illuminano il cielo, una di quelle che parlano all’arcobaleno, una di quelle che stanno chiuse nel palmo di una mano.

 Voleva essere una bimba Marie.

 Magari quella che dorme su un letto di fiori, magari quella al cui cospetto gli alberi si inchinano, magari…………………………………..

 

 

 La luce tenera del mattino filtrò da una persiana indirizzandosi verso lo specchio del comò e fu

subito giorno. Marie aprì gli occhi, due occhi piccoli ancora sporchi di Eyeliner, due occhi che, anche quella notte come ormai mille altre, avevano visto la passione perversa e la voglia sfrenata di sesso di quei piccoli e insignificanti uomini che l’avevano pagata.

 Si alzò dal letto stiracchiandosi, non aveva nulla addosso, un corpo da adolescente e un’anima

Dannata. La bocca piccola, le labbra sottili e un nasino pieno zeppo di lentiggini.

 Com’era dolce e tenera Marie mentre si specchiava, i suoi diciassette anni facevano capolino dietro un sorriso spento, i suoi piccoli seni dai capezzoli perennemente turgidi si gonfiavano e si sgonfiavano battendo il tempo del suo codardo respiro.

 L’acqua della doccia iniziava, come ogni mattina, a scorrere gelata e questo permetteva a Marie di

dare al suo corpo nuovo vigore per affrontare un altro giorno.

 Sotto la doccia riusciva a liberare la sua mente da tutti quei demoni che la possedevano, da tutti quei sessi maschili che, come in un improbabile domino, dritti uno dietro l’altro le stavano davanti quasi come se non volessero lasciarla.

 Com’era brava Marie a letto, aveva imparato tutti i trucchi del mestiere, sapeva come ritardare il piacere degli uomini, sapeva come toccarli, baciarli, sapeva essere schiva e lasciva allo steso tempo.

 L’acqua iniziava a riscaldarsi e il torpore cercava di assopire la tonicità di quei muscoli da

ragazzina, quel getto caldo le ricordava tutto lo sperma che ogni notte si mescolava sul suo

corpo, sulle sue mani sue mani e anche nella sua bocca.

 Come ci sapeva fare Marie con la bocca, era superba, era così spudoratamente brava che i clienti pagavano un extra per possederla in quell’antro fatato che si schiudeva tra le sue piccole labbra rosee.

 L’accappatoio avvolse quella tenera pelle come un pitone avvolge una preda e Marie, mentre si

asciugava, sentiva il fiato corto di quei piccoli maschi che ogni notte pagavano per lei; sentiva i loro

visi ruvidi e ingialliti, sentiva i loro fiati che sapevano di Averna e di Marlboro, sentiva le loro mani, come delle pinze, stringere le sue tonde natiche sode.

 Com’era agile a letto Marie, riusciva a cambiare posizione senza fare uscire gli uomini dal suo ventre, senza che loro se ne rendessero conto si ritrovavano con il sesso tra le sue natiche a strusciare tutta la loro vile virilità tra quelle dolci colline.

 Un paio di slip bianchi, una camicetta a righe gialle e nere, un jeans Lee con la zip sul davanti e un

paio di scarpette di tela.

 “Riordiniamo al stanza!” Disse ad alta voce e mentre disfaceva completamente quel letto piccolo ma comodo, ripassava il cinque maggio di Alessandro Manzoni, ripetendolo a memoria.

 Com’era tenera Marie al mattino prima di andare a scuola, salutava con un piccolo bacio la

vegliarda nonna e si incamminava verso quella fermata d’autobus sorridendo al sole che, come una

dolce nutrice, le lavava di dosso l’odore e lo sporco delle sue notti.

 

 

 

 Voleva essere una principessa, una fata, una bambina.

 Voleva essere un angelo Marie e forse lo era. Forse lo era sempre stata. Un angelo che aveva smarrito la strada del paradiso, un angelo che aveva perduto le chiavi della porta dell’inferno, un angelo…….

 Sì, quello era Marie, il frutto delle perversioni del genere umano, il seme della vita buttato su una terra arida e sterile.

 Arrivederci dolce piccola Marie, spero di rincontrarti in un’altra vita, una vita in cui potrai vivere la tua infanzia, una in cui sarai la principessa delle fate, una vita…………………….

 

 Arrivederci dolce piccola Marie.

 
 
 

Figli del mare

Post n°30 pubblicato il 12 Agosto 2013 da lo_scemo_del_paese

Descriverti quello che si prova a stare davanti al mare in un’alba di primavera non è cosa facile, l’aria ricca di profumi che entra nelle narici fino ad invadere le radici dell’anima, la luce candida che inizia a schiarire un cielo che fino a qualche minuto prima non si riusciva a distinguere da quell’immensa distesa di acqua sale e vita che ci sta davanti, lo sciabordio dell’acqua che tracima e schiuma avvolgendo i piedi che sembrano mettere radici come  a conferma che siamo parte di quell’immenso spettacolo e non solamente degli estranei osservatori.

