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Hrant Dink

Post n°3 pubblicato il 20 Gennaio 2007 da liberagiornalista
 



immagineIo il suo nome non so neanche come si pronuncia.
Ma in Turchia sì, dovevano saperlo bene.
In quel posto lontano,
così lontano da sfuggire alla nostra percezione dell'esistente.

Da lì, tra le notizie sull'entrata nell'Unione Europea o sulla visita del papa,
arriva anche quella sull'assassinio di un giornalista.

L'ennesimo. Ucciso. Dopo Anna Politkovskaja.
Stavolta non sulla porta di casa, ma su quella della redazione che Dink dirigeva, Argos.

Io un articolo suo non l'ho mai letto.
Non sapevo neanche chi fosse questo Dink.


Quando ho letto la notizia ho messo nome e cognome su quell'enciclopedia sempre aperta che è Google e ho cercato per immagini.

Così, per sapere che occhi aveva un giornalista coraggioso. Per avere una sua figura da ricordare.

"Più volte perseguito dalla giustizia turca,
il giornalista era considerato uno degli esponenti
di maggior spicco della comunità armena
ed era famoso per aver qualificato come genocidio
il massacro degli armeni commesso sotto l'impero ottomano.
Una posizione che gli aveva procurato l'ostilità dei nazionalisti turchi
che rifiutano il termine genocidio".


Questo è quanto riporta Repubblica.it. Ucciso per una parola. Per l'idea che stava dietro quella parola. Genocidio. Giusta o sbagliata, ma comunque un'idea.

Vorrei non fosse così, che un giornalista viene ucciso perché ha un'idea diversa da quella di un gruppo politico. E' davvero assurdo.

E mi chiedo quanto sia stata dolorosa la sua scelta di dirla, quell'idea, sapendo di parlare a molta gente.
E infastidirne di più.

Non credo che ora la sua penna dia meno fastidio di prima. Anzi.


immagine

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Commenti al Post:
ANDY.JAY
ANDY.JAY il 20/01/07 alle 14:29 via WEB
Come in molti altri casi...da morti danno MOLTO più fastidio... hanno fatto un grosso errore...eh si...dovranno convivere con il suo fantasma...e ciò che ha sempre scritto con coraggio echeggerà...ininterrottamente...(mi faccio paura da solo quando scrivo così)...
 
 
liberagiornalista
liberagiornalista il 20/01/07 alle 14:35 via WEB
Eheheh beh, per quanto orribile possa essere l'idea che traspare dalle tue parole, è pura realt, purtroppo.. Comunque hai ragione tu: da morti fanno più danni che da vivi. Com'è che si diceva quando tutto il mondo cui importava qualcosa di Saddam Hussein si domandava se fosse giusto ammazzarlo oppure no? Che questo avrebbe fatto di lui un martire. Non è questo certo il caso di Dink, sia chiaro... ma l'uccisione di una persona in qualche modo influente reca sempre delle conseguenze. Spesso contrarie a quello che si vorrebbe ottenere con l'atto di ammazzare. Così, se Saddam per tutta la vita è stato un sanguinario, la ghigliottina per qualcuno ha fatto la sua santificazione; e se Dink da morto avrebbe dovuto stare zitto, è da adesso che i suoi articoli diventano più pesanti...
 
ema75
ema75 il 23/01/07 alle 00:19 via WEB
Hai ragione assolutamente. Sono quasi 10 anni che faccio questo lavoro e mi sto rendendo conto quanto sia difficile farlo liberamente davvero. Ho lavorato anche in giornali da battaglia ma è durato poco: quando sveli gli altarini dei potenti,come facevo io allora, poi i potenti a loro modo ti danno fastidio.... Ho sempre pensato che questo nostro strano mestiere sia un pò una missione e tutti noi abbiamo il dovere di portarla a compimento meglio possibile, nel rispetto del lettore e della verità. Se poi alle spalle hai un editore che ti aiuta e ti sostiene davvero, è tutto più facile. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, questo non accade. Non a caso l'Italia è oltre in cinquantesimo posto fra nella classifica della libertà di opinione
 
 
liberagiornalista
liberagiornalista il 23/01/07 alle 14:50 via WEB
Qualcuno che mi capisce. Io invece sono quasi 5 anni che lo faccio, e che ci siano pressioni è la prima cosa che ho sperimentato. Ad uno dei primi articoli che scrissi, ormai molto tempo fa, ricevetti la telefonata di un tale che mi disse che avrei dovuto scrivere sotto sua autorizzazione, quello e quando diceva lui. Ovviamente mi rifiutai, ma la cosa, essendo agli inizi, mi inquietò. Adesso ci sono abituata, dal momento che si è andati poi molto oltre rispetto ad una telefonata fastidiosa. E' vero il discorso dei vertici che se ti appoggiano è meglio, ma non li identificherei con l'editore, bensì col caporedattore, insomma con la persona con la quale hai un contatto più diretto e che concretamente sostiene il giornalista quando pubblica..
 
ema75
ema75 il 23/01/07 alle 15:09 via WEB
Anche questo è vero. A me è successa una cosa simile persino scrivendo di sport, che uno pensa sia fuori da questi giochi. Un giorno il dirigente di una squadra mi prese per il collo divcendomi "Tu qui stai a casa mia devi scrivere quello che ti dico io, sei fortunato che ho da fare altrimenti fti appiccherei contro un palo". Li ho denunciati al sindacato. La mia caposervizio di allora credette a loro perchè arrivo una loro lettera nella quale mi davano del falso. Dopo sei mesi me ne sono andato da quel giornale.
 
 
liberagiornalista
liberagiornalista il 24/01/07 alle 11:54 via WEB
Ecco, se la tua caposervizio si fosse comportata diversamente e t'avesse appoggiato, probabilmente ci saresti rimasto. Forse avevate una concezione differente del rapporto giornalista-potentediturno...
 
ema75
ema75 il 24/01/07 alle 17:53 via WEB
E' che lei doveva trovare una scusa per mandarmi via. Doveva fare antrare una sua amica. Però per farlo serviva di allontanare qualcuno. Ma io me ne sono andato via prima di darle sta soddisfazione di farlo lei
 
 
liberagiornalista
liberagiornalista il 25/01/07 alle 14:00 via WEB
Beh se dovevi andare via, tanto vale farlo tu... Anche se, pensandoci, il risultato non cambia. Diciamo che non penso tu abbia perso molto...
 
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Data di creazione: 19/01/2007
 

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