Non ti muovere

Post N° 19


Non so se ansimasse dopo, forse piangeva.Era in terra, si stringeva al suo corpo.Io ero molto oltre di me, precipitato dall'altra parte della stanza.Posato sun una zampa, il muso del cane cieco spuntava da sotto il divano, le orecchie basse, gli occhi bianchi.Sul muro la scimmia succhiava immobile il suo biberon.I miei occhiali erano in terra, accanto alla porta, una lente era rotta.Feci qualche passo e mi chinai a raccoglierli.Afferrai i lembi bagnati della camicia, me li rinfilai nei pantaloni e uscii senza dire un parola.La macchina era parcheggiata davanti all'officina.La chiave era inserita, misi in moto e partii.Cominciò il rettilineo costeggiato dai primi pini marittimi e sai canneti avvizziti.Frenai senza riuscire a fermarmi, aprii lo sportello e vomitai in corsa.Frugai sotto il sedile per cercare l'acqua che avevo con me, la trovai, caldiccia nel suo involucro di plastica.Mi sciacquai la bocca, tirai fuori la testa e mi svuotai addosso quel che rimaneva della bottiglia.L'asfalto correva, e insieme correva l'odore della vampa e del mare ormai vicinissimo.Lasciai la guida e mi portai le mani sulla faccia per annusarle.Cercavo una traccia della mia efferatezza, Angela.Trovai solo un odore di ruggine, forse quello della scala.Ci sputai dentro.Sputai sulle pieghe dellam ia ita, del mio benessere, del mio cuore.Poi strofinai i palmi l'uno contro l'altro, fino al fuoco.La casa al mare era una costruzione degli anni cinquanta, bassa e squadrata, senza bullerie.Un gelsomino grondava il suo profumo stordente sul pergolato davanti alla cucina, accanto a una grande palma.Il giardino per il resto era brullo, delimitato da una recinzione di piccole lance di ferro corrose dalla salsedine.Il cancello, che a ogni colpo di vento raschiava nei cardini con uno stridio identico a quello dei gabbiani spaventati dal maltempo, si apriva direttamente sulla spiaggia.Il tratto di marina davanti alla casa era abbastanza spopolato.Gli stabilimenti balneari erano allineati più giù, oltre la foce del fiuime, oltre le grosse bilance dei pescatori ferme nell'aria come bocche affamate.Era stata tua madre a sceglierla, quella casa di vacanza, le faceva pensare, diceva, a una tenda nel deserto, sopratutto al tramonto, quando il riverbero del mare sembrava muovere le mura.La scelse anche grazie a un gatto.Assonnato, si lasciò raccogliere docilmente da Elsa e le rimase addosso per tutto il tempo mentre la ragazza dell'agenzia apriva le persiane delle stanze dove ristagnava l'odore di muffa delle case rimaste chiuse per tutto l'inverno.Era un giorno feriale verso la fine di marzo.