 Se  guardi verso l’orizzonte, lasciandoti cullare e liberando la mente da ogni pensiero, puoi anche sentire il canto delle sirene e le grida del re di Itaca che implora invano il suo equipaggio, I versi mostruosi di Scilla e Cariddi che inghiottono e vomitano quel mare che ormai senti parte di te. Puoi sentire l’eco del tamburi che scandiscono la frequenza delle remate permettendo alle navi puniche di fare rotta verso la nostra isola e più in là, puoi scorgere l’ombra di tre piccole imbarcazioni che, al seguito di un folle italiano, sfidano l’ignoto impavide e contro corrente.

 Quando ti sembrerà che il mondo ti stia crollando addosso o che tutto e tutti ti siano contro, corri fino ad arrivare al mare, togli i tuoi calzari e fermati ad ascoltarlo, ti dirà lui cosa fare, ogni risposta ti sarà sussurrata dalle onde.

 Se ti fermi davanti al mare sentirai la libertà scorrerti dentro, sentirai la mia voce e ancora più in alto sentirai il respiro di Dio.

 Siamo tutti fatti di acqua e sale  figlio mio!

 Siamo tutti figli del mare.

 

 

 
 
 

Michael e Madeleine.

Post n°29 pubblicato il 09 Agosto 2013 da lo_scemo_del_paese

                                                           Prologo  

 

“Ti prego un solo altro bicchiere!” Disse Michael con quello strascichìo di parole tipico di chi ha

dentro le vene più alcool che sangue. ”L’ultimo e me ne vado!” Continuò.

”Ho detto che per stasera va

bene così!”  Ribattè l’oste con tono imperioso mentre acchiappava Michael per il colletto della giacca

e si accingeva a farlo alzare dalla sedia. ”Guarda come ti sei ridotto a furia di bere” seguitò con tono

imperioso, ”dove cazzo è finita quel briciolo di dignità che avevi?” e con fare deciso, trascinò Michael

fuori dalla porta dell’osteria, scarventandolo sul marciapiede di fronte.

 Michael stramazzò al suolo, ma,forse per l‘effetto di tutto il vino che aveva bevuto durante la

giornata o forse perché ormai la sua pelle era diventata dura e spessa come una corazza, non avvertì

nessuna sensazione di dolore, certo i suoi occhi erano pieni di lacrime fino a traboccare, ma non era

per effetto della caduta e neanche per le ultime parole che l’oste aveva pronunciato cercando di

spronarlo a reagire, quelle lacrime erano per lei, la sua unica donna, la sua unica ragione di vita

quando una vita ce l’aveva ancora. Lei, la sua Madeleine.

 Non cercò nemmeno di rialzarsi Michael, si lasciò andare su quel letto-marciapiede facendosi

trasportare dalla sua fantasia, come succedeva ormai tutte le volte che ripensava a Madeleine, fino

ad arrivare in quel bar. Quel maledetto bar che, come uno spettatore attento ma indiscreto, aveva

assistito al loro primo incontro.

                                                    -------O-------

 Era uno di quei giorni piovosi e scuri in cui non ti rendi conto mai di che ora sia se non guardi

l’orologio e come sempre a quell’ora di sera Michael entrò in quel solito bar e si andò a sedere al

solito tavolo ordinando la solita acqua tonica con limone spremuto e il solito tramezzino con lattuga

pomodoro e maionese. Mentre guardava allontanarsi il barista i suoi occhi pàrvero captare, come uno

scandaglio marino, la luce di altri due occhi che, sentendosi scoperti, si voltarono a guardare la tv che

stava su uno scaffale leggermente più alto del bancone e che, come al solito da dieci nni a quella parte, trasmetteva la stessa partita

di calcio del campionato francese. Quante volte michael aveva rivisto quelle immagini, non si sa il

perché ma quella dannata televisione trasmetteva sempre la stesa partita, era come se in quel luogo il

tempo si fosse fermato. Era come se la vita si fosse fermata. Era come se in quel piccolo bar di

periferia non si dovesse invecchiare. Era come……………….

 “Mi offri da bere?” disse una voce che suonava dolce e stridula allo stesso tempo.  ”Dice a me?” Fece

Michael ancora incredulo del fatto che quella sventola potesse rivolgergli la parola.  ”Sì! Ti ho chiesto

se mi offri da bere, sei sordo?”

 Lui la osservò velocemente dal basso in alto e con un fare ardito e

spavaldo di cui lui stesso si stupì per primo, disse:

 ”Ordina tutto ciò che vuoi, anche tutto il bar se ti

và.”

 Erano passate due ore da quando i loro occhi si erano scontrati e seduti a un tavolo adornato di

bicchieri vuoti, i due stavano chiacchierando come se si conoscessero da una vita, come se

quell’uomo e quella donna si conoscessero da tutta la vita.

                                                  -------O-------

 Michael si svegliò alle prime luci dell’alba sentendosi il corpo pervaso da un calore strano e da un

odore a cui non era abituato e dopo aver sbadigliato e scoreggiato, si accorse che accanto a lui, nel

suo letto, sotto le sue lenzuola, c’era una donna.

 Madeleine.

