« Agostiniani, 750 anni di...L'Aida di Violeta Urmana »

AIDA, ALLA SCALA UN KOLOSSAL RIDONDANTE

Post n°12 pubblicato il 09 Dicembre 2006 da eleperci
 
Foto di eleperci

di Elena Percivaldi

MILANO - Magniloquente, faraonica, ridondante fino agli eccessi, ma di grande impatto ed effetto visivo e mediatico: questa l’”Aida” che ha inaugurato la stagione scaligera in questo piovoso e un tantino tristanzuolo Sant’Ambrogio milanese. Un’”Aida” molto più di Franco Zeffirelli, che ne ha firmato regia e scene, che non di Giuseppe Verdi. E questo, ad un compositore che, come il genio di Busseto, ha sempre sostenuto il primato della Musica (con la maiuscola) sull’aspetto meramente visuale del melodramma, di certo non avrà fatto granché piacere. E neanche agli intenditori. Ma tant’è. Erano anni, forse decenni che al Piermarini non si assisteva ad un trionfo kolossal come quello andato in scena giovedì sera. Un trionfo, peraltro, debitamente annunciato visto l’imponente battage pubblicitario e mediatico (speciali in tv, inserti nei quotidiani, pagine e pagine a non finire su tutti i giornali) che ha martellato tutti – melomani e non - senza scampo per giorni e giorni. Il che suggerisce oltretutto che di questo spettacolo, assurto de hoc quasi a evento sacrale, non sia possibile parlare in termini critici, pena il compiere un vero e proprio sacrilegio.

Comunque, quasi un quarto d’ora minuto più minuto meno di applausi, ovazioni da stadio per il maestro Riccardo Chailly (chi gli ha gridato, a ragione, «Bentornato!» ha però poca memoria, avendo egli lì diretto il “Rigoletto” meno di un anno fa, lo scorso gennaio) e per Zeffirelli, vero mattatore della serata, non possono che confermare incontestabilmente che, stavolta, la Scala ha davvero fatto centro. Nel cuore del pubblico più che in quello dei veri intenditori e degli “addetti ai lavori”.

 

SOGNO O INCUBO?

E vediamola, allora, questa “Aida” formato “Ben Hur”, colori dimensioni e numeri d’altri tempi.  I primi due atti, dall’inizio al trionfo di Radames, sono accorpati (per dar continuità alla fase “eroica” e separarla da quella “intimista”, col precipitare del dramma dal tradimento del guerriero alla morte dei due protagonisti) in quattro quadri con cambi di scena rapidissimi (massimo 40 secondi); intervallo di 35 minuti, terzo atto, altro intervallo di mezz’ora, finale. Le scenografie utilizzano al massimo gli immensi spazi offerti dal teatro dopo la “cura Botta” ricostruendo nei dettagli, con bassorilievi e statue colossali di Amon-Ra, Iside, Ptha, templi egizi e piazze trionfali, come anche gli esterni del lungo Nilo. Nello stupefacente finale, addirittura, ecco i due piani del santuario e della tomba sotterranea compresenti una tantum sul palco. A ciò si aggiungano i 500 costumi, i 350 personaggi sul palco nella scena del trionfo e i due quintali di polvere d’oro usata per colonne e statue, che non potevano non lasciare il segno (anche nel budget, con qualche contestazione da parte di una frangia agguerrita di artisti scaligeri che sull’argomento hanno scritto al sindaco Moratti). Si respira insomma, in un tripudio abbagliante (e a tratti, diciamolo pure, un po’ kitsch, tipo gli uomini-uccello che piombano sugli attoniti astanti) di bianco e oro,  tutta la grandeur della grand-opéra di ambientazione esotica, al punto che più che in un teatro dotato di precisi limiti fisici sembra di essere negli open space dell’Arena di Verona o delle terme di Caracalla. Più che filologico (nonostante i modelli delle decorazioni siano stati presi dal vero), quello di Zeffirelli è un Egitto onirico, immaginario, fatto di sistri d’argento, pesanti costumi e improbabili parrucche, ma certo fortemente evocativo.

