Latte di nuvole

Post N° 229


....Negli ultimi tempi, i mass media hanno acceso i propri riflettori sugli incidenti mortali più eclatanti che hanno segnato il mondo del lavoro, suscitando moti di solidarietà sincera nei confronti dei parenti delle vittime.Si tratta di una realtà che, comprovata da statistiche agghiaccianti, si fa fatica ad accettare per almeno due ordini di ragioni.La prima è puramente concettuale.In un paese come l'Italia, che ha un tasso di disoccupazione tra i più alti in Europa, e che, in alcune regioni, raggiunge valori di allarme sociale, il posto di lavoro è visto come un bene prezioso ma è anche e soprattutto una fondamentale espressione del cittadino.E' la possibilità, dichiarata nella Costituzione, di vivere compiutamente il diritto al lavoro ed è l'occasione di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività che concorra al progresso materiale o spirituale della società.Il lavoro, quindi, deve creare le condizioni per vivere pienamente e non dovrebbe, invece, generare bollettini di guerra.La seconda ragione è motivazionale e si spinge alla ricerca delle cause che determinano gli infortuni.Molte di queste sono da ricondurre alla pericolosità dei luoghi di lavoro, a una cattiva o addirittura inesistente valutazione dei rischi, a mancanza di regole o di procedure per lavorare in sicurezza, a una formazione approssimativa.Altra parte degli incidenti è invece dovuta al cosiddetto fattore umano: stanchezza, mancanza di concentrazione, superficialità.Basta davvero una piccola distrazione perché una situazione di lavoro in sicurezza si trasformi repentinamente in una condizione di insicurezza.Al presentarsi di tutti questi eventi la legge provvederà a ricercare le specifiche responsabilità che sono in capo ai diversi soggetti coinvolti al fine di offrire giustizia alle vittime.E il cerchio si dovrebbe chiudere.Se non fosse per la sofferenza e il vuoto di quelle persone che, subìto il peso della tragedia, si chiederanno a lungo, forse per sempre, se si sarebbe potuta evitare.