 Per quanto cercasse di sforzare la sua dolorante testa, non riusciva a ricordare come quella donna

fosse finita nel suo letto, ricordava la televisione, la partita, i suoi occhi che incrociavano quelli di

lei e poi ancora quelle parole che lo avevano colpito come degli spari nel silenzio della notte, ma il

resto della serata era come avvolto da un lenzuolo nero.

 Ad un tratto la mano di lei strusciò lungo il lenzuolo nel breve tragitto che dal suo corpo portava a

alla sua gamba e con fare sinuoso si inoltrò tra le cosce fermandosi proprio a sfiorare quel piccolo

lembo di pelle che separa l’attaccatura della coscia dai testicoli. Michael sentì il sangue ribollirgli, ma

restò immobile a guardarla, come se qualcosa dentro di lui ancora dubitava che quella donna fosse veramente lì.

 ”Buongiorno!” Disse lei con la voce impastata di sonno e saliva e sprofondando dentro il mare degli

occhi di lui sussurrò: ”è stata una notte meravigliosa, sei stato stupendo, grazie!”

 Michael, dal canto suo, cominciava a ricordare quello che era successo appena avevano lasciato il

bar. Vedeva i loro passi zigzaganti per i troppi rum che avevano trangugiato, vedeva quella panchina

del parco dove si erano abbattuti stanchi per il barcollare e per le risa. La sua mente captava come dei

flashback. Ora vedeva la testa di lei che, in ginocchio davanti alla panchina, andava su e giù tra le sue

cosce, vedeva loro due che mano nella mano suonavano i citofoni svegliando interi condomìni.

 “Hai qualcosa da bere?” Disse ancora lei alzandosi dal letto in tutto lo splendore della sua nudità e

senza aspettare una risposta si diresse in cucina aprì il frigorifero e si attaccò a una bottiglia di vino

tracannandone almeno quattro sorsi.

                                                            -------O-------

 Da quella notte Michael e Madeleine erano rimasti attaccati come le due facce di una stessa

medaglia, la loro vita era diventata una sola, la loro storia era ormai una sola, perfino la casa , quella

stupenda villa che si nascondeva dentro un bilocale, come spesso Michael amava definire il posto in

cui abitava, ora era la dimora di Michael e Madeleine.

 Era una bella vita, feste, champagne che scorreva a fiumi, si erano abbandonati alle più sfrenate

voglie e passioni, senza mai, neanche per un istante, pensare a quello che poteva accadere il giorno

successivo.

 Per potersi dedicare completamente alla sua Madeleine, Michael lasciò il lavoro e decise che

avrebbero benissimo potuto vivere con quello che aveva messo da parte durante quei vent’anni

passati a contare banconote dietro allo sportello della banca centrale del paese.

 Per prima cosa dopo essersi licenziato, andò al supermercato e comprò una bottiglia di Dom

Perignon, poi passò dal barbiere a farsi rasare e quindi dal fioraio per comprare una cinquantina di

rose rosse da regalare, come se tutto ciò che aveva già fatto non bastasse, alla sua dolce Madeleine.

 Arrivato a casa Madeleine gli buttò le braccia al collo e iniziò a baciarglielo come piaceva lui, dando

delle piccolissime leccatine ai lobi, sfiorando leggermente con le dita la nuca e quei pochi capelli

che gli erano rimasti. ”Ti ho preparato un pranzetto da farti leccare i baffi” disse Madeleine

sorridendo maliziosamente, ”ma prima dovrai meritartelo” continuò, e così dicendo slacciò la cinta

della vestaglietta rosa e la lasciò cadere per terra mostrando a Michael quel corpo che ormai aveva

esplorato in ogni più piccola parte, ma che come sempre lo eccitava come la prima volta.

 Fecero l’amore in maniera selvaggia, senza preliminari, come due cani in calore che si attaccano

l’uno all’altro e non si lasciano fino a quando anche l’ultima goccia di sangue non ha smesso di

fluire nel membro del maschio.

 Del resto ormai quello oramai era diventato l’unico scopo della loro vita, consumarsi di sesso e di alcool. Scopavano e

bevevano, e più bevevano e più scopavano, e più scopavano e più sentivano il desiderio di bere, erano

caduti in un circolo vizioso che in breve tempo li avrebbe inesorabilmente consumati.

                                                        -------O-------

 Dopo sei mesi di convivenza i soldi di Michael erano finiti tra sbronze fumate di marijuana e sesso,  e le cose stavano iniziando a dare segni di cambiamento, non da parte

di Maichael che continuava ad amarla come la prima volta che l’aveva vista al bar, ma da parte

di Madeleine. In lei c’era ormai qualcosa di molto diverso, anzi sembrava quasi che fosse diventata

un’altra persona.

 Di questo Michael aveva avuto qualche sentore già da tempo, ma cercava di ignorare ciò che avvertiva per paura

di svegliarsi da quel sogno meraviglioso.

Purtroppo l’evidenza non si poteva negare, Madeleine non

cucinava più quei pranzetti prelibati che lui amava tanto, stava tutto il giorno fuori casa e se Michael

le chiedeva spiegazioni lei iniziava a gridare e a maltrattarlo senza nessuna pietà.