Tanto bagliore e tanta ricchezza sono però un dejà-vu, non costituendo negli allestimenti di “Aida” novità di sorta. Semmai ci fanno ripensare con un po’ di nostalgia alla messa in scena intimista (da parte peraltro dello stesso Zeffirelli) nel teatro-bomboniera di Busseto, qualche anno fa. Alla Scala, invece, il regista si è fatto un baffo di quanto Verdi aveva in mente quando, sia al Cairo (debutto, 1871) sia a Milano (l’anno dopo),  si raccomandava, temendo il peggio (ah, quella sciagurata moda orientalizzante fin de siècle!), di ridurre tutte le ridondanze al minimo in modo da non annacquare la musica in una sorta di orgia visiva. Qui invece le scene l’hanno sovrastata relegandola a ruolo di mero accompagnamento d’atmosfera, tutt’al più di comparsa: operazione, se ci è concesso definirla così,  contro natura.  E Verdi, vedendosi proiettato su una Figurina Liebig per quanto grandiosa, non l’avrebbe certo presa bene.

 

 

CHAILLY FILOLOGICO…

Due parole sui balletti della scena di trionfo. Le coreografie di Vladimir Vassiliev rappresentano gli schiavi etiopi come una sorta di “bingo bongo” che si agitano come demoni sulla scena in danze tribali dal sapore animista. Il solito cliché del vincitore-civilizzatore dei barbari, francamente ha un po’ stancato. E se la sacerdotessa Luciana Savignano incanta come al solito con la sua classe immensa, fremiti e brividi investono le signore in sala, Fanny Ardant in testa («Che corpo – ha esclamato – e che sguardo!»), in contemplazione estatica di un Roberto Bolle (con Myrna Kamara) in versione semiadamitica, scultoreo e di una bellezza sconvolgente.

Passando alla musica, come detto purtroppo relegata in secondo piano, c’è da sottolineare la direzione magistrale di un Riccardo Chailly  in stato di grazia: attento ai minimi dettagli, nota per nota, filologico nel rispettare i pianissimi prescritti da Verdi in partitura, sfuma le trombe e gli ottoni annullando l’effetto “banda di paese” sempre in agguato ed esalta invece i legni e gli archi facendo produrre all’orchestra un suono quasi fiabesco, al confine tra sogno e realtà. Onirismo che per lui fa rima con esoterismo (i nuclei di tre note ripetuti, il triangolo amoroso, i messaggi “massonici” sugli eccessi del fanatismo religioso e della guerra, oggi peraltro attualissimi), ma mai con esotismo, specie se d’accatto. Gli dà una mano il coro, diretto dal solito grande Bruno Casoni, che si dimostra ancora una volta superbo (e ormai non fa più notizia), capace di pianissimi sussurrati  come dei più roboanti, ma seppure armonici, clamori. In una parola: immenso.

 

… CANTANTI ONDIVAGHI

Assai discontinua invece la prova dei cantanti. Violeta Urmana, al debutto come Aida dopo aver incarnato altrove Amneris (il che implica il passaggio di registro da mezzosoprano a soprano),  dimostra di amare molto la parte. Ma se a tratti incanta (memorabile il do di “O cieli azzurri”, che nei giorni scorsi la preoccupava tanto), altrove (“Numi pietà”) sembra un po’ assente. L’esser lituana l’aiuta a porre l’accento sulla patria lontana, ma senza enfasi retorica. Bravissima l’ungherese Ildiko Komlosi nel ruolo di Amneris: grande mezzosoprano, sa estendere perfettamente la voce anche verso le regioni acute (ed è sensualissima nel “Ah! Vieni, vieni, amor mio”) e si immedesima bene nel ruolo della rivale imperiosa, innamorata e, a mal compiuto, pentita. E Radames? Sforzato, sforzatissimo nel tirar fuori una voce che sembrava a tratti essersi persa per strada, Roberto Alagna canta “Celesta Aida” come se fosse alla “Corrida” di Corrado e sbaglia l’acuto finale sulle parole “si schiude il ciel”. Poco guerriero, poco eroico, poco amante, con quel braccio proteso costantemente in avanti sembra la statua romana di Metello, se non il solito centurione genere peplum. Da dimenticare. Bene il Ramfis di Giorgio Giuseppini (chiamato a sostituire l’indisposto Orlin Anastassov) e il Messaggero di Antonello Ceron, così così il re di Marco Spotti, perplessità infine per l’Amonasro di Carlo Guelfi: buona la presenza scenica, ma indulge un po’ troppo al parlato.

