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Un blog creato da celr il 27/02/2007

Synaptic Mind

Cosa si dice di nuovo nell'ambito della Psicologia Sperimentale...

 
 

Chi Siamo

Chiara Incorpora
kiaramella83@libero.it 

Edoardo Santucci
edoardosantucci@yahoo.it
Lidia Cristofaro
lidiacr@iol.it

Raffaella Pellegrini
raffyw@yahoo.it

Laureandi in Psicologia della Comunicazione presso l'Universita' Cattolica di Milano.
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Questo blog nasce con l'intento di fornire informazioni aggiornate relative all'ambito della psicologia sperimentale, con particolare attinenza al campo della psicologia cognitiva e delle neuroscienze da un lato, e della psicologia della comunicazione dall'altro.  Data la trasversalita' di queste discipline le ricerche raccolte pertengono a numerosi altri settori limitrofi: dalla clinica alle nuove tecnologie.  L'obiettivo è quindi quello di segnalare notizie che pertengono o ruotano intorno all'ambito della psicologia e che sono state riprese dalle principali ed autorevoli riviste presenti on-line (nazionali ed internazionali).

Per qualsiasi desiderio di approfondimento delle tematiche affrontate, contattaci!

Fai sentire la tua voce!! :)

 

PERCORSI FORMATIVI & MASTER

Corso di Formazione "Strumenti di analisi per la neuropsicologia cognitiva" (Universita' Cattolica di Milano)
Corso di Formazione "Intelligenza Emotiva. Saper Gestire le proprie emozioni" (Universita' Cattolica di Milano)
Corsi di Psicologia della Comunicazione (studio di consulenza privato - Ferrara)
Master in Comunicazione e Problem Solving Strategico (MRI - Arezzo)

 

 

Post N° 69

Post n°69 pubblicato il 15 Maggio 2007 da celr
 

Meditazione e plasticità cerebrale

Possono la meditazione e l’esercizio mentale rinforzare le aree del cervello deputate all’attenzione? Una ricerca realizzata presso un’università americana risponde affermativamente… 

Uno studio condotto presso l’Università del Wisconsin, mostra come la meditazione sia in grado di plasmare il cervello e specificamente di avere effetti positivi sull’area dell’attenzione.

E’ noto per i praticanti della meditazione la funzione benefica svolta da questa attività sulla mente degli stessi, i quali traggono benefici nei processi di percezione di quelli che in genere vengono considerati minimi dettagli del nostro flusso esperienziale.

Attraverso lo studio decennale condotto dal neuroscienziato Davidson, si è giunti inoltre alla conclusione che oltre a permettere la gestione ed il controllo conscio della propria mente, sarebbero altresì evidenti gli effetti positivi di tale pratica sull’attention deficit hyperactivity disorder, che colpisce parecchie persone.

L’eserzio mentale (il cosiddetto “mental training”) agisce quindi sulle proprietà della nostra mente che sono tutt’altro che immutabili.

La meditazione inoltre permette la gestione e regolazione delle emozioni oltre che dell’attenzione: questa considerazione mette in evidenza il profondo legame che sussiste tra le diverse funzioni cognitive di ordine superiore.

Il flusso sensoriale in cui ci troviamo immersi fa si che la nostra coscienza selezioni stimoli considerati rilevanti e ne lasci in secondo piano altri che non hanno la stessa valenza contestuale; la conseguenza è che sono più gli input che ci sfuggono che quelli che riusciamo a cogliere (detto fenomeno è definito “cecità dell’attenzione”).

Attraverso l’esercizio mentale di una antica forma di meditazione buddista chiamata Vipassana proposto a due gruppi sperimentali (uno sottoposto a training intensivo, mentre l’altro moderato da una semplice lezione che doveva essere ripetuta ed estesa per un certo numero di minuti per una sola settimana), è stato possibile valutare in fase di pre e post-test la capacità di percepire una serie di stimoli visivi proposti su un monitor sottoforma di flash. Il primo gruppo, come da aspettative, è stato in grado di migliorarsi rispetto al pre-test e quindi di cogliere una grande quantità di informazioni in tempi brevi, mentre il secondo gruppo vi è riuscito solo parzialmente.

I risultati della ricerca sono consultabili sulla rivista PLoS Biology.

Le implicazioni terapeutiche, riabilitative e soprattutto teoriche sono evidenti. A titolo personale colgo l’importanza di questa ricerca ancora una volta nella proprietà ormai sempre più rilevante e centrale che i neuroscienziati attribuiscono ed assegnano alla plasticità del nostro cervello. Si apre quindi un vero e proprio filone di ricerche che prende il nome di neuroplasticità.  

