Coniglio mannaro

Post N° 174


Ottima la prova del soprano moldavo che ha sostituito la Devia. Immensa come al solito la classe di Bruson.Immeritati i fischi al giovane maestro Carlo Montanaro, che invece ha emozionato dimostrando che potrà crescereLa Traviata di Irina Lungu seduce e commuove la Scala  di Elena Percivaldi
Certo che il pubblico della Scala, quando ci si mette, è proprio una iattura. C’è un giovane direttore - 39 anni - che debutta sul podio in un’opera non facile perché conosciutissima, ed eccolo servito: "buu" come se piovesse. Ma stia tranquillo: lasciano il tempo che trovano. Il pubblico infatti dimostra di essere talmente competente da applaudire a sproposito e da interrompere i cantanti nel bel mezzo dell’azione, oltre che lieto di lasciar squillare i telefonini. Poi ci si lamenta se i nostri talenti preferiscono andare all’estero che venire a lavorare in Italia. Lì evidentemente la cultura musicale, a differenza che in questo tristo Paese, è di casa, qui se n’è andata da tempo. Carlo Montanaro ha debuttato al Piermarini con Traviata, e se l’è cavata egregiamente. Ha dimostrato di avere personalità, di farsi rispettare da cantanti di primissimo piano e, da ex orchestrale - era violinista prima di salire sul podio - di dialogare benissimo con i musicisti traendone il meglio e riuscendo, nei momenti clou, anche a commuovere. Bravo. E se all’inizio era un po’ contratto, forse un tantino legnosetto al punto da sembrare che stesse dirigendo col metronomo in tasca, col tempo si è sciolto: nelle repliche sicuramente crescerà ancora. L’anno prossimo lo aspettiamo per i Due Foscari certi che non deluderà. Come non hanno deluso i cantanti: la moldava Irina Lungu è stata una Violetta fresca e pulita, magari un po’ flebile nel primo atto ma si è via via spigliata lungo il dipanarsi della partitura, regalando momenti di rara intensità emotiva soprattutto nell'ultimo atto. Ha sostituito all’ultimo un monumento come Mariella Devia, indisposta: l’emozione avrà giocato il suo ruolo. Diciamolo pure: se tutte le cantanti che escono dall'Accademia scaligera sono di questo livello, sia vocale che scenico, allora per il melodramma c'è più di una concreta speranza.
Vivido e corretto José Bros, che si è distinto per il timbro squillante e per la dizione impeccabile. Forse non passionale e palpitante come la tradizione ce lo consegna (eccessi compresi, il che non è un male), il suo Alfredo è però giovanile e nobile, e sicuramente convincente. Ovazioni per il Germont di Renato Bruson: la classe, la dizione perfetta, la presenza scenica del grande baritono veneto sono una sicurezza che non tramonterà mai. Niente di speciale, invece, i ruoli di contorno.Sul piano visivo, infine, nulla da aggiungere su questa superba edizione ripresa più volte con la regia di Liliana Cavani, scene di Dante Ferretti e costumi di Gabriella Pescucci: sempre una gioia per gli occhi. Scioperi permettendo, ammiratela fino al 27 giugno.PUBBLICATO SU CLASSICAONLINE.COM:http://www.classicaonline.com/interviste/09-06-08.html