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La solitudine...Un racconto e...

Post n°6 pubblicato il 27 Agosto 2005 da Calypso31

 

DIARY

 

16 marzo

 

Vedo nuovamente la luce. E nuovamente scrivo.

Sapete, ogni volta che riesco a prender sonno e sento gli occhi chiudersi, mi auguro sia l’ultima. Lo so, sono un codardo, ho paura di metter fine alla mia inutile esistenza; o forse, inguaribile sognatore quale sono, spero sempre di riuscire ad amare quella vita che detesto.

Aspetto che gli occhi si abituino alla luce che percorre la mia triste stanza. Fa un po’ freddo, seppur sembra che l’inverno stia allentando la sua presa diffondendo ormai gli ultimi respiri. Le camelie del giardino di fronte mostrano timidamente i loro primi boccioli.

Alla mamma piacevano le camelie. Già, la mamma…. Sono dieci anni che non è più con me.

Un colpo secco sulla strada per il mare ha portato via lei e rovinato per sempre me. Nei miei sogni, io sono  accanto al suo corpo ormai gelido e anche io lascio questa vita. Ma nei miei incubi, così come nella realtà, io sto qui, sulla mia sedia a quattro ruote a vagare solo  per una stanza ormai disadorna di tutto. Non posso uscire di casa: il nostro appartamento è al settimo piano e non ci sono ascensori. Il mio mondo è ciò che riesco a vedere dall’unica finestra: case, giardini, la strada…e il mare, ma solo quando nebbia e smog non ostacolano la mia visuale. Una volta la settimana, una tipa che dice d’essere una mia parente mi porta delle provviste e dei libri. Non scambiamo che poche parole, le solite frasi stereotipate che penso si senta in dovere di dirmi. Forse le faccio pena: bloccato per sempre, con pochi abiti ormai lisi addosso e uno sguardo che aspetta di non esistere più. Ma non aspetto certo che gli altri mi commiserino! 

Immaginate che i bambini del primo piano, quando mi vedono affacciato alla finestra urlano: “Il diavolo! il diavolo! Lassù abita uno spirito maligno!”.

Già, perché dovete sapere che quasi tutti pensano io sia morto nell’incidente; perciò, ogni volta che vedono il mio volto alla finestra, pensano si tratti di un’allucinazione, se non di un fantasma.

È triste.. anche perché io non sono un diavolo…io sono un Angelo..

Ricordo la mamma che sussurrava il mio nome la mattina: “Angelo…Angelo…apri gli occhi…devi andare a scuola..” La sua voce dolcissima che non mi disse neanche addio.

Forse quella voce non era adatta a pronunciare parole tristi. Non parlava mai di papà che l’aveva abbandonata quando scoprì che nella loro vita ci sarei stato anche io, non parlava dei soldi che non bastavano mai, né di un lavoro che tardava ad arrivare. Solo cose dolci….

Il giorno del funerale io ero in ospedale, in coma. Ho vaghi ricordi di quelle ore passate nello stato vita non vita. I medici mi dicevano che piangevo cercando di muovere le gambe che non c’erano più.

Nessuno venne a trovarmi. Prima di dimettermi, un’infermiera mi accompagnò al cimitero. Notai che avevano preso una fotografia che la mamma teneva nel portafoglio. Io  e lei sulla spiaggia. Avrò avuto massimo due anni. Sorridevo, peccato non ricordi quei momenti.

C’erano pochissimi fiori, io le portai delle camelie bianche. È stata l’unica volta in cui sono andato a trovarla. Poi mi hanno portato a casa, adagiato sulla sedia a rotelle e lasciato solo.

Ricordo che passai la notte in quella posizione, gli occhi spalancati e i pensieri che si accavallavano tra loro fino ad annullarsi. Volevo morire anch’io. Volevo essere veramente un Angelo. Sicuramente la mamma è già in paradiso…devo aspettare se voglio stare con lei, avere  pazienza. Uccidermi mi allontanerà ancora di più. Ma è passato così tanto tempo. Non è vero che si muore di dolore. Io sono ancora qui ad aspettare, a scrivere un diario che sarà invaso dalla polvere e starà qui finché il tempo non lo rovinerà per sempre; finché le parole non diventeranno che delle macchie scure su fogli ingialliti e fragili.

Fragili… proprio come me in questo momento.

Sento le voci dei bambini, le loro risate, percepisco la loro spensieratezza.

Ho paura che affacciarmi alla finestra e rivelarmi rovini nuovamente la loro allegria.

E aspetto….

 

21 marzo

 

Primo giorno di primavera. Il sole cerca di riscaldare un corpo che ripudia la luce..ho lasciato qualche briciola sul davanzale…sai, per gli uccellini. Magari mi aiuteranno a sentir meno la solitudine.

Sono due settimane che la signora non si fa vedere. Magari si è dimenticata di me…o magari pensa sia morto.

Stanotte ho fatto un sogno stupendo..qualcuno apriva la porta del mio appartamento, si avvicinava alla mia sedia e iniziava ad accarezzarmi i capelli..poi arrivavano dei bambini che volevano giocare con me..la donna al mio fianco diceva “tesoro, dai, vai a giocare con i tuoi amici”..e io ridevo, scherzavo con loro..

Peccato che non abbia mai avuto amici. Venivo evitato, deriso per le mie passioni. Vivevo nel mio mondo perfetto fin quando la realtà non se ne è riappropriata.

Sui libri leggo di posti lontani…sapete, a volte penso proprio non esistano, che siano solo un’invenzione della fantasia, un po’ come il mio mondo passato.

In quello attuale non c’è nient’altro al di fuori dei palazzi, dei giardini e del mare che di tanto in tanto fa capolino al di là della quattro mura della mia casa con l’intonaco che ormai cade a pezzi.

Ma non ho finito di raccontarvi il sogno! La donna mi ripeteva “Angelo, abbi ancora un po’ di pazienza, domani ti porterò via…”

Io so che la mamma mi sta vicino e so che manterrà la promessa. Per questo le ore oggi sono più interminabili del solito.

Ma ora, smetto di scrivere, voglio finire di leggere un libro. E so che finalmente sarà l’ultimo.

mary

Oh solitudine….

Ombra distesa sul filo della vita,

instancabile compagna.

Portami sulla tua isola fantasma

Ove le stelle non volgono il loro sguardo…

 

Deserti di parole,

il vento soffia sulla sabbia

lacrime di cristallo

bagnano la madre terra

ma non un sol fiore sboccia.

 

Cenere e polvere,

nelle mie mani

catene d’argento per le mie emozioni

corde d’oro per i miei sogni

attimi rubati al tempo

 

imprigionata in una teca di vetro,

affondo nella palude dei mie pensieri

e guardo il mondo

continuare la sua corsa

nello spazio senza fine.

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