Coniglio mannaro

Post N° 234


 I LOMBARDI CHE FECERO LA RIVOLUZIONE La rivolta antiborghese di un gruppo di giovani “spettinati” e arrabbiati. Che vollero cambiare l'arte all'insegna del naturalismo, contro ogni convenzione e con molte concessioni al morboso. Inquietudini forti, ma dai contorni sfumati, in mostra a Palazzo Reale  MILANO - Correva l'anno 1862, l'alba dell'unità d'Italia. E già qualcuno storceva il naso nei confronti del nuovo assetto politico, via gli Asburgo dentro i Savoia, e con loro il prossimo trionfo del borghese senza qualità, politically correct e amante di trine e merletti, tanto moralista di facciata quanto provincialmente chiuso nella contemplazione della sua piccola “bottega”. Quel “qualcuno” era <b>Cletto Arrighi</b>, al secolo Carlo Righetti, autore del romanzo <i>La Scapigliatura e il 6 febbraio</i>, in cui raccontava la fallita rivolta antiaustrica del 1853 condotta da giovani ribelli, «vero pandemonio del secolo, serbatoio dello spirito di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini costituiti», ormai già di nuovo e per sempre disillusi. Arrighi era il primo di una folta truppa di ragazzotti ribelli che al profumo di lavanda delle lenzuola delle stanze da letto borghesi preferivano l'odore acre e pungente dei postriboli. Gente come <b>Carlo Dossi</b>, <b>Emilio Praga, <b>Arrigo Boito</b>, <b>Iginio Ugo Tarchetti</b>, che tanto deprecava il Romanticismo italiano specie se di marca storica, quanto adorava lo strano, il deforme, il perverso e il malato fino ad elevarlo a ideale di vita. E infatti le loro furono quasi tutte vite brevi ma intense, molto <i>maudit</i>, ispirate alla <i>bohème</i> francese, con padre putativo scelto, <i>ça va sans dire</i>, <b>Charles Baudelaire</b>. Questa fu la base letteraria della Scapigliatura, che ebbe come epicentro una Milano all'epoca ancora fucina di cultura e creatività. Ma dalla carta alla tela il passo fu breve, e l'attenzione verso il vero osservato col piglio dell'anatomopatologo, senza idealizzazione alcuna ma anzi perfino didascalico nel mostrare le sue impietose brutture e imperfezioni, travolse come un fiume in piena anche l'arte. Per apprezzare quello che a ragione si può considerare l'unico movimento - Futurismo a parte - davvero e autenticamente rivoluzionario prodotto sotto la Madonnina si deve visitare la mostra allestita a Palazzo Reale, che raccoglie circa 250 opere di 38 artisti: esposizione abbastanza completa, dopo quella storica della Permanente nel 1966, soprattutto se accoppiata alla rassegna della Biblioteca di via Senato, che presenta per la prima volta il Fondo Sommaruga ricco di lettere, biglietti postali, cartoline, volumi, riviste e caricature.A Palazzo Reale dunque incontriamo la vaporosità pastosa e il cromatismo “alla veneta” di <b>Tranquillo Cremona</b> (1837-1878): <i>I cugini</i> sfumati al punto che i contorni si dileguano mostrando volumi su cui la luce rimbalza e si rifrange come un prisma ottico, gli amanti appassionati avvinti come <i>L’Edera</i>, opere che scandalizzarono i fautori del compassato verismo del Bertini suscitando invece gli entusiasmi di <b>Medardo Rosso</b>. Tranquillo morì 41enne avvelenato dal piombo contenuto nelle tempere, che si spalmava sulle mani. Spirò in preda alla follia <b>Daniele Ranzoni</b> (1843-1889), le cui vedute del Verbano trasudano malinconia e si scompongono in virtuosistici giochi di luce. Si può poi apprezzare l'esordio scapigliato dei futuri divisionisti come <b>Vittore Grubicy</b> (<i>Ritratto di donna alla finestra</i>) o <b>Angelo Morbelli</b> (<i>Venduta!</i>), e le tappe di realizzazione del Monumento alle Cinque Giornate di <b>Giuseppe Grandi</b>. Dalla genesi “ideale” alla fine accademica, con l'eredità che la Scapigliatura lasciò -grazie all'estetica del “non finito”- nella creazione dello spazio moderno, la mostra fa riflettere su quanto questo movimento a lungo e a torto considerato “locale” abbia invece anticipato, col suo insistere sul destino di un uomo ormai solo, disilluso, alle prese con le proprie fragilità, insicurezze, manie e nevrosi, tutto il tormento tipicamente novecentesco. Allestimento forse un poco da rivedere per quanto riguarda le luci, catalogo (Marsilio) degno di lode. Elena Percivaldi    Fino al 22.XI.2009Scapigliatura. Un “pandemonio” per cambiare l'arteMilano, Palazzo RealePiazza Del Duomo 12+39 02875672 +39 02875672www.comune.milano.it/palazzoreale/a cura di Annie-Paule QuinsacOrario: lunedì dalle 14.30 alle 19.30; martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica dalle 9.30 alle 19.30; giovedì dalle 9.30 alle 22.30.Ingresso: 9,00 €, ridotto 7,50 €Catalogo Marsilio