 La sera,quando Michael tornava dal bar come di consueto, lei si faceva trovare addormentata e quel

letto, che in un passato molto prossimo ma altrettanto remoto, era stato un campo di battaglia degno

di essere paragonato a quello di maratona, era ormai diventato un eremo dove affogare, tra le braccia

di Morfeo, le delusioni e le paure.

……………………….Rhum vino tequila scotch bourbon grappa ” Ti prego non lasciarmi! ” sale

limone zucchero di canna pakistano nero Pastis Pernod Hashish Valium ”Mi fai schifo,sei solo un

perdente!” Margarita Cubalibre Bayle’s triple sec mMarijuana aguardiente vodka ”Vaffanculo pezzo di

merda!” Averna Campari Aperol Martini Roippnol Aspirina Cocaina Cocacola  ”Ma io ti amo

Madeleine!”…………………………………

                                                          -------O-------

 Il bar stava ormai per chiudere, anche quella fottuta televisione era spenta, Michael non aveva

ancora pagato il conto di quella sera, non voleva tornare a casa, non voleva andare in giro per le

strade della città, ma soprattutto non voleva accettare la verità, Madeleine non era più innamorata di

lui, anzi forse, per la prima volta da quando la conosceva, si era reso conto che Madeleine, la sua

dolce Madeleine, non l’aveva mai amato.

 Si alzò di scatto, accese un mozzicone che qualcun altro aveva lasciato nel portacenere vicino alla

cassa e senza neanche dire una parola pagò e se ne andò.

 La strada era illuminata da pochi lampioni molto distanti gli uni dagli altri, la parte di marciapiede

che non era occupata dai cartoni sporchi di orina e vomito dei barboni che li abitavano quella sera

era tutta bagnata, Michael la percorreva con passi lenti e le lacrime agli occhi, e più aumentava il

numero dei passi e più le lacrime si facevano strada sul suo viso, e più piangeva e più quella cazzo di

strada sembrava non finire mai. Era una notte senza luna e per Michael quella fu l’ultima notte prima

dell’oblio.

                                                             -------O-------

 Arrivato a casa Michael salì lentamente le scale del ballatoio e silenziosamente aprì l’uscio incamminandosi al buio verso la camera da letto.

 Durante l’ultima parte del tragitto che dal bar lo aveva portato a casa aveva rimuginato sui fatti e

voleva, anche a costo di umiliarsi ancora una volta, cercare di risvegliare in Madeleine quei sentimenti che un tempo li

avevano portati l’uno nelle braccia dell’altro. La luce della stanza si accese, il letto non era ancora

stato toccato segno che Madeleine non era ancora rietrata. Michael versò due terzi di Pernod in un

bicchiere e dopo aver aggiunto dell’acqua lo tracannò tutto d’un fiato.

 A quel primo bicchiere ne seguirono molti altri, bicchiere dopo bicchiere, poi una nuova bottiglia e

bicchiere dopo bicchiere ancora un’altra bottiglia e bottiglia dopo bottiglia si addormentò su quel

tavolo insieme alla speranza che svegliandosi, il mattino seguente, tutto potesse ritornare come

prima.

                                                          EPILOGO

 Un raggio del primo sole del mattino illuminò il viso di Michael facendolo svegliare accecato da

quella luce intensa che sembrava proiettata direttamente sui suoi occhi, l’aria era ancora

fredda, si strusciò le palpebre con le nocche della dita, si alzò dal suo letto-marciapiede e

lentamente si incamminò verso il fondo di quella via.

 Nessuno mai rivide più Michael.

 Qualcuno asserì che aveva preso un treno per un’altra città, altri

dicevano che era morto affogato dal suo stesso vomito dopo essersi scolato una intera cassa di rhum, quelli

più romantici come me sperano ancora che abbia ritrovato la sua Madeleine.

 Nessuno mai lo rivide più né lui né Madeleine.

 Nessuno mai li rivide più, ma tutti in città si ricordano di loro e finchè ci sarà qualcuno come me che

racconterà la loro storia Michael sarà sempre presente, il suo ricordo non scomparirà mai. Il ricordo di

un uomo che aveva bruciato la sua vita per amore, il ricordo di un uomo che aveva amato

smisuratamente una donna e che per una donna si era perso.

 
 
 

Angeli e demoni.

Post n°28 pubblicato il 08 Agosto 2013 da lo_scemo_del_paese

 La stanza era illuminata solamente dalla luce argentea della luna piena,l ’uomo entrò trattenendo un

sorso di saliva che, come un evaso che è stato catturato, non voleva ritornare in quella golaprigione.

 Una lampadina che pendeva dal soffitto attaccata ad un vecchio portalampade in ceramica ondeggiava a

mezz’aria come uno di quei trapezi a cui l‘uomo era ormai abituato e descriveva una traiettoria

leggermente ondulata che, sommata all’argentea luce dei raggi lunari, dava quasi una sensazione

vertiginosa.

 La donna lo guardò con occhi bassi e la sua pelle candida rifletteva i raggi del satellite come il

vetrino di un orologio riflette la luce solare, l’uomo era allo stesso tempo impacciato e

complice, impacciato per l’infinita eccitazione e complice di quel pudore che la donna esternava pur

trasmettendo una voglia ed un desiderio infiniti.