 

BUONA LA PRIMA

Sottigliezze, queste, per il paludato (quando non scollato e impellicciato) pubblico della “prima” ambrosiana, composto dai soliti vip dello spettacolo e della moda (la Marini, la Versace), calciatori (Figo, Materazzi), ministri e politici (Gianni Letta, lunari, Formigoni, De Corato, De Michelis), big della finanza, attori e attrici, imprenditori (Moratti), diplomatici da ogni dove (Mali, Arabia Saudita, Egitto, Congo, Nigeria, Israele) persino il figlio di Gheddafi, Safi al Islam. Tutti contenti, tranne qualche (minima) eccezione. Se per Romano Prodi – contornato    - quest’“Aida” è stata «la perfezione», per Francesco Saverio Borrelli invece è stata troppo roboante per colpa delle scenografie. Gli ha risposto, velenoso, l’assessore alla cultura Vittorio  Sgarbi: finalmente sono finiti i tempi delle magre imposte dall’austerity monacale e punitiva di Mani pulite,  è ora di tornare alla tradizione italiana. Per Lucio Dalla invece, l’“Aida” va risentita perché «musicalmente non mi convince», visto che «non la conoscevo affatto» (ma ascoltare un disco prima, no?). Il sindaco Letizia Moratti, invece, gongola: «Una festa per Milano internazionale», quella che vuole assicurarsi l’Expo 2015. Anche questo, signori,  è business.nel palco reale dal vicepremier Rutelli e dagli ospiti d’onore: il presidente ellenico Karolos Papoulias, il premier croato Ivo Sanader, il cancelliere tedesco Angela Merkel, tutti entusiasti. Ma chi paga?

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
Vai alla Home Page del blog
 
 

IL MIO ULTIMO LIBRO

E' uscito il mio nuovo libro. Si tratta dell'edizione, con traduzione, testo latino a fronte, commento e ampia introduzione, della "Navigatio sancti Brendani", testo anonimo del X secolo composto con molta probabilità da un monaco irlandese e che narra la peripezie di san Brandano e dei suoi monaci alla ricerca della "Terra repromissionis sanctorum", la terra promessa dei santi.
Un classico assoluto della letteratura medievale. Prefazione di Franco Cardini.

Anonimo del X secolo
La Navigazione di san Brandano
A cura di Elena Percivaldi
Prefazione di Franco Cardini
Ed. Il Cerchio, Rimini
pp. 224, euro 18


PER GLI ALTRI LIBRI, SCORRI LA PAGINA E GUARDA LA COLONNA A DESTRA

 

NE PARLANO:

GR2 (RAI RADIO 2): INTERVISTA (9 gennaio 2008, ore 19.30) Dal minuto 20' 14''
http://www.radio.rai.it/radio2/gr2.cfm#

ASSOCIAZIONE CULTURALE ITALIA MEDIEVALE
http://medioevo.leonardo.it/blog/la_navigazione_di_san_brandano.html

IL SECOLO D'ITALIA 12 dicembre 2008 p. 8 - SEGNALAZIONE
http://www.alleanzanazionale.it/public/SecoloDItalia/2008/12-dicembre/081214.pdf

IL SECOLO D'ITALIA  01 gennaio 2009 p.8 - RECENSIONE
http://www.alleanzanazionale.it/public/SecoloDItalia/2009/01-gennaio/090110.pdf

ARIANNA EDITRICE
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=23436

 LA STAMPA
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=248&ID_articolo=21&ID_sezione=&sezione

 GRUPPI ARCHEOLOGICI DEL VENETO, p. 12-13:
http://www.gruppiarcheologicidelveneto.it/VA129.pdf

IRLANDAONLINE:
http://www.irlandaonline.com/notizie/notizia.asp?ID=1231329012

 

 

Contatta l'autore

Nickname:
Se copi, violi le regole della Community Sesso:
Età:
Prov:
 

FACEBOOK

 
 

ON THE AIR

IL MIO INTERVENTO A RADIO RAI nella trasmissione NUDO E CRUDO, in onda su RADIO 1 a proposito di Halloween e dei Celti:

1 novembre, Europa tra sacro e profano

1 novembre, Europa tra sacro e profano. Ne hanno parlato al microfono di Giulia Fossà: Elena Percivaldi, giornalista e studiosa di storia antica e medievale; Flavio Zanonato, sindaco di Padova; Marino Niola, Professore di Antropologia Culturale all'Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli; Sonia Oranges, giornalista de 'Il Riformista'; Alberto Bobbio, capo della redazione romana di 'Famiglia Cristiana'; Ennio Remondino, corrispondente Rai in Turchia. La corrispondenza di Alessandro Feroldi sulle politiche dell'immigrazione a Pordenone.

