Coniglio mannaro

Post N° 177


POSTO VOLENTIERI QUESTA BELLA RECENSIONE AL MIO LIBRO SCRITTA DA LORENZO PELLEGRINI SU PMNET, PERIODICO MULTIMEDIALE DELLA PROVINCIA DI CUNEO.IL LINK: http://www.pmnet.it/L'Ogam, un antico alfabeto celtico Cultura - Mercoledì 11 Giugno 2008
“E’ un azzardo, ma se alla base dei calcoli che porteranno all’edificazione dell’osservatorio di Stonehenge e degli altri Monumenti Megalitici insulari ci fosse l’Ogam? Impossibile asserirlo, ma nemmeno escluderlo a priori”.In poco più di centocinquanta pagine sono condensati frammenti, ipotesi filologiche, interpretazioni, notizie, congetture, riferimenti storici sul filo esile delle certezze ricavabili dai pochi documenti disponibili e da fonti anche di prima mano, mai studiate prima. Fonti e documenti rarissimi e non omogenei, rinvenuti tra le pieghe della civiltà celtica, misteriosa, a volte oscura, studiata e spesso idealizzata oltre i limiti suggeriti dai protocolli scientifici. Cos’è l’Ogam? E’ una scrittura nata e sviluppatasi in ambito celtico, i cui testi più antichi dei quali si ha cognizione certa risalgono al quinto e sesto secolo d.C., anche se si suppone l’esistenza di iscrizioni di origini più remote su materiali deperibili come corteccia o legno. Una delle sue caratteristiche principali è quella di non somigliare agli altri alfabeti, nei quali lettere, vocali e numeri hanno forme diverse e riconoscibili. Le poche scritture Ogamiche rimaste fino ai nostri giorni, (meno di 400 iscrizioni in tutto) avevano probabilmente scopi diversi, come la delimitazione di un confine, l’iscrizione lapidaria, il calcolo aritmetico e probabilmente anche una componente magico-simbolica; sembra si possa escludere che l’Alfabeto Ogam, molto complesso rispetto ad altre lingue, fosse stato inventato e utilizzato per un uso letterario.
Tutte le tracce più importanti sono state individuate in ambito insulare, soprattutto in Irlanda e Galles, e in quantità minori in Inghilterra, Scozia, Isole Shetland e Isola di Man. L’origine dell’Ogam e il suo uso costituiscono i due problemi centrali e di particolare fascino con i quali lo studioso deve confrontarsi e ai quali Elena Percivaldi prova a dare le sue risposte, precisando tuttavia, che allo stato attuale delle conoscenze, non è consigliabile spingersi oltre le congetture più plausibili. E lo fa evidenziando ogni volta il confine tra il dato oggettivo e il punto dove potrebbe iniziare il mito o la leggenda; questo è un modo efficace per tenere lontane le suggestioni più facili e scontate.
Le stesse tipologie di suggestioni, che, con altre premesse, in epoche e luoghi diversi, hanno incoraggiato molti studiosi e moltissimi pseudo tali a scrivere per esempio, sui Templari, tanto da rendere difficile, al profano, poter distinguere il vero dall’inventato. Elena Percivadi studiando e scrivendo sui Celti e sull’Ogam riesce a escludere, a priori, ogni possibilità, ogni credito a ciò che non sia riscontrabile secondo i canoni della migliore ricerca scientifica e storico-filologica. Ma nello stesso tempo non rifiuta l’esistenza di una trama ancora sconosciuta e segreta, poco illuminata e non ancora studiata a sufficienza, a causa soprattutto dell’esiguità delle fonti.Tutto questo non significa che “Gli Ogam. Antico alfabeto dei Celti”, sia un’opera per pochi eletti. Il collegamento all’imponente apparato bibliografico e di note fornisce un supporto utilissimo per chi volesse controllare o approfondire l’argomento, ma il testo non ne risente in freschezza e agilità. Il volume, il primo nella nostra lingua che si occupi dell’Ogam nella sua globalità, offre spunti di studio e collegamenti che potrebbero portare a nessi a volte insospettabili. Un esempio. Un tema con il quale i linguisti si sono sempre confrontati, appena sfiorato da Elena Percivaldi, è quello del sostrato, il terreno sociale e antropologico cioè, sul quale si va a inserire, trasformandosi e sviluppandosi, una lingua e una civiltà.
L’invenzione dal nulla di una lingua, sotto questo indirizzo di ricerca, appare improbabile: a differenza dell’invenzione di un codice cifrato, di un alfabeto segreto, di un linguaggio per iniziati, adatto a un uso esoterico, magico o divinatorio (le rune, i Druidi cui più volte fa riferimento l’Autrice). Una lingua è come un organismo vivo, che subisce contaminazioni, che si trasforma, che influenza a sua volta le altre lingue in relazione ai contatti che con queste riesce a stabilire. Una scuola di pensiero ritiene ad esempio che latino si sarebbe conservato meglio in Toscana, dove si accredita l’origine della lingua italiana più pura, perché gli Etruschi, una volta conquistati dai Romani si isolarono e si estinsero insieme alla loro cultura (della quale per questo motivo conosciamo relativamente poco), contaminando minimamente il latino. Ma anche questa è una teoria, applicabile forse, con tutti i limiti del caso, anche ai Druidi dell’Irlanda e del nord della Scozia: proprio ai Druidi, sorta di sacerdoti in contatto con le forze della natura e depositari di formule magiche, rituali segreti, alfabeti e codici da tenere a memoria, al fine di preservarli. Da qui, tracce scritte ridottissime, perché i Druidi non facevano uso della scrittura, pur conoscendone i segreti.
Una prova è fornita dal testo riportato dall’Autrice che cita il De Bello Gallico di Giulio Cesare: “primo, non vogliono che le norme che regolano la loro organizzazione vengano a conoscenza del volgo; secondo, perché i loro discepoli, facendo conto degli scritti, non le studino con minore diligenza. Succede spesso infatti che, confidando nell’aiuto della scrittura, non si tenga adeguatamente in esercizio la memoria”. Sembra configurasi, sotto questo profilo, (ma lo diciamo tra parentesi), un’analogia con un passo celebre del Fedro di Socrate: “Perché indurranno l’oblio nelle anime di quanti le avranno apprese (le lettere dell’alfabeto. NdR) per mancanza di esercizio della memoria; infatti, affidandosi alla scrittura, essi richiameranno alla mente non più attingendo all’interno di se stessi ma a segni esterni (Fedro, 275.) Era solo un esempio, ma da questo si può capire come sia difficile staccarsi dalla lettura e dal meccanismo appassionante, dopo aver intuito o immaginato innumerevoli potenziali connessioni con ambiti culturali anche remoti. Sono argomenti coinvolgenti, ostici e misteriosi, ma proprio per questo ricchi di fascino.
Elena Percivaldi, GLI OGAM. Antico Alfabeto dei Celti, Keltia Editrice, formato 150x230 -pagine 176, euro 15brossura, con xx tavole fuori testo in b/nISBN 88-7392-019-5Elena Percivaldi, trentacinque anni, giornalista professionista, critico d’arte e musicale è laureata in storia medievale; collabora con numerose riviste ed ha scritto sulla cultura celtica diversi libri tradotti in varie lingue. Vive e lavora a Milano.Lorenzo PellegriniLorenzo.pellegrini@email.it