cahiers de doléances

Il "Manifesto" di Ventotene e l'idea di un'Europa libera e unita


Abbiamo notato che nei vari dibattiti gli intellettuali nostrani fanno un continuo riferimento al Manifesto di Ventotene, scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni nell'agosto del 1941, per giustificare o per sostenere con le stesse argomentazioni degli autori la necessità di un'unione europea.Alcuni sono pronti a riconoscere che quella attuale non è l'Europa sognata da Spinelli e gli altri, tuttavia confermano e continuano a professare la fede europeista senza alcun dubbio.Conviene esamiare alcuni passi del Manifesto per capire quali idee in esso contenute potevano giustificare il desiderio di una unione europea, e compendere successivamente quali forze sociali e quali condizioni future avrebbero permesso di realizzarla.Nel Manifesto si afferma che “L'ideologia dell'indipendenza nazionale è stata un potente lievito di progresso”, tuttavia “essa portava però in sé i germi del nazionalismo imperialista, che la nostra generazione ha visto ingigantire fino alla formazione degli Stati totalitari ed allo scatenarsi delle guerre mondiali.” Dunque, secondo gli estensori del Manifesto la causa delle due guerre sta nel nazionalismo. “La sovranità assoluta degli stati nazionali ha portato alla volontà di dominio sugli altri e considera suo "spazio vitale" territori sempre più vasti che gli permettano di muoversi liberamente e di assicurarsi i mezzi di esistenza senza dipendere da alcuno”. Gli orrori che l'umanità ha dovuto subire sono da attribuire all'ideologia nazionalistica, per cui se essa vuole evitare “Questa volontà di dominio” di uno stato più forte a cui tutti gli altri sono asserviti, occorre pernsare al riordinamento dell'Europa secondo un altro ideale di civiltà. Le masse popolari dovranno essere capaci di “accogliere la guida di uomini seriamente internazionalisti”. L'internazionalismo dunque contro il nazionalismo, che comunque nel periodo postbellico di crisi generale dovrà scongiurare il pericolo che proviene dai ceti che più erano privilegiati nei vecchi sistemi nazionali, i quali “cercheranno subdolamente o con la violenza di smorzare l'ondata dei sentimenti e delle passioni internazionalistiche, e si daranno ostinatamente a ricostruire i vecchi organismi statali”. Ciò che non avevano previsto gli estensori del Manifesto è che proprio la stessa genìa che aveva scatenato le due guerre mondiali, visti i fallimenti di questa politica aggressiva e imperialistica, decide di diventare internazionalista, di adottare l'ideologia progressista. Giustamente si nota che: “Le forze conservatrici, cioè i dirigenti delle istituzioni fondamentali degli stati nazionali: i quadri superiori delle forze armate, culminanti là, dove ancora esistono, nelle monarchie; quei gruppi del capitalismo monopolista che hanno legato le sorti dei loro profitti a quelle degli stati; i grandi proprietari fondiari e le alte gerarchie ecclesiastiche, che solo da una stabile società conservatrice possono vedere assicurate le loro entrate parassitarie; ed al loro seguito tutto l'innumerevole stuolo di coloro che da essi dipendono o che son anche solo abbagliati dalla loro tradizionale potenza; tutte queste forze reazionarie, già fin da oggi, sentono che l'edificio scricchiola e cercano di salvarsi. Il crollo le priverebbe di colpo di tutte le garanzie che hanno avuto fin'ora e le esporrebbe all'assalto delle forze progressiste”. Ma, dobbiamo constatare che queste forze reazionarie non hanno perso la loro egemonia, perché non scompaiono con il crollo dei totalitarismi, e non hanno dovuto battersi per mantenere la loro supremazia sulla masse popolari. Invece hanno saputo camuffarsi accuratamente, e questo lo rileva anche il Manifesto: “Nel grave momento sapranno presentarsi ben camuffati. Si proclameranno amanti della pace, della libertà, del benessere generale delle classi più povere. Già nel passato abbiamo visto come si siano insinuati dentro i movimenti popolari, e li abbiano paralizzati, deviati, convertiti nel preciso contrario”. Ebbene, il camuffamento geniale adottato dalle classi dominanti è proprio l'unione europea. Certo, Spinelli e gli altri non lo potevano prevedere. Ma è proprio con questa nuova ideologia che i ceti dominanti hanno soggiogato le masse, utilizzando come strumento di convinzione lo spauracchio della guerra; insomma adottando la critica al nazionalismo