ASCOLTA: http://www.radio.rai.it/radio1/nudoecrudo/view.cfm?Q_EV_ID=230636

 

Ultime visite al Blog

abzolutcrizigclaudio20171marinabavettaoriana47maurodellavecchiaXboniestempora_neatizi1957memole83dglchiaroby0elepercireconalexiar0orientestella
 

I MIEI LIBRI / 1

ELENA PERCIVALDI, "I Celti. Una civiltà europea", 2003, Giunti (Firenze), pagine 192, euro 16.50

ACQUISTALO CON IL 10% DI SCONTO:
http://www.giuntistore.it/index.php3?SCREEN=libro&SCHEDA=1&sid=w5BNJSuwLwowzuxLJX4wizNrpOYnniok&TIPOCM=55215R

TRADOTTO IN TEDESCO (ED. TOSA)


E IN SPAGNOLO (ED. SUSAETA)

 

I MIEI LIBRI / 2

ELENA PERCIVALDI, I Celti. Un popolo e una civiltà d'Europa, 2005, Giunti, pagine 190, euro 14.50

immagine

***

Elena Percivaldi, GLI OGAM. Antico Alfabeto dei Celti, Keltia Editrice, formato 150x230 -pagine 176, euro 15
brossura, con xx tavole fuori testo in b/n
ISBN 88-7392-019-5


Il libro è il PRIMO saggio COMPLETO in italiano sull'argomento.

L'alfabeto ogamico è un originalissimo modo di scrivere che fu inventato presumibilmente intorno al IV secolo d.C. Il nome "ogam" è stato collegato a quello di un personaggio chiamato Ogme o Ogmios: per i Celti il dio della sapienza. Nella tradizione irlandese del Lebor Gàbala (Libro delle invasioni), Ogma è un guerriero appartenente alle tribù della dea Danu (Tuatha Dé Danann). Un testo noto come Auraicept na n-éces (Il Manuale del Letterato), che contiene un trattato sull'alfabeto ogam, dice: "al tempo di Bres, figlio di Elatha e re d'Irlanda (...) Ogma, un uomo molto dotato per il linguaggio e la poesia, inventò l'Ogham.”

COMPRALO:
http://www.keltia.it/catalogo/albiziered/ogam.htm

 

TUTTI I LIBRI SU IBS

Tag

 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultimi commenti

 

MEMBERSHIPS

AICM - ASSOCIAZIONE ITALIANA CRITICI MUSICALI
http://www.criticimusicali.it/

AICA - INTERNATIONAL ASSOCIATION OF ART CRITICS
http://www.aica-int.org/

SOCIETA' STORICA LOMBARDA (fondata nel 1873)
http://www.societastoricalombarda.it/

I.I.C.E. - ISTITUTO ITALIANO PER LA CIVILTA' EGIZIA
http://www.archaeogate.org/iice/

SOCIETA' STORICA PER LA GUERRA BIANCA
http://www.guerrabianca.it/indexmap.asp

SOCIETA' FRIULANA DI ARCHEOLOGIA
http://www.archeofriuli.it/

AISSCA - Associazione italiana per lo studio dei santi, dei culti e dell'agiografia
http://www.flashinlabs.eu/aissca/index.php

 

IL LIBRO DEL GIORNO

Tibet. Land of exile
di Patricio Estay
Skira Editore
pp. 224, euro 39

Volti, cerimonie rituali, frammenti di vita in seno ai templi delineano attraverso la fotografia i segni del ritratto di un mondo in cui le difficoltà morali, il fervore spirituale e la profondità d’animo vanno di pari passo con la gentilezza, l’allegria e l’immensa generosità.  Le suggestive immagini in bianco e nero, fortemente spirituali, della prima parte del volume si contrappongono alle intense fotografie a colori dedicate alla realtà di tutti i giorni (centri commerciali, prostitute) pubblicate nella seconda parte. Il libro è introdotto da un accorato messaggio di pace del Dalai Lama che pone l’accento sulla grande forza d’animo con cui il popolo tibetano affronta continuamente ardue prove nel tentativo di continuare a perpetuare l’affermazione delle proprie idee e della propria spiritualità.

 

UN MITO

 

DA GUARDARE

Excalibur
di John Boorman
(1980)

 

DA ASCOLTARE

 

Giuseppe Verdi
Messa da Requiem
  
 
Orchestra del Teatro alla Scala 
Victor De Sabata 
Elisabeth Schwarzkopf 
 Giuseppe Di Stefano 
 Cesare Siepi 
 Oralia Dominguez
Naxos

 

immagine



 

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963