 -Vuoi qualcosa da bere?-

Chiesse la donna con voce soffice e strozzata da una sensazione che non provava da lunghissimo

tempo e l’uomo senza dire una parola, forse per paura che il suono della sua voce potesse far

trasparire quella sensazione di smarrimento che avvertiva, si versò un dito di Jack Daniel’s evitando di

incrociare lo sguardo di lei che sentiva ormai sua come una qualunque parte del suo goffo corpo.

 Tutto dopo il primo sorso si svolse in quella penombra da mille e una notte, la donna lo avvolse in

un abbraccio che gli fece mancare il respiron e lui, con una sinuosità di cui aveva dimenticato di

essere dotato, andò con le labbra a cercare quelle di lei mentre le sue mani accarezzavano quel corpo

fantasticamente grande che pareva non finire mai. Le mani della donna allora sbottonarono la patta

dei pantaloni dell’uomo avvolgendo con dolcezza e timida sensualità quel sesso che bramava ogni

attenzione che gli venisse dedicata.

 L’uomo,così preso da quella donna-angelo-diavolo, senza fermarsi a pensare,

 con un movimento

simile a quello di una biscia, si divincolò e fece sprofondare il suo viso, leggermente macchiato di

trucco, tra quelle cosce che sembravano due immensi cuscini di seta,

; e più sprofondava e più

cresceva la sua eccitazione; e più aumentava quell’eccitazione e più l’uomo cercava di affondare il

viso, per un attimo aveva pensato e desiderato di sprofondare completamente fin dentro quel sesso

caldo e generoso che ora si schiudeva sotto le sue labbra come un bocciolo si schiude all’aria di

un’alba maggese.

 Il corpo della donna era scosso da dolcissimi e violenti brividi che la facevano godere fino a farla

commuovere, le provocavano delle sensazioni che per un lunghissimo tempo erano state assopite

sotto tutta quella carne che adesso stava avvolgendo il corpo magro e leggermente scolpito

dell’uomo.

 Ora l’uomo era pronto; pronto per entrare finalmente dentro quella grotta; pronto finalmente per

esplorare quella caverna;  pronto per impossessarsi di quel tesoro che per tanto tempo aveva

immaginato suo tra applausi e fischi. Non esisteva più niente per lui, ormai c’era solo la donna, quella

donna i cui occhi lo guardavano bramosi di lussuria; quella donna le cui mani cercavano affamate

ogni parte del suo corpo; quella donna la cui anima pura era scappata cedendo il posto all’altra parte

della luna.

 Il momento era arrivato con una dolcezza che solo un uomo della sua sensibilità poteva avvertire, si

appoggiò addosso alla donna e fece scivolare la sua virilità all’interno di quell’antro umido e caldo

allo stesso tempo e senza allontanare lo sguardo da quello di lei iniziò a a farla completamente sua. Era molto più

bello di tutto quello che l’uomo aveva immaginato nella sua vita, era ancora più meraviglioso di tutti

i sogni meravigliosi che lui avesse fatto.

 Si sentiva forte, potente, invincibile, quella meravigliosa donna-casa era sua. L’amava. La venerava, ma

soprattutto finalmente la possedeva, voleva che quell’istante non fisse mai, vedeva negli occhi della

donna tutta la voluttà e il desiderio di chi desidera ed è desiderato e con mesta fierezza si rendeva

conto che l’artefice di quella meravigliosa e dolcissima giostra di sensi era lui.

 La donna dal canto suo non riusciva a ricordare l’ultima volta che si fosse sentita così donna, tutto il

suo passato era svanito nello stesso istante in cui l’uomo l’aveva baciata, adesso sarebbe anche

potuta morire, non gli importava, non gli importava, non gli importava di niente, voleva solo sentire

l’uomo che la inondava di piacere e la riempiva d’amore, lo voleva, lo voleva più di qualunque cosa

avesse desiderato in tutta la sua misera e onesta vita, voleva solo lui, nient’altro che

lui, semplicemente lui.

L’uomo si lasciò andare in una tempesta che come una valanga travolse ogni parete di quella

grotta, e più si lasciava andare e più si sentiva morire, e più si sentiva morire e più era disposto a

lasciarsi andare, ogni spasmo era una gioia e un dolore, gioia per quelle meravigliose sensazioni e

dolore per il rammarico che anche un altro istante di felicità se ne andava e travolto da una tormenta

che proveniva dalla parte più profonda di quell’antro fino a qualche ora prima a lui sconosciuto. Si

sentì quasi morire di piacere e spinse ancora più forte che poteva, fino a quando non crollò su quel

corpo-nave che lo avvolse completamente.

Epilogo.

 L’uomo e la donna si svegliarono illuminati da un timido raggio di sole che entrava nella stanza e si

posava tra le immense mammelle di lei, tutto era svanito con le luci del mattino, ora potevano

tornare alla realtà, ora potevano rientrare in quei panni che per una immensa notte avevano

abbandonato, ora lentamente, si rivestivano e si incamminavano verso quel tendone che li aveva fatti

incontrare e innamorare,ora potevano ritornare ad essere semplicemente il clown e la donna

cannone.

