Angolo nascosto

La vita è tutta qui?


Quando le persone sono vittime di ingiustizia, a qualsiasi titolo, istintivamente provano a ribellarsi, a protestare.Non parlo di manifestazioni di piazza. Mi riferisco alla piccola quotidianità, in casa, sul posto di lavoro, in ambiti sociali simili.Succede che le situazioni, per una ragione o per l’altra, non vengano sanate.Chi può e dovrebbe intervenire fa un tentativo, con poca convinzione, credendoci poco (in genere sono i capi che lavorano in uffici asettici, ai quali basta chiudere la porta per lasciare fuori le seccature).Ne consegue che le situazioni degenerano. Si covano rancori mai sopiti, che si trascinano e si amplificano. Si smette di parlarne (l’idea è che “tanto che posso farci? Neppure ai capi frega qualcosa!”). Si salva quel minimo di apparenze, si sorride a denti stretti perché “bisogna”, ma si evita di comunicare, di confrontarsi, consapevoli che la situazione da cui tutto era partito è ancora lì, nascosta sotto il tappeto, in un angolino dove nessuno può o vuole arrivare.E poi, siccome la vita deve andare avanti, ci si auto convince che, dopotutto, quel posto o quel gruppo non ci appartengono. Noi siamo altro, siamo altrove.La morale è che quella fetta di vita viene scartata e relegata in un angolo buio, eppure accettata come quelle cose che semplicemente sono così e non possono essere cambiate.Penso a quanta gente vive in questo modo, sforzandosi di accettare ciò che non può cambiare, stanca di lottare contro mulini a vento, cercando di barcamenarsi in qualche modo e fuggendo ogni volta che può verso altri lidi. Ma davvero la vita è tutta qui?