Io E...

A Voi E' Mai Capitato?


A volte può sembrare solo un leggero sfasamento della nostra vita di tutti i giorni. Una cena ed ecco sorgerela sensazione di aver già visto quella scena in ogni suo minimo dettaglio al punto che, per alcuni secondi, si può addirittura prevedere come evolverà. Ma che dire quando, invece, il déjà-vu ci sorprende in una città straniera o mentre parliamo con degli sconosciuti? Anche se ciò che vediamo non ha alcun legame oggettivo con noi , luoghi, persone, avvenimenti, tutto ci sembra stranamente familiare. È una sensazione nella quale si mescolano sorpresa, incredulità, inquietudine e curiosità: un tocco di magia? Un varco in una dimensione parallela? Il fugace risveglio di un dono paranormale che permette di uscire dal tempo, di vedere il futuro, di rivivere il passato? E poi, improvvisamente, tutto svanisce. In pochi istanti il passato ridiventa noto, il presente incerto, il futuro misterioso. Ma l’impressione di aver partecipato a un evento difficilmente definibile permane in noi, nonostante le ultime scoperte scientifiche stiano facendo luce su questo fenomeno.I filosofi platonici e pitagorici vi vedevano la reminiscenza di una vita passata. Gli stoici, lo consideravano una manifestazione dell’“eterno ritorno dell’uguale”. Aristotele, invece, famoso per il suo senso pratico, ha tentato di ridurre il fenomeno a un semplice turbamento della psiche. Ma niente da fare: il déjà-vu ha conservato intorno a sé un’aura di mistero e di magia. E una fonte di ispirazione così ghiotta non poteva certo lasciare indifferenti , scrittori e poeti.“No, tempo, non ti vanterai del fatto che io cambi!”, esclama infatti Shakespeare in un sonetto, perché “i tuoi monumenti, per me, non sono nulla di nuovo [...] solo nuove vesti per cose già viste”. Nel XIX secolo, questo fenomeno diventa una tappa forzata per molti letterati, da Dickens a Baudelaire, da Châteaubriand a Proust, che in Alla ricerca del tempo perduto, definisce questi fenomeni “intermittenze del cuore”.Nemmeno Freud resiste alla tentazione di dare un senso al fenomeno: il risorgere, incompleto, di un ricordo rimosso per nascondere un trauma o un desiderio impudico. E fa l’esempio di una ragazza che, di fronte a un amico in fin di vita, ha l’impressione di es- sere già stata al suo capezzale, salvo poi ricordare che pochi mesi prima suo fratello aveva rischiato la vita e lei aveva desiderato diventare la figlia unica della famiglia. “Per quanto riguarda le rare sensazioni di déjà-vu che ho sperimentato io”, aggiunge Freud, “si tratta solo di un improvviso risveglio di concetti o progetti immaginari (sconosciuti e inconsci)”. Il déjà-vu, allora, non sarebbe altro che l’espressione dei nostri desideri segreti, proprio come i sogni? Il suo discepolo ungherese Sándor Ferenczi, pur condividendo queste idee, aggiunge che si potrebbe trattare del ricordo di un sogno dimenticato, evocato, per associazione, da alcuni particolari della scena.“Siccome l’inconscio non ha un tempo lineare e contiene indistintamente passato, presente e futuro”, spiega Flaminia Nucci, psicanalista junghiana a Milano, “per Jung il déjà-vu è una connessione tra i particolari della scena e un’esperienza passata di cui non abbiamo memoria cosciente, oppure l’‘anticipazione’ di un’esperienza che ancora deve avvenire, avvicinandosi in questo senso al sogno premonitore”. A voi e' mai capitata una cosa cosi?