 
 
 

In una notte persiana.

Post n°27 pubblicato il 08 Aprile 2013 da lo_scemo_del_paese

Tra le tue braccia io vengo a rifugiarmi,

ricolmo di caloroso amore mi confondo tra

i tuoi morbidi e solitari seni;

ebbro del tuo profumo mi aggrappo alla vellutata

pelle con artigli  roventi.

Tra le tue braccia io vengo a rifugiarmi,

vergine e candido alla maniera di un fanciullo,

nàufrago tra le onde della tua focosa isola,

stanco e gioioso come chi, dopo due infiniti lustri,

l’aria dell’egea terra tornò a respirare e

dentro al tuo soffice tàlamo mi lascio andare.

Tra le tue bracia io vengo a rifugiarmi,

pervaso di bramosìa e desiderio mi aspergo

del  nettare che tra le tue gole scende,

desiderarti è sata l’unica volontà nella

terra di un altro Dio, così,

stanche ma ricche di

speranza

passàrono le giornate nella fremente anima di Dario.

Tra le tue braccia vengo a rifugiarmi,

penitente e ramingo ti chiedo di perdonarmi

per ogni notte passata intorno al mondo,

per ogni volta che, con sguardo fiero e solitario,

la vita di coppia hai dovuto affrontare senza me.

Tra le tue braccia accoglimi mia dolce sposa,

oggi e per sempre ......................

 
 
 

I due innamorati.

Post n°26 pubblicato il 07 Aprile 2013 da lo_scemo_del_paese

Lui inghiotte saliva mentre la aspetta

Lei arriva ondeggiando maliziosa e sorridente

Le labbra di lui si seccano

Gli occhi di lei si illuminano

Un bacio e

Mano nella mano si incamminano

Perdendosi bellissimi e appassionati

Tra la gente che si accalca

Li seguo ancora un pò con lo sguardo e poi….

….mi rialzo il bavero e vado via.

 
 
 

Davanti al mare in una notte d'inverno.

Post n°25 pubblicato il 23 Gennaio 2013 da lo_scemo_del_paese

Fugace e freddo è il vento che

accarezza il mio viso irto e piegato

il mare ondoso si schiera di fronte a me

dono di Dio all’ uomo e dell’uomo a Dio

l’anima vola in alto fortemente decisa  

mentre il corpo si abbandona alle note

di un canto sussurrato in lontananza

acqua cielo sangue e odori si miscelano

dentro di me come quando ancora acerbo

mi accorsi della sua esistenza.

Possano un giorno le mie ceneri perdersi

In esso come adesso la mia anima.

 
 
 

..........Tu!

Post n°24 pubblicato il 21 Dicembre 2012 da lo_scemo_del_paese

Tra parole e passioni profuse gratuitamente

Tra genti e genti che con reciproco disinteresse

si sconoscono venendosi l’un l’altro

Tra aliti di vento che sfiorano visi e cuori

Tra passi tumultuosi che calpestano strade e vanità

Tra pensieri e azioni scorretti e senza vita

Tra cuori e petti pulsanti al ritmo di questa o

quella musica

Tra ogni sorta di emozione che riempie l’etere

Forza….dolcezza…femminilità….passione

I tuoi occhi di nocciola e sensualità

le tue labbra rubate al banco della frutta

la tua figura di Afrodite immagine e anima

tra parole e petti pulsanti…….

…..Tu!

 
 
 

Il mio racconto di Natale

Post n°23 pubblicato il 18 Dicembre 2012 da lo_scemo_del_paese

 La luce degli abbellimenti natalizi si riflette sulle mattonelle dei marciapiedi di corso Vittorio

Emanuele rendendo la notte simile al giorno, la gente si affolla nei fluorescenti e superaddobati

negozi, il traffico é chiuso, il che permette ai pedoni di poter invadere la parte di strada riservata alla

circolazione dei veicoli a motore. Un gruppo di ragazzini, probabilmènte non ancora undicenni, si

rincorrono urlando e insultandosi a vicenda, nessuno li nota, ormai la gente è così abituata a un certo linguaggio che sembra quasi soddisfatta nel sentirlo, anche se proviene dalla bocca di un bambino.

 Il castagnàro è intento a buttare sale sul fuoco e due goffi babbonatale si contendono il monopolio

delle fotografie, insomma tutto sommato si prospetta davvero una bella vigilia di Natale.

 La donna esce di casa e si incammina per il lungo viale in direzione nord, per lei ormai il Natale

è un giorno come gli altri, nessuno le farà trovare un dono sotto l’albero, del resto l’albero lei non lo

fa più da almeno vent'anni. Nessuno si ricorderà di fargli gli auguri, la sua ormai goffa e gobba

figura si avvia lenta, come ogni sera da un infinito numero di mesi a questa parte, alla ricerca di un

nuovo bottino.

 Ormai sono lontani i tempi in cui era temuta e rispettata, in cui i suoi alunni avevano paura e

ammirazione allo stesso tempo, in cui i colleghi di lavoro la tenèvano in alta considerazione e

perfino i prèsidi che negli anni si erano succeduti con la frequenza delle stagioni non osavano mai

contraddire quello che lei sentenziava, di quando era la più anziana per servizio ed anche il simbolo

di quella scuola.

