Coniglio mannaro

Scala, un Don Giovanni da dimenticare


di ELENA PERCIVALDIGustavo Dudamel è venezuelano, ha 25 anni e la faccia simpatica, con una massa di riccioli neri che agita forsennatamente sul podio: tanto basta per farne un personaggio adorato dai media e dalle signore di mezza età.  Ma quello che vale (se non è un bluff) deve ancora dimostrarlo. Il “Don Giovanni” andato in scena ieri sera alla Scala di Milano desta molte perplessità. A cominciare dall’allestimento, fondato su due enormi parallelepipedi scuri e semoventi a far da base a tutte le scene, dal ballo al cimitero: forse in un’opera pervasa tanto da forti contrasti quanto da sublimi sfumature variare un po’ non sarebbe male. La regia, affidata al tedesco Peter Mussbach, è molto dinamica ma irritante, a cominciare dal grondante erotismo da angiporto, unica “passion predominante”. La scena è postdatata agli anni 50-60 in un clima alla “Grease”, con tanto di citazione – nella scena della festa di nozze – della gara di ballo, vestiti e movenze compresi: ecco allora Masetto-John Travolta e Zerlina- Olivia Newton John dimenarsi in un improbabile rock and roll sulle note di “Giovinette che fate all’amore”. Quasi tutti i personaggi –non solo l’eroe eponimo – sono trattati come erotomani in preda a fregole incontrollate: Don Giovanni-Marlon Brando de noartri (spolverino nero, petto nudo, pantaloni di pelle, capelli lunghi e aria selvaggia) che palpeggia a destra e a manca e beve a canna, Leporello vestito da gangster che si agita come un buffone dietro alle gonnelle, persino Donn’Anna, a cui dispiace eccome che l’assalto del seduttore non sia andato a buon fine (il solito logoro cliché della Sindrome di Stoccolma). Poi, tanto per gradire, tutti i personaggi quando non finiscono per terra si montano a vicenda come in un baccanale. Ridicolo il Don Ottavio gay-decadente che agita vezzosamente il ventaglietto, mentre il Commendatore sembra un gatto di marmo e non solo quando compare come statua (abbigliato peraltro come un componente dei Rockets). Insomma, una farsa sul cui gusto lasciamo ai posteri. Ovviamente, tutto ciò non è colpa dei cantanti, che invece ce la mettono tutta per superare l’imbarazzo e si dimostrano quasi tutti all’altezza. Carlos Alvarez (Don Giovanni), Carmela Remigio (Donna Anna), Ildebrando D’Arcangelo (Leporello), Veronica Cangemi (Zerlina), Alex Esposito (Masetto), Attila Jun (Commendatore) e Francesco Meli (Don Ottavio). Menzione d’onore per Annette Dasch che ha ben sostituito l’indisposta Monica Baccelli nel ruolo di Donna Elvira, pur non essendo a sua volta al top delle condizioni. Direzione un  filo scolastica, priva dei chiaroscuri richiesti dalla partitura e alla fine persino noiosa soprattutto nei recitativi. Alla fine buu assordanti per la regia, su cui è meglio cali in fretta il sipario. Repliche: 16, 17, 19, 21, 28, 30 ottobre, 3, 5, 7, 10, 12 novembre.