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Post n°1688 pubblicato il 08 Marzo 2019 da surfinia60
Non posso esimermi dal dire qualcosa su un argomento sempre di preoccupante attualità. I femminicidi. Le donne continuano a morire per mano di coloro che hanno detto di amarle, di prendersi cura di loro, di condividerne la vita. Eppure il mostro giace sotto la cenere e si manifesta appena trova lo spunto giusto, una parola fuori posto, un sospetto, un malinteso. Ecco che qualcosa arma la mano del carnefice e il compagno devoto si trasforma nel boia. Perché? Chi può trovare risposte? I conoscenti dicono sovente che il rapporto era tormentato e burrascoso. Mi chiedo, perché questa donna ha deciso di ignorare gli indizi che l’hanno portata poi alla morte? Perché non ha capito che chi alza una mano una volta è soggetto a replicare, magari fatalmente, con violenza cieca e letale? Questo non mi spiego. Oggi si celebra la donna ma la cronaca snocciola il consueto bollettino di guerra. Il mio pensiero oggi e sempre... |
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Robre
Robre. Nel mio cuore,
per sempre.
Piuma
Piuma. In my heart, forever
Non c'è distinguo fra colto o ignorante. Sono vigliacchi di qualsiasi ceto sociale che non accettano di essere messi da parte.
Il femminicidio rimane, in ogni caso, un fenomeno culturale. C'è chi il burka lo indossa e lo mostra e c'è chi il burka ce l'ha dentro la propria sottocultura.
In questo caso è di quel maschio italiano che è rimasto spiazzato prima dall'abrogazione dell'art. 559 del c.p. che prevedeva la punizione del solo adulterio della moglie e non anche del marito e del concubinato del marito. Una cosa veramente sconvolgente per quella cultura storicamente maschilista ed assolutamente impreparata a scoprire che la femmina era almeno uguale al maschio di fronte alla legge. Anche se solo per questioni di corna.
Qui eravamo agli inizi degli anni '70, mica due secoli fa. L'abolizione di tutti gli altri articoli che privilegiavano il maschio italiano, rientranti in quella medievale legislazione riferita al delitto d'onore, è avvenuta invece all'inizio degli anni '80. Roba dell'altro ieri in termini culturali.
Ogni volta che si parla di femminicidio leggo, giustamente, riferimenti al maschio ignorante, vile, irrispettoso. Come si può negarlo? Però, fatemi spezzare una lancia a sua parziale discolpa. Se, storicamente e culturalmente, abbiamo allattato il pupo educandolo e spiegandogli che lui è l'ommo e la femmina non conta un cazzo e il pupo (l'ommo) ci ha creduto perché queste cose stavano stampate nelle sacre scritture della legge e della giustizia, ma di cosa stiamo parlando se di queste atrocità culturali nessuno se ne è vergognato al punto da cancellarle se non nel 1981? E ancora peggio, la Costituzione nel 1946 parlava di parità di diritto fra masculi e femmine e nella grande, immensa cultura del popolo che abita la culla della civiltà nessuno si è accorto fino agli anni '70 delle puttanate che invece stavano scritte nelle leggi? Che peccato, evidentemente nella culla della civiltà gli italiani ci dormono solo.
Motivo per il quale credo sia più che lecito parlare del femminicidio come di una tradizione che culturalmente è ancora viva e vegeta come sparare i botti a capodanno.
Detto ciò, non credo che si possa dare una risposta certa su quanto tempo serva affinché una banale legge possa essere metabolizzata culturalmente e fatta propria. Nessuno può dirlo ma si può provare a calcolarlo basandosi su cambiamenti paralleli e similari.
La festa della donna, ad esempio, è nata intorno al 1910. Nelle tribù italiane è nata nel 1922, diciamo 100 anni fa e se da un lato siamo fermi al messaggino d'auguri o a regalare la mimosa (magari prima all'amante e poi alla moglie), se siamo ancora fermi al solito ciclostilato discorsetto del presidente delle nostre tribù o alle ciclostilate manifestazioni di piazza di giallo-mimosa vestite sempre ciclostilate, e dall'altro lato il femminicidio continua per i cazzi suoi, significa che dopo un secolo ancora non abbiamo capito una mazza di tale fenomeno. Del resto, come ho già detto, se le leggi e la stessa consulta hanno impiegato oltre 30 anni per comprendere il significato di parità di diritti sancito dalla Costituzione questo dovrebbe far capire dov'è posizionata l'asticella culturale delle nostre tribù. E quando c'è di mezzo la miseria culturale, io penso che sia difficilissimo sradicare dalla mente del maschio che non è ancora un bipede il suo concetto di onore e di onorabilità che addirittura le leggi gli avevano confermato esottoscritto. Una volta poteva lavare il proprio onore con l'omicidio perché la legge lo premiava con una pena che andava dai 3 ai 7 anni, poi non più. La donna, almeno per le corna, per la prima volta stava sul suo stesso piano. Evidentemente, l'ommo, non lo accetta e continua a lavare l'onta del suo disonore col sangue, perché lui è ommo e l'ommo è ommo.
Quindi, considerati i riferimenti giuridici e le date, puoi fare da sola un po' di riflessioni e stime su quante altre feste delle donne dovranno passare nelle nostre tribù prima che l'ommo diventi uomo.
Considerati quanti secoli di sottoculture tribali ci sono nel nostro DNA, io credo che, in termini d'ommo e d'onore, 50 anni ancora siano un bell'ottimismo.
Aggiungerei che i femminicidi, nulla hanno a che vedere con la festa della donna - anche se è giusto evidenziarli in tale occasione - perché essa è nata per rivendicare la parità dei diritti sul lavoro. Quella parità Costituzionale che, guarda caso, nelle tribù italiane nessuna legge ha ancora affrontato. Sono già passati 71 discorsi presidenziali. Mannaggia, come scorre veloce il tempo.