Coniglio mannaro

Post N° 200


E' uscito il numero 9-10 di EUROPAITALIA. mensile di chi produce, crea e pensa europeo diretto da Adolfo Morganti. Tra i tanti servizi interessanti (tra le firme, Franco Cardini, Francesco Mario Agnoli, Otto von Habsburg)  segnalo il mio contributo "La rinascita delle lingue celtiche. Una sfida per l'Europa dei Popoli", che posto qui di seguito.In edicola a 5 euro, sito internet: http://www.europaitalia.euLA RINASCITA DELLE LINGUE CELTICHEUNA SFIDA PER L’EUROPA DEI POPOLIdi Elena Percivaldi
Sono lingue con millenni di storia, ma dopo essere sopravvissute all’incalzare di idiomi più forti, oggi devono affrontare la nuova, difficile sfida con la globalizzazione. Le lingue celtiche sono gli ultimi baluardi della koinè che, in un passato ormai remoto, era diffusa non solo nelle isole britanniche, ma anche sulla terraferma, laddove la civiltà celtica si era – in tempi diversi - radicata. Ma se il celtico, nelle sue varianti, sul continente scomparve già nell’antichità con la perdita dell’indipendenza dei suoi popoli, nelle isole fu parlato ben oltre l’età moderna, entrando in crisi solo in tempi recenti per la volontà politica, da parte dei governi centrali, di “modernizzare” la burocrazia e la scuola proibendone l’insegnamento. Così il manx si è estinto nel Settecento, il cornico è raro da una trentina d’anni, l’irlandese è parlato solo nelle aree rurali e nell’estremo ovest dell’isola; scozzese, gallese e bretone sono patrimonio di una esigua minoranza. Ora, nel Duemila, le prospettive sono cambiate. Complici il rinnovato fascino dei Celti e una maggiore attenzione (anche politica) nei confronti delle minoranze, queste lingue stanno lentamente rinascendo.
L’irlandese (Gaeilge) è la prima lingua ufficiale dell’Irlanda sin dalla nascita dello Stato Libero nel 1922 ed è oggi utilizzato come idioma principale da 80.000 persone, cui se ne aggiungono 260.000 che lo parlano correntemente. A comprenderlo, però, sono oltre un milione. Fuori dalla Repubblica d’Irlanda, è parlato in Ulster e in altre regioni del Regno Unito, mentre in Usa, Canada e Australia è stato portato dagli emigranti. Diviso in tre dialetti, gode di ampi mezzi di diffusione e di un fascino letterario che non conosce crisi.Il gaelico scozzese (Gàidhlig) è parlato in Scozia da circa 60mila persone, soprattutto nelle Highlands e nelle isole occidentali. A queste si aggiungono le comunità di emigrati. Il 21 aprile 2005 il Parlamento Scozzese ne ha approvato il riconoscimento accordandogli lo status di parità con l’inglese e costituendo una commissione per promuoverlo anche tramite i media. Così il gaelico, dopo che ne fu escluso nel 1872, è tornato a essere insegnato a scuola, e le severe punizioni inflitte in passato agli alunni che osavano parlarlo sono ormai, fortunatamente, un ricordo lontano. Chiamato dai suoi parlanti Cymraeg, il gallese è diffuso in Galles ma anche tra gli emigrati. Agli inizi del ‘900 la metà degli abitanti lo parlava come unica lingua; nel 2001 secondo il censimento era usato dal 23% della popolazione. L’ultimo sondaggio svolto dal canale tv S4C, però, enumera 750.000 parlanti e 1 milione e mezzo di persone che lo capiscono; a queste ne vanno aggiunte altre 133.000 in Inghilterra, 50.000 delle quali nell’area londinese. Il Welsh Language Act (‘93) e il Government of Wales Act (‘98) ne garantiscono la parità con l’inglese e gli enti locali ne fanno uso ufficiale nei documenti. La diffusione del gallese è favorita, oltre che dalla Welsh Language Society e dal Welsh Language Board, dall’emittente S4C (fondata nel 1982) e da un numero crescente di riviste e siti in lingua.
Il revival del cornico (Kernewek) è invece iniziato nel 1904 grazie all’opera di Henry Jenner. Pochi anni dopo Robert Morton Nance introdusse un sistema ortografico unificato che rimase in vigore fino agli anni ’80, finché non fu riformato da Ken George con una versione che fu adottata dal Cornish Language Board. Il sistema “unificato”, tuttavia, non fu accantonato, così quando nel 1995 Nicholas Williams ne elaborò un terzo (Unified Cornish Revised), la confusione è aumentata. La situazione attuale di recupero del cornico comunque, è incoraggiante: è insegnato a scuola e all’Università di Exeter, è presente in cartelli bilingui, giornali e programmi radiofonici, e gode di una fiorente industria cinematografica, mentre è in corso la traduzione della Bibbia. I parlanti “forti” sarebbero circa 3-400 emigranti compresi, ma in realtà a conoscerlo (e a trasmetterlo ai figli) sono molti di più. Diversa la situazione per il manx. Dopo la già morte (1974) di Ned Maddrell, l’ultimo madrelingua, si sono moltiplicati gli sforzi di recupero grazie alla Manx Gaelic Society, che dal 1899 promuove la pubblicazione di libri, corsi di lingua e dizionari ora anche online. Nel 1985 il Parlamento dell’isola di Man ha riconosciuto il manx come lingua ufficiale, creando anche una commissione per standardizzarne l’uso. I risultati si sono visti: nel censimento del ‘91, delle 741 persone che dichiaravano di usarlo la maggior parte era di età compresa tra i 35 e i 44 anni. Nel 1992 è stata creata la Manx Language Unit che si occupa del suo insegnamento nelle scuole. Ciò, insieme ai media, fa ben sperare per la sua sorte futura.
Lo stesso per il bretone. Portato sulle coste francesi nel V secolo dai celti insulari che vi insediarono per sfuggire alle invasioni degli Angli e dei Sassoni, ricco di varianti locali, tra il 1880 e gli inizi del Novecento fu bandito dalle scuole laiche. Solo a partire dal 1951, grazie alla legge di Deixonne, fu possibile riprenderne l’insegnamento. Da allora il bretone (ar brezhoneg), riformato nell’ortografia, è tornato a far parte del patrimonio identitario della Francia. Oggi è parlato da 600.000 persone. Nel 2004 il fumetto Asterix è stato tradotto in bretone, riaccendendo non pochi entusiasmi. Ma la Francia ha rifiutato di firmare l’articolo 27 della Dichiarazione dei Diritti Civili e Politici e la Carta Europea delle Lingue Minoritarie Autoctone: riconoscere il bretone avrebbe infatti comportato la riscrittura dell’articolo 2 della Costituzione che proclama il francese sola lingua della Repubblica. Nonostante le difficoltà, le lingue celtiche sono oggi non solo vive, ma anche in grande recupero, sia come idiomi d’uso, sia come testimonianza culturale. Una realtà che, forte anche di un’organizzazione politica ramificata come la Celtic League, potrebbe imporsi ora anche all’attenzione di enti internazionali a partire dalla Comunità Europea. Sperando che non rimangano sordi. © Elena Percivaldi© EuropaItalia, San Marino