Farfugliai una cifra.Più tardi a casa, mentre pisciavo, mentre mi reggevo l'uccello, piangevo.Avevo di colpo capito che ervamo diventati vecchi.Invece adesso, stretto alla staccionata di quel giardino infernale, ridevo, ridevo solo come un folle.In basso, nascosta dietro uno scoglio, la piccola Martine pascolava beata, ubriaca.In mezzo alla notte sono sveglio, guardo nel vano spalancato della finestra, lì dove la palma fruscia le sue foglie scure.Tua madre dorme, il suo vestito cremisi è sulla sedia.Una morsa di tensione mi afferra il braccio, e penetra in basso nel cuore delle spalle.Infilo un gomito sotto il cuscino per sollevarmi un pò, scalcio.Lei si volta nel buio."Cos'hai?"La sua voce è un fiato stanco, ma clemente.Non mi sento più il braccio.Ho paura che mi venga un infarto.Le cerco una mano, la stringo.Indossa la canottiera di seta dalle bratelle luccicanti come piccoli nastri.E' di fianco a me, i seni addossati con morbidezza l'uno sull'altro, mi avvicino.Mi seppellisco dentro il suo profumo.Lentamente le allontano il lenzuolo dal corpo.Una striscia di luce corre lungo le sue gambe."Non hai sonno?"Non le rispondo, le mie labbra sono già sulle sue gambe.Lei non dice più nulla, m'infila una mano nei capelli e mi carezza.Ha capito, mi conosce, sa come faccio l'amore.Non sa che lo faccio quando ho paura.So di non poterla stupire, ma non mi sembra così terribile.L'assenza di stupore ci rassicura, andiamo incontro a un benessere equamente distribuito.E' un adagio il nostro, preciso come il ticchettio della sveglia sulla cassettiera.I corpi sono caldi, i sessi pulsano miti, muscoli bene educati.Ma in questa partitura, amore mio, c'è qualcosa di stecchito, lo penso mentre i tuoi capelli mi entrano in bocca, e ti stringo forte perchè stanotte ho paura.Raggiungiamo il piacere a occhi serrati, raccolti dentro i nostri sessi come bambini in punizione.Dopo, tua madre si alza perchè ha sete.Attraversa il buio della stanza, sento che scende in cucina.Penso al suo corpo nudo appena illuminato dalla lucetta del frigorifero, e mi chiedo se mi ama ancora.Poi torna con una cocacola in mano."Ne vuoi un goccio?"Si arrampica sul davanzale della finestra e va a bere lì mentre guarda fuori.Ora c'è lei al di qua delle foglie scure della palma, lei con la schiena appoggiata al muro e le gambe leggermente piegate.Il suo corpo nudo contro la notte, contro i miei fantasmi.E' più in alto di me, è ferma e lucente come una statua di bronzo.E quel pensiero mi raggiunge come l'unico che esista."Facciamo un figlio."L'ho colta di sorpresa.Sorride, sbuffa dal naso, alza le sopracciglia, si gratta una gamba, una sequenza di piccole manifestazioni di disagio."Fatti togliere la spirale.""Stai scherzando?""No."E sento che vorrebbe non aver capito.Siamo marito e moglie da dodici anni, e non abbiamo mai sentito il bisogno di qualcosa che si aggiungesse a noi.
Post N° 34
Farfugliai una cifra.Più tardi a casa, mentre pisciavo, mentre mi reggevo l'uccello, piangevo.Avevo di colpo capito che ervamo diventati vecchi.Invece adesso, stretto alla staccionata di quel giardino infernale, ridevo, ridevo solo come un folle.In basso, nascosta dietro uno scoglio, la piccola Martine pascolava beata, ubriaca.In mezzo alla notte sono sveglio, guardo nel vano spalancato della finestra, lì dove la palma fruscia le sue foglie scure.Tua madre dorme, il suo vestito cremisi è sulla sedia.Una morsa di tensione mi afferra il braccio, e penetra in basso nel cuore delle spalle.Infilo un gomito sotto il cuscino per sollevarmi un pò, scalcio.Lei si volta nel buio."Cos'hai?"La sua voce è un fiato stanco, ma clemente.Non mi sento più il braccio.Ho paura che mi venga un infarto.Le cerco una mano, la stringo.Indossa la canottiera di seta dalle bratelle luccicanti come piccoli nastri.E' di fianco a me, i seni addossati con morbidezza l'uno sull'altro, mi avvicino.Mi seppellisco dentro il suo profumo.Lentamente le allontano il lenzuolo dal corpo.Una striscia di luce corre lungo le sue gambe."Non hai sonno?"Non le rispondo, le mie labbra sono già sulle sue gambe.Lei non dice più nulla, m'infila una mano nei capelli e mi carezza.Ha capito, mi conosce, sa come faccio l'amore.Non sa che lo faccio quando ho paura.So di non poterla stupire, ma non mi sembra così terribile.L'assenza di stupore ci rassicura, andiamo incontro a un benessere equamente distribuito.E' un adagio il nostro, preciso come il ticchettio della sveglia sulla cassettiera.I corpi sono caldi, i sessi pulsano miti, muscoli bene educati.Ma in questa partitura, amore mio, c'è qualcosa di stecchito, lo penso mentre i tuoi capelli mi entrano in bocca, e ti stringo forte perchè stanotte ho paura.Raggiungiamo il piacere a occhi serrati, raccolti dentro i nostri sessi come bambini in punizione.Dopo, tua madre si alza perchè ha sete.Attraversa il buio della stanza, sento che scende in cucina.Penso al suo corpo nudo appena illuminato dalla lucetta del frigorifero, e mi chiedo se mi ama ancora.Poi torna con una cocacola in mano."Ne vuoi un goccio?"Si arrampica sul davanzale della finestra e va a bere lì mentre guarda fuori.Ora c'è lei al di qua delle foglie scure della palma, lei con la schiena appoggiata al muro e le gambe leggermente piegate.Il suo corpo nudo contro la notte, contro i miei fantasmi.E' più in alto di me, è ferma e lucente come una statua di bronzo.E quel pensiero mi raggiunge come l'unico che esista."Facciamo un figlio."L'ho colta di sorpresa.Sorride, sbuffa dal naso, alza le sopracciglia, si gratta una gamba, una sequenza di piccole manifestazioni di disagio."Fatti togliere la spirale.""Stai scherzando?""No."E sento che vorrebbe non aver capito.Siamo marito e moglie da dodici anni, e non abbiamo mai sentito il bisogno di qualcosa che si aggiungesse a noi.