 La scuola era sempre stata il suo unico e immenso amore, adorava percorrere l’aula da uno spigolo

all’altro decantando, a voce alta e senza l’ausilio di alcun libro, i sonetti del Foscolo o le odi del

Manzoni, il suo recitare quei bellissimi componimenti affascinava gli studenti al punto da indurli a

chiudere gli occhi e ad immaginare di esserne i protagonisti. Poi c’era la più grande delle

passioni, l’opera che più di tutte aveva svisceratamente idolatrato, la sua, come lei amava definirla,

Divina Commedia. Voi non ci crederete ma conosceva tutti i canti a memoria, quella era stata da

sempre la sua compagna, era un sentimento vero e forte, ecco perchè non si era mai sposata, voleva

condividere la sua vita solamente con le sue passioni, la scuola e i sacchetti della spazzatura.

 Maniaca?

 Si!

 Il passo della donna è lento ma costante, il percorso sempre lo stesso da trent’anni, ormai conosce

ogni singola mattonella di quel tragitto, ogni singola porta o portone e la strada conosce lei, la sente

arrivare, alleggerisce il suo passo e l’accompagna in quella eterna ricerca, una ricerca lenta e

meticolosa, è consapevole che chi la vede per strada la considera una pazza, ma non le importa, quella è la sua missione la città la sua Camelot e lei altri non è che Parsifal alla ricerca del Graal.

Ecco il primo obbiettivo, il suo cuore si riempie di gioia nel vedere tutti quei sacchetti multicolori,

sono proprio tanti proprio come piace a lei.

 “Adesso mettiamoci all’opera!” dice a se stessa e dirigendosi verso i cassonetti della spazzatura tira

fuori dei piccoli pezzi di spago dalla tasca.

 “Guardate la perpetua!” strilla un ragazzo di circa quindici anni con la testa rivolta verso un gruppo

di compagni e l’indice in direzione della donna e così facendo le si avvicina silenziosamente e appena giunto alle spalle di lei la spinge facendola ruzzolare per terra e scappando continua a

gridare: ”Ritorna nella tua grotta strega!”. Che spavento si è presa, il suo battito cardiaco è

acceleratissimo, le sue mani si appoggiano al marciapiede cercando di fare leva durante l’invano

tentativo di alzarsi.

 “Posso darle una mano?” La mia voce calma sembra colpirla inaspettatamente, mi guarda con  occhi lucidi e timorosi, è ancora scossa per l’accaduto, si vede chiaramente che non si fida di me:                      ” La prego! Lasci che l’aiuti!” Aggiungo ” non è stata una bella caduta, prenda la mia mano!”.

 Raggiungiamo Silvietta (la mia Punto blu) con passi lenti, la donna, ancora un po claudicante per la

caduta, è aggrappata al mio braccio, è proprio un bel quadro, io lei e i tre sacchetti pieni di

cartastraccia che, alle 21:00 circa di una bellissima vigilia di Natale, lenti e quasi abbracciati ci

dirigiamo verso la fine del viale.

 “Dove l’accompagno?”

 “Io abito in via Colajanni, ma non è necessario che arrivi fin là, sto meglio, posso anche arrivarci da sola."

 “La prego, per me è un onore e un piacere e poi io abito da quelle parti!” le dico mentendo.

 Via Colajanni è una delle strade che amo di più, non solo perchè ci sono cresciuto, è proprio una

questione di pelle, la sento mia.

 La donna abita al terzo piano di un altissimo palazzo al centro di quella via, è imbarazzata e nel salutarmi mi chiede timidamente di salire su da lei a bere un goccino di lemoncello fatto in casa, non so che fare, l’idea di salire a casa sua non mi alletta molto e poi Alessia mi sta aspettando, ma quegli occhi, dovreste vederli vederli, sono bassi e impacciati, ma soprattutto rassegnati a quello che secondo lei sicuramente sarà un rifiuto.

 L’appartamento è piccolo e abbastanza pulito, certo c’è odore di chiuso, ma tutto sommato è meglio di quello che avevo immaginato, pochi mobili in stile ottocento siciliano e una grande, anzi

immensa, libreria. Quella vista mi illumina la mente e il cuore, io amo i libri, vorrei toccarli e

prenderli uno ad uno, vorrei respirare l’odore delle pagine ingiallite, vorrei............

 Mi siedo accetto il lemoncello e iniziamo a scambiare quattro chiacchiere, naturalmente mi

complimento per i libri e da lì ,come una novella Sherazade, prende lo spunto per iniziare a

raccontarmi qualche piccola parte del suo prossimo ormai remoto passato. Dovreste sentirla, la sua

voce è calda e avvolgente, il suo italiano è perfetto, non un’inflessione o un accènto sbagliato, una

dizione degna del migliore dei Gassman, mi parla di poeti maledetti, di principesse incatenate, passa

dalla filosofia all’arte senza nessun problema, è fantastico ascoltarla, sono felice di essere salito è

un’esperienza bellissima.

