Coniglio mannaro

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A Rimini viaggio alle radici profonde della figurazione italiana, da Federico II ad Andrea Pisano Dall’arte antica una lezione... esemplaredi Elena Percivaldi
In mezzo a mostri, diavoli, sirene bicaudate e basilischi, il luogo comune vuole che il Medioevo abbia smarrito le tracce dell’arte antica sostituendo la perfezione e la levigatezza delle forme classiche con un immaginario grottesco, orrifico,  insomma gotico. Niente di più sbagliato. Almeno stando alla mostra Exempla. La rinascita dell’antico nell’arte italiana, appena inaugurata a Rimini nella bellissima location di Castel Sismondo. La rassegna, promossa dal Meeting per l’Amicizia (catalogo Pacini, fino al 7 settembre), ricostruisce attraverso una serie di illustri modelli (questo il significato, appunto, del latino exempla) quanto nel Duecento italiano artisti come Nicola e Giovanni Pisano, Arnolfo di Cambio o Pietro Cavallini siano debitori di opere greche, romane ed etrusche ed anticipino la grande riscoperta dell’arte antica che si concretizzerà nel Rinascimento. Interpretazione forzata? Niente affatto. Si vedano i ritratti di Federico II, che ricordano i busti degli antichi imperatori. O la splendida colonna con tre accoliti dell’allievo di Nicola Pisano, forse lo stesso Arnolfo, da confrontare con l’Ecate trimorfa del I secolo in bronzo. Il che non implica che mostri, diavoli e basilischi siano per forza  “arte degenerata”. Leggere Il libro degli esseri immaginari di Borges per credere.