dei progressisti essi sono diventati internazionalisti. Un internazionalismo economico, di cui la moneta unica è lo strumento per esercitare un dominio di tipo medioevale sui popoli. Anche se, a dispetto della professata fede europeista, Germania e Francia continuano a salvaguardare il loro sacro egoismo nazionale a scapito delle nazioni mediterranee. Viene da pensare all'accortezza usata dai ceti dominanti nell'abbracciare l'ideologia progressista, proprio quando leggiamo il pericolo paventato da Spinelli, là dove dice che “il punto sul quale essi cercheranno di far leva sarà la restaurazione dello stato nazionale”. E' questo il punto che non colgono i sedicenti intellettuali di sinistra: non è sul sentimento patriottico che i ceti dominanti faranno affidamento per convincere i cittadini a sentirsi europei, bensì sull'idea che la scomparsa degli stati nazionali (con la suggestiva e accattivante possibilità di circolare liberamente per l'Europa) avrebbe scongiurato la guerra e posto fine ai privilegi. Le classi dominanti si resero conto che sarebbe stato impossibile, dopo due tragiche guerre, chiedere ai propri cittadini di combattere. A loro non serve più sollecitare il latente patriottismo presente nelle masse popolari, per dare sfogo a quel nazionalismo imperialista che ha dominato l'ultimo quarto dell'Ottocento e la prima metà del Novecento. Alle classi dominanti conviene addirittura appoggiare i regimi democratici o addirittura socialisti per rendere il cammino più agevole alla nuova ideologia europista. Insomma, le classi reazionarie sono rimaste al potere ma si sono ben guardate di far risorgere le gelosie nazionali. L'abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani, obiettivo del Manifesto, di fatto è avvenuta, ma ad avvantaggiarsene non sono stati i popoli, bensì le classi dominanti di tutti i paesi dell'unione. L'idea di Europa, di cui le classi dominanti si sono servite, ha avuto lo scopo di mettere nelle mani di una ristretta oligarchia tutto il potere. Con la scusa del carattere patologico del nazionalismo, queste élite hanno smantellato, con vari trattati, quel processo storico che ha portato al sacrosanto riconoscimento dei diritti elementari a favore delle classi più povere. I trattati europei sono stati un attacco alla “democrazia”, e nel caso dell'Italia a un vero e proprio attacco alla Costituzione repubblicana. L'unità internazionale che si augurava Spinelli ha giovato alle classi reazionarie, le quali hanno avuto sempre la grande capacità di cambiare, a seconda della convenienza, la propria ideologia. Insomma, è la stessa genìa, che nel Nocento ha mandato milioni di persone a massacrarsi sul fronte, quella che ora parla di sacra unione europea. E' una forma di imperialismo interno, nei confronti di sudditi europei diventati forse troppo vicini al potere e forse un po' troppo privilegiati. L'idea di Europa è la forma attraverso cui le élite dominanti esercitano la loro lotta di classe. E questo proprio nel momento in cui anche i sedicenti intellettuali di sinistra, dopo il crollo dell'Urss e la caduta del muro di Berlino, salutavano con entusiasmo la fine delle ideologie e della lotta di classe. L'Europa libera dal totalitarismo auspicata dal Manifesto rimane una chimera poiché attraverso lo strumento monetario coloro che hanno organizzato l'unione esercitano un regime totalitario, non più basata sul terrore, ma su vincoli legislativi arbitrari, emanati da una casta che si è arrogata tutto il potere. Ai popoli è stata negata ogni possibilità di decidere, agli Stati è stato imposto di cedere la propria sovranità che appartiene al popolo. L'Europa così com'è organizzata, con la sua mistificatoria unione, è il martirologio dei popoli. Costretti dalle leggi europee ad eccettare un ruolo ancor più subalterno rispetto a quello a cui erano relegati i loro nonni, i cittadini non si accorgono di questo crimine perpetuato ai loro danni, anche perché intellettuali prezzolati, politici corrotti, giornalisti servi continuano ad ipnotizzarli con questa idea. L'unione europea è un crimine economico, e come la guerra farà moltissime vittime, appartenenti sempre ai ceti popolari. L'idea di Europa è un ideale assurdo perché non potrà mai essere realizzato democraticamente, poiché questa prassi politica in Europa non è stata mai possibile in tutta la sua storia, tanto meno lo sarà in futuro, viste il neofeudalesimo trionfante.