Per visualizzare l'articolo originale clicca qui

Post di Edoardo Santucci

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Post N° 67

Post n°67 pubblicato il 13 Maggio 2007 da celr
 

LEGGERE IL PENSIERO

Gli sviluppi delle neuroscienze nell'ambito dei processi di intenzionalità

Una ricerca condotta dal Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences di Lipsia e pubblicata su Current Biology, dimostra un assunto sempre più forte che sta “prendendo piede” nell’ambito delle neuroscienze. L’idea è che l’intenzionalità umana riguardo lo svolgimento di azioni che ancora devono essere compiute non viene codificata a livello dei singoli neuroni, ma a livello di pattern neurofisiologici più complessi ed articolati che riguardano diverse regioni cerebrali. Questo è il pensiero di fondo della ricerca condotta da John-Dylan Haynes e collaboratori, che stanno affrontando il delicato argomento dei processi di intenzionalità. Secondo questo studio, è possibile monitorare ed interpretare l’attività cognitiva che ha luogo nella parte anteriore della corteccia prefrontale del cervello attraverso processi di risonanza magnetica funzionale e una serie di algoritmi complessi.

Attraverso la partecipazione di otto volontari alla ricerca, è stato chiesto a questi ultimi di scegliere tra due possibili operazioni matematiche: la sottrazione o la somma di numeri non ancora noti. Ciò che i ricercatori hanno potuto rilevare, è che prima ancora che l’intenzione si trasformi in azione effettiva (e che a livello neurocognitivo avviene in un’area limitrofa a quella anteriore prefrontale), e prima ancora che i soggetti conoscessero i numeri su cui compiere le operazioni matematiche, è possibile individuare l’intenzione dei partecipanti circa quale operazione eseguire; ciò è reso possibile dalla “lettura” (decodifica) a livello neurale di specifici pattern che si differenziano e ricorrono con regolarità in funzione dell’intenzione latente. Attraverso l’addestramento di reti neurali artificiali, è stato quindi possibile individuare schemi neurocognitivi ricorrenti che permettono l’anticipazione delle azioni dei soggetti con un significativo livello di accettabilità.

I ricercatori quindi hanno avuto modo di dimostrare che durante un ritardo variabile, che costituisce lo iato tra la scelta di quale compito svolgere e il tempo necessario per convertirlo in opportuna azione, è possibile decodificare dall’attività delle regioni mediali e laterali della corteccia prefrontale quali delle due operazioni matematiche i soggetti intendono eseguire. Questo suggerisce che le intenzioni celate possono essere rappresentate attraverso complessi pattern di attività della corteccia prefrontale, e di conseguenza fornendo un substrato neurale potenziale per ciò che deve essere ancora compiuto.

La notizia pare quindi gettare luce e prospettive future nell'ambito degli studi legati ai processi di intenzionalità; tuttavia, a titolo personale, la questione risulta molto più complessa e non semplicemente legata ad una correlazione stabile tra fatti (aree cerebrali attive e operazione matematica scelta), poichè ciò che lo scanner neurale fa è indubbiamente individuare la relazione tra regioni encefaliche e specifiche funzioni cognitive, tuttavia tale dispositivo è incapace di attribuire un contenuto alla scelta presa dall'individuo...  

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Post di Edoardo Santucci

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Post N° 66

Post n°66 pubblicato il 12 Maggio 2007 da celr
 

STIMOLAZIONE AMBIENTALE E PLASTICITA’ SINAPTICA

Quando una ricca stimolazione ambientale costituisce un fattore di prevenzione per patologie del sistema visivo e per lo sviluppo della plasticità cerebrale

 

Una ricerca condotta dalla Scuola Normale Superiore di Pisa e dell’Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa, e pubblicato su Nature Neuroscience, dimostra gli effetti della stimolazione ambientale sull’attività cerebrale degli individui ed in particolare sulla plasticità neurale.

Il ruolo dell’ambiente sul nostro cervello è noto da tempo (molte sono le pubblicazioni che trattano l’argomento); ciò che è interessante è che il flusso sensoriale che continuamente colpisce i nostri organi di senso può regolare e modificare il nostro comportamento e talvolta concorre come fattore protettivo per patologie diffuse come l’ambliopia che determina una ridotta visione nell’uomo e che diventa progressivamente incurabile con il procedere dell’età. Pertanto, opportune stimolazioni (sia a livello sociale, che intellettuale, o affettivo) incidono positivamente sulle abilità mnestiche e sui processi di apprendimento dell’individuo, rallentando anche i processi di invecchiamento cellulare.