 “Ora devo proprio andare!” esclamo con voce dispiaciuta, ”A quest’ora mi avranno dato per

disperso, ma perchè non viene a casa con me? La prego mi farebbe molto piacere, potrebbe passare la vigilia con noi,dai!”

                                                                     -------O-------

 Forse è questo che avrei dovuto fare quella sera, ma non ho avuto il coraggio, non l’ho avuto quella

sera e non l’ho avuto tutte le volte che l’ho vista per strada di notte tendere il dito in cerca di un

passaggio per lei e per tutti i suoi sacchetti.

 Oggi in questa notte di Natale passata ospite di un Dio che non è il mio ti chiedo perdono Dolce

signora, perdono per tutte le volte che ho fatto finta di non vederti, per tutte le vote che ho riso di

te, per tutte le volte che a scuola ti ho chiamata con nomignoli non adeguati al tuo essere ma

soprattutto per tutti i Natali che hai passato da sola a lèggere il sommo poeta. Perdonami se puoi!

 
 
 

La cosa più grande.

Post n°22 pubblicato il 17 Dicembre 2012 da lo_scemo_del_paese

 

Ho consumato mille paia di scarpe,

viaggiato in lungo e in largo,

salito e sceso milioni di scale,

respirato profumi indescrivibili

che mi hanno riempito le narici e l’anima.

Ho guardato albe e tramonti

di porpora e cremisi imbevuti,

mangiato cibi esotici e bevuto ogni

sorta di liquido passato tra le mie labbra,

corso e galoppato e strisciato e arrancato.

Ho visto madri piangere di gioia e dolore,

figli cadere e trovare la forza di rialzarsi,

e altri non trovare quella stessa .

Ho passato la vita a girovagare,

a musicare, a conoscere.

La cosa più grande che ho scoperto

sei stata tu.

Il sentire il richiamo della tua passione,

la voce del tuo cuore che mi sussurrava

la via di casa.

La cosa più grande che ho scoperto

Sei stata tu.

Le lacrime che scorrevano le tue gote,

i fremiti che percorrevano le mie mani

e il petto.

La cosa più grande che ho scoperto

sei stata tu.

 

 
 
 

La cura.

Post n°21 pubblicato il 17 Dicembre 2012 da lo_scemo_del_paese

La paura del fallimento aleggia nell’aria.

Sfiora e accarezza l’anima di ognuno

Indistintamente.

Come panni stesi al sole ci abbandoniamo a

questo o a quell’altro vento.

Con codardia,

meschini nella nostra apparente invulnerabilità

cerchiamo di essere chi non siamo,

di apparire come la proiezione di

chi avremmo voluto essere.

Ci nascondiamo dietro maschere come

In un infinito quotidiano carnevale di periferia,

social network, sms, effimere virtualità.

Non è questa la vita che sognammo……

Non è questa la vita che sognai…..

Svegliarsi e tornare a vivere…..

…..forse questa è la cura.

 
 
 

Riflessione.

Post n°18 pubblicato il 15 Giugno 2012 da lo_scemo_del_paese
Foto di lo_scemo_del_paese

Mi chiedevo come mai la televisione ci bombarda con centinaia di pubblicità di assorbenti. Con le ali, senza le ali ma più lungo, più corto e più sottile, interno ed esterno. Ce ne sono per tutti i gusti.

Di contro sembrano quasi sparite le pubblicità dei preservativi.

Allora la domanda nasce spontanea, é più grave e pericoloso dimenticare di mettersi un tampax o un condom?

Piccola riflessione da scemo.

 
 
 

Ti proteggerò.

Post n°16 pubblicato il 12 Giugno 2012 da lo_scemo_del_paese
Foto di lo_scemo_del_paese

Ti proteggerò

dalle ombre che provano

ad oscurare il tuo cuore,

dai vampiri della notte che

si nutrono di paura.

Dal freddo che soffia dal Nord 

io ti proteggerò.

 

Ti proteggerò

dal calore dell’inferno

che cerca di ardere la tua anima,

dai mostri delle favole che

divorano i sogni.

Dal canto ammaliante  delle sirene

Io ti proteggerò.

 

Ti proteggerò

da tutte quelle voci

che animano le tue silenziose notti,

dalle debolezze che

scavano il tuo essere.

Dalle urla che arrivano dal passato

Io ti proteggerò.

 

Ti proteggerò

dai demoni del tempo

che insidiano i sorrisi più gioiosi,

dall’oceano in tempesta che

travolge ogni cosa.

Dai ricordi che riaprono le ferite

Io ti proteggerò.

 

Ti proteggerò ma

Da me chi ti proteggerà?

 
 
 

Il ritorno.

Post n°15 pubblicato il 12 Giugno 2012 da lo_scemo_del_paese

Chiedo scusa a me stesso per aver tralasciato questo blog,che..frutto di idee passionali e narcise.......è rimasto per tanto tempo fermo lì, come un souvenir in un cassetto, ad aspettare di tornare a vedere la luce. Faccio proposito di non trascurarlo mai più per così tanto tempo.

Adesso rimbocchiamoci le manicche lo scemo dle paese è tornato.

 
 
 
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