Taglia Trentotto

Affogato al caffé


Forse da qui dovrebbe cominciare il mio futuro. Non ho dimestichezza con questo concetto enorme. Non ho mai pensato a me stessa come ad una cosa lunga, che si protrae nel tempo, ma come ad un evento frammentario che può anche esaurirsi a giugno. Per molto tempo sono stata appesa a dei flash, a dei lampi notturni che mi davano cicatrici in pochi secondi, la torta della nonna come uno spasmo, leccavo anche le briciole killer, poi un climax, niente di erotico, e infine il vomito. Gli specchi che mi attorniavano in bagno non riflettevano la profondità della stanza, e con lei la speranza, ma esclusivamente creme e piastre per capelli che ti fanno figa solo per una notte al Bungalow8. E forse è questa l'infelicità, fare faville come uno splendido fuoco d'artificio, per spegnersi in fretta alle quattro del mattino e non arrivare a domani. Non ho mai visto nulla di positivo venirmi incontro dopo una torta della nonna, a dirmi di ricominiciare da zero o di buttarmi alle spalle quegli orgasmi fasulli. Le giornate si avvolgevano su se stesse, rotoli di solitudine imbottiti di prosciutto, e mai osavano continuare verso scenari migliori, anche televisivi, tipo Centovetrine. E se anche io per sbaglio fossi riuscita per un istante a tratteggiare un'inversione a U che in tutti i film americani salva l'eroe dalla strada impazzita, poi mi sarei trovata con un vuoto su dove andare, cosa pensare. A chi mi domandava cosa avrei fatto il 31 dicembre 2008 io rispondevo che non lo sapevo. Praticamente un'indecisa.E ora con la crisi e i governi che saltellano non possono certo chiedermi di immaginare l'avvenire. Tuttavia, quando esci da una malattia, le persone si convincono che hai mille porte aperte davanti a te, nuove vie da imboccare, un intero parco giochi in cui sbizzarrirti, e fatalmente cominciano tutte le loro frasi migliori con l'incipit Ora che sei guarita. E forse si illudono che tu finalmente ti sia costruita quella fermezza d'animo che, da una parte ti permetterà di affrontare le grandi responsabilità della vita, e dall'altra ti renderà frigida e bigotta, tanto da farti categoricamente rifiutare il sesso a tre.La fermezza d'animo, questa gran cosa piace molto alla nostra gente veneta, se tralasciamo piccoli siparietti di droghe e bordelli. Ma anche in me tutto balla. Balla ancora la voglia di bigné e sono danze alquanto scatenate. A volte devo spegnere la musica a forza e continuare a farmi i cazzi miei, sotterrando i pensieri choco con qualche video di sfilate. Certe malattie ce le inventiamo per rimanere bamboline a vita, al riparo da quel turbinio infame che è l'esistenza moderna. Il cuore di un dummy di pezza non batte. Non siamo obbligate a tentare e abbiamo sempre una scusa per fallire. La nostra mamma ci tiene in una vetrinetta al riparo dai brutti voti e dai pervertiti di quartiere e ogni tanto ci dà una spolverata e un pasto caldo. Non è mai colpa nostra del malgoverno o dell'ultimo bozzo sul parafango dell'aiuto perché noi siamo ragazzine malate. Brunetta ci riempie di insulti ma non riuscirà a toglierci dalla nostra scatoletta per metterci in un monolocale in affitto, lontano dalle lasagne di mammà. Perfino il marketing più subdolo ci conosce, statuine belline e ritrose a saltare il fossato, a cui vendere sempre esperienze nane, magari un cagnolino al posto di un figlio, magari una cucina giocattolo che non ci metta mai sul punto di preparare una cena, e tanti, tanti Big Gim da farci solo week-end. Quando sconfiggiamo certe malattie rinasciamo donne, almeno questa è la credenza poplare. Io ci provo a dire Guardate che in realtà ho vent'anni ma sento ripondere all'unisono Si, vent'anni per gamba. Niente da fare, sono proprio adulta e mi calo bene nella parte. Qualche volta mi disegno in faccia una ruga maestra che mi porta felicemente dalle elementari alla boutique di Armani più vicina, con tutti quei tailleurs inequivocabilmente cresciuti. Qualche altra lascio eruttare la mia acidità dovuta all'ammassarsi delle candeline sulla torta, oppure mi dò delle scadenze fisse dal parrucchiere, particolare che qui a Treviso ti fa donna più di ogni altra cosa. Ma la verità è che spesso mi guardo indietro, vagheggiando di imboccare il passato, per trovare il futuro. La risposta alla nostra paura di crescere, al nostro terrore di essere figli dell'era Brunetta, ciò che ci tiene al riparo dalle chiamate della vita, non sono certo dei crepacuori tristi e repentini come un botto che non lascia nulla di noi Winx, ma piccole malattie con una loro poetica, bulimie bambinesche, scuse che ci portiamo alla bocca ogni volta che abbiamo fame.Non potete accusarmi di essere un'adolescente in un mondo maturo, qui sono tutti come me, eterni studenti senza un futuro. E così mi nascondo tra altri evergreen, evitando per quanto possibile il core-business di qualsiasi cosa e pregando che tutto finisca in fretta, che si passi al capitolo più facile, all'annata più soleggiata, ai marsh-mallow dei mega cinema.Qualcuno mi punzecchia dicendomi che non si stupirebbe di rientrare in casa e trovarmi in un box da bimbi travestita da Winx. Qualcun altro, mia madre, non Brunetta, mi chiede Ora che stai bene quand'è che ti sposi e vai fuori di casa, non considerando che passare dall'essere un pupazzo al marriage material potrebbe provocarmi un alito d'ansia.Potrei tornare a naufragare in un mare di ice-cream. Ora annego. Ora mi chiamano Affogato al caffé.