Non ti muovere

Post N° 11


La incontrai in un bar.Uno di quelli di periferia con il caffè cattivo, come l'odore che arrivava dalla porta del cesso socchiusa alle spalle di un vecchio calciobalilla, con i giocatori decapitati dalla furia degli avventori.Si soffocava dal caldo.Come ogni venerdì, raggiungevo tua madre nella casa al mare che affittavamo sul litorale a sud della città.La mia auto si era spenta senza sussultare, come un cerino, sulla statale deserta costeggiata da un prato arso e sudicio e da qualche capannone industriale.Avevo camminato sotto il sole per raggiungere gli unici palazzi che si vedevano in lontananza in quella frangia estrema di periferia.Erano i primi di luglio di sedici anni fa.Entrai nel bar sudato e di pessimo umore.Ordinai un caffè e un bicchiere d'acqua e chiesi di un meccanico.Lei era curva, armeggiava con il braccio dentro al frigorifero."Intero non c'è?" furono le prime parole che le sentii dire, rivolte al ragazzo dietro al banco, un ragazzo con il volto butterato e un piccolo grembiule ingrigito stretto intorno alla vita."Boh" rispose lui, mentre mi serviva l'acqua, premurandosi pure di infilare sotto il bicchiere un gocciolante piattino di peltro."Fa niente" disse lei, e posò sul bancone, a pochi millimetri da me, una confezione di latte scremato.Le sue dita si infilarono in un boersellino da bambina, di plastica a fiori con la chiusura a scatto, tirò fuori i soldi e li spinse accanto al latte."Il meccanico c'è" disse, raccongliendo gli spiccioli del resto, "ma chissà se è aperto."Mi voltai al suono di quella voce sfiatata come il gnaulio di un gatto.Fu la prima volta hce i nostri occhi s'incontrarono.Non era bella e nemmeno troppo giovane.I capelli decolorati malamente incorniciavano un viso magro ma robusto di ossa, al centro del quale brillavano due occhi rattristiti dal trucco troppo marcato.Lasciò il latte sul bancone e si diresse cerso il juke-box.Quel locale buio in tanto sole con quel puzzo acre di fogna ingorgata si riempì delle note stucchevoli di un complesso inglese molto in voga in quegli anni.Rimase così, una sagoma tremolante nell'ombra in fondo al bar.Il barista scivolò fuori dal bancone e si affacciò sulla porta per indicarmi la strada.Feci il giro dell'isolato senza riuscire a trovare l'officina.Per strada non c'era nessuno.In alto, su un terrazzino, un vecchio scrollava una tovaglia.Tornai nel bar, ancora più sudato.