La ricerca quindi, attraverso l’analisi dell’arricchimento ambientale di topolini da laboratorio, ha permesso di studiare altresì i processi cellulari e molecolari che influenzano i fenomeni di plasticità sinaptica a seguito di opportuni stimoli connessi con l’ampliamento dell’habitat dei roditori, che ne traevano beneficio in termini di stimolazione motoria, dei processi di esplorazione e di gioco.

Diversamente da quanto precedentemente detto, i ricercatori hanno inoltre dimostrato come sia possibile curare l’ambliopia di topolini adulti mantenendo l’habitat di questi animali il più possibile stimolante a livello motorio e sensoriale. Tale fattore produce un’azione diretta sulla corteccia visiva attraverso la riduzione della molecola GABA che regola il funzionamento dei centri nervosi e che risulta inoltre direttamente responsabile nei processi di perdita della plasticità sinaptica dei cervelli adulti.

Concludendo quindi, fattori quali l’esplorazione dell’ambiente circostante, il gioco, il movimento, etc. determinano non solo la riduzione dell’attività inibitoria della plasticità cerebrale ad opera del neurotrasmettitore GABA, ma attivano proteine quali il Brain-derived neurotrophic factor (BDNF) che hanno un ruolo determinante nella gestione e controllo dell’abilità della visione umana.

Ecco il link alla notizia

Post di Edoardo Santucci

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Post N° 65

Post n°65 pubblicato il 11 Maggio 2007 da celr
 

Alcuni meccanismi cognitivi alla base della neuroeconomia

Una ricerca chiarisce ulteriori aspetti di una nuova disciplina emergente: la neuroeconomia

Uno studio condotto presso la Wellcome Trust Center for Neuroimaging della University College London e pubblicato sul Journal of Neuroscience, segnala che la perdita di denaro o addirittura l’anticipazione di un simile evento attiva le stesse aree neuronali coinvolte durante l’elaborazione del dolore fisico e dell’emozione primaria della paura. Il circuito cerebrale coinvolto in questo processo è il corpo striato, coinvolto a vario grado con i meccanismi di ricompensa e/o punizione.

Le analogie strutturali a livello cerebrale sono state rilevate ed analizzate attraverso la risonanza magnetica funzionale cerebrale (fMRI) che ha registrato l’attività neuronale di alcuni partecipanti ad una ricerca, individuando appunto come siano implicati gli stessi circuiti cognitivi che sono attivi quando elaboriamo ed anticipiamo l’imminenza di uno stimolo pericoloso e la relativa risposta adattiva. I soggetti infatti dovevano scegliere come comportarsi in alcuni giochi messi a punto dagli sperimentatori, e che paventavano la possibilità di vincere o di perdere denaro.

I risultati suggeriscono che l’idea di “sofferenza finanziaria” è una risposta concreta ad una perdita economica che ha una radice neurologica comune con il dolore fisico.

Questa ricerca permette di chiarire alcuni meccanismi implicati nei processi di decisione finanziaria, inserendosi quindi nell’ambito del nuovo filone di ricerca della neuroeconomia, che utilizza tecniche di brain-imaging per chiarire in che modo e perché i processi neurofisiologici guidano il comportamento umano.

Per visualizzare il link alla notizia ripresa da TimesOnline clicca qui

Per visualizzare l'abstract dell'articolo pubblicato sul Journal of Neuroscience, clicca qui

Post di Edoardo Santucci 

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Post N° 64

Post n°64 pubblicato il 13 Aprile 2007 da celr
 

"Scaldate i motori"....anzi le dita

Il primo campionato nazionale di scrittura di SMS si sta svolgendo in questi giorni a New York

La manifestazione, che ha già preso avvio lo scorso 31 marzo 2007 ad Hollywood, ha già decretato il vincitore per la West-Coast che aspetta di sfidare "all'ultimo messaggio" il prossimo vincitore della East-Coast. Al vincitore finale spetteranno favolosi premi.

La gara prevede la scrittura di SMS e la relativa misurazione cronometrata. Non valgono le abbreviazioni....ed è necessario essere residenti in uno Stato degli USA per partecipare.

Post di Edoardo Santucci

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