Coniglio mannaro

Post N° 155


A Mantova trionfa la “forza del bello”con 120 capolavori dell’antica Greciadi ELENA PERCIVALDI
Sarà per la nostra formazione scolastica prettamente umanistica. Sarà per il nostro senso estetico, affinato dalla presenza  di tanti capolavori. Sarà, forse, semplicemente perché si tratta di pura e semplice perfezione. Fatto sta che quando pensiamo alla bellezza in campo artistico, la nostra mente evoca subito, in modo quasi automatico, le statue greche. Che con la loro imponenza, la levigatezza delle forme, le proporzioni assolute destano da sempre, in chi osserva,  grande meraviglia e anche una certa invidia. Ecco perché recarsi a Mantova, di questi tempi, è una gioia per gli occhi e per il cuore. Ci si va per visitare la grande mostra La forza del bello. L'arte greca conquista l'Italia, in corso nelle sale di  Palazzo Te e nelle sue Fruttiere,  fino al 6 luglio. Curata da Salvatore Settis, la rassegna illustra grazie alla scelta di 120  opere provenienti da tutto il mondo ed esposte per la prima volta insieme,  la storia della presenza dell'arte greca sulla Penisola, una presenza cruciale che ha avuto ripercussioni incommensurabili nella storia dell’arte mondiale.  L’idillio tra arte greca e Italia è  antico e caratterizzato da vicende alterne, non sempre del tutto felici. Inizia ai tempi delle antiche colonie  nel sud e nelle isole (VII sec. a.C.), nelle quali vasi, statue, oggetti d’arte non solo venivano importati  dall’Ellade,  ma anche prodotti in loco. Segnarono un gusto e un’epoca e finirono per essere imitate da tutti i popoli italici, dagli Etruschi agli stessi Romani. Proprio questi ultimi, nell’epoca della maggiore espansione (III sec. a.C. - IV d.C.), furono grandi collezionisti, a volte saccheggiatori, spesso mecenati. A loro e alla loro mania di ornare giardini e atrii dobbiamo le tante copie in marmo da originale in bronzo   (quasi sempre perduto) rimasteci. Opere che, dissepolte dalle rovine nel Medioevo e nel Rinascimento, hanno rinfocolato la fortuna dell’arte greca, diventando grazie  Winkelmann tra Sette e Ottocento ora fonte di massima ispirazione (per i classicisti), ora totem da rigettare (per i romantici).  Comunque un punto fermo con cui confrontarsi. La mostra mantovana (catalogo Skira) raccoglie pezzi unici, dai kouroi ai crateri a figure rosse o nere, dai ritratti alle danzatrici e ai satiri, dalle statue sensuali delle dee alle severe erme, con alcuni pezzi straordinari come il celebre Spinario   o il Busto del cosiddetto Pseudoseneca proveniente da Ercolano.  E ci riconcilia  con la vita e con l’uomo nel  senso suo più nobile, quello di interprete - anzi artefice  - della Bellezza.  Facendoci intravedere, per un istante, l’assoluto.