L’estate sta finendo, recitava una vecchia canzone. Inizio, mezzo o fine, si sa, è stagione di matrimoni (io feci lo sbaglio in febbraio, anticonformista sempre…).Capita che qualche conoscente si senta in dovere di inviarmi con orgoglio le foto del matrimonio dei propri figli/e.Io reagisco sempre allo stesso modo: composta freddezza. Butto lì qualche ‘wow’ malcelatamente forzato. Non faccio mistero con nessuno del mio fastidio nei confronti delle cerimonie in generale e dei matrimoni in particolare, soprattutto quelli intesi in senso tradizionale, con chiese addobbate, vestito bianco da mille e una notte, fiori, milioni di invitati, parenti tirati a lucido col vestito della festa, la scarpa tacco alto, trucco ricercato, acconciature scolpite ecc…ecc…. Alla fine mi devo quasi scusare con un “niente di personale, ma sai come sono fatta e cosa penso sull’argomento. Comunque auguri" (facendo appello a tutta la mia diplomazia).Non so perché, in realtà. La pratica del mio matrimonio è stata archiviata molti anni fa e neppure in modo così traumatico. Perciò mi spiego a stento tutta questa mia avversione. Forse la parte esteriore, l’apoteosi dello sfarzo, i sorrisi forzati, la felicità ad ogni costo (quella degli sposi può anche essere motivata. Quella degli invitati, anche quando notoriamente si odiano, no).Sarà che mi vengono in mente tutti i fattacci di cronaca, anche recente, dove l’amore ostentato sui social ha avuto un epilogo tragico, i tanti miei conoscenti i cui legami ‘ufficiali’ sono tenuti insieme con lo sputo, oppure sono già naufragati da tempo, malgrado le feste clamorose e dilapidanti che hanno caratterizzato la loro unione, ormai ricordo sbiadito.Non so… metto insieme tutto questo, ma ancora mi spiego solo in parte questa mia idiosincrasia.
Idiosincrasie
L’estate sta finendo, recitava una vecchia canzone. Inizio, mezzo o fine, si sa, è stagione di matrimoni (io feci lo sbaglio in febbraio, anticonformista sempre…).Capita che qualche conoscente si senta in dovere di inviarmi con orgoglio le foto del matrimonio dei propri figli/e.Io reagisco sempre allo stesso modo: composta freddezza. Butto lì qualche ‘wow’ malcelatamente forzato. Non faccio mistero con nessuno del mio fastidio nei confronti delle cerimonie in generale e dei matrimoni in particolare, soprattutto quelli intesi in senso tradizionale, con chiese addobbate, vestito bianco da mille e una notte, fiori, milioni di invitati, parenti tirati a lucido col vestito della festa, la scarpa tacco alto, trucco ricercato, acconciature scolpite ecc…ecc…. Alla fine mi devo quasi scusare con un “niente di personale, ma sai come sono fatta e cosa penso sull’argomento. Comunque auguri" (facendo appello a tutta la mia diplomazia).Non so perché, in realtà. La pratica del mio matrimonio è stata archiviata molti anni fa e neppure in modo così traumatico. Perciò mi spiego a stento tutta questa mia avversione. Forse la parte esteriore, l’apoteosi dello sfarzo, i sorrisi forzati, la felicità ad ogni costo (quella degli sposi può anche essere motivata. Quella degli invitati, anche quando notoriamente si odiano, no).Sarà che mi vengono in mente tutti i fattacci di cronaca, anche recente, dove l’amore ostentato sui social ha avuto un epilogo tragico, i tanti miei conoscenti i cui legami ‘ufficiali’ sono tenuti insieme con lo sputo, oppure sono già naufragati da tempo, malgrado le feste clamorose e dilapidanti che hanno caratterizzato la loro unione, ormai ricordo sbiadito.Non so… metto insieme tutto questo, ma ancora mi spiego solo in parte questa mia idiosincrasia.