Coniglio mannaro

ASCANIO IN ALBA E LA FRESCHEZZA DI MOZART


C'è tutta la freschezza inventiva, il giovanile ardore e il latente erotismo adolescenziale del Mozart quindicenne, ancor quasi bambino ma già compositore ben più che di belle speranze, nell'"Ascanio in Alba" che ha debuttato alla Scala di Milano ieri sera. Composto dal piccolo grande maestro proprio per Milano e rappresentato per la prima volta nell'ottobre 1771 a Palazzo Reale, in quel Regio Ducal Teatro di lì a poco devastato da un incendio, questa festa teatrale su libretto del Parini era destinata a concludere l'intenso programma di celebrazioni per le nozze tra l'arciduca Ferdinando, terzogenito dell'imperatrice Maria Teresa e nuovo governatore della Lombardia austriaca, con Maria Ricciarda Berenice d'Este. Mozart, già ben noto al pubblico milanese per avervi rappresentato un anno prima con successo il suo "Mitridate re di Ponto", bissò con l'"Ascanio" il trionfo surclassando persino "Il Ruggiero" dell'anziano e navigato Hasse . Tutto sembrava preludere a un impiego del geniale enfant prodige all'ombra del Duomo, ma fu l'imperatrice stessa in una celebre lettera a frenare gli entusiasmi dello stesso Ferdinando che intendeva assumere Mozart alla corte degli Asburgo. La terza opera "milanese" del giovane salisburghese, il "Lucio Silla" (1773),  avrebbe ottenuto un giudizio più contrastato e, fallito anche il tentativo di trovare lavoro presso gli Asburgo di Toscana, i Mozart rivalicarono mestamente le Alpi.Pur essendo un lavoro celebrativo e d'occasione, "Ascanio" porta inequivocabilmente i segni del genio e dimostra quanto il giovanissimo compositore non solo avesse assimilato tutti i codici e le convenzioni dell'opera italiana, ma intendesse svecchiarli grazie alla sua prodigiosa freschezza inventiva. L'allestimento scaligero, affidato interamente ai giovani dell'Accademia (che conferma la sua qualità, dà lustro a Milano e fa ben sperare per il futuro), rende perfettamente il clima gioioso dell'opera, sfumandone le tinte pastorali e celebrative in una grande pantomima giocosa e stemperando le pesantezze allegoriche. L'intelligente regia di Franco Ripa di Meana (bella la trovata di proiettare, mentre Venere affida ad Ascanio la costruzione della città di Alba, progenitrice di Roma, le immagini del restauro della Scala),  le originali scene di Edoardo Sanchi  e i bei costumi di Carla Teti ci trasportano in un Settecento tutto rococò, in cui ninfe fauni e grazie si trasformano in bimbi birichini che giocano a moscacieca e a rimpiattino, ma non mancano i richiami all'attualità soprattutto nel finale.Briosa la direzione di Giovanni Antonini alla testa dell'orchestra dell'Accademia, tutti ottimi gli interpreti: Teresa Romano (Venere-Maria Teresa), Ann Hallenberg (Ascanio-Ferdinando, en travesti),  Nino Machaidze (Silvia-Maria Beatrice), Tiberius Simu (Aceste- duca Francesco III d'Este) e Ye Won Joo (Fauno-Conte Firmian), bella prova del coro  AsLiCo e dell'Accademia. Tutti ben più di una promessa.Repliche: il 29 ottobre ore 15; il 31 ore 20; 2 e 4 novembre ore 20. Biglietti: 12.50-60 euro.ELENA PERCIVALDI(21 ottobre 2006)