Non ti muovere

Post N° 58


Tua madre è tornata in città.Non c'è più traccia del mio bivacco solitario, il tavolino dove posavo le gambe quando leggevo è di nuovo al suo posto, lontano dalla mia poltrona, al centro del tappeto, nel cerchio dei divani.Su quel basso tavolino di legno a intarsi sono posati i bicchieri dal gambo rosato, una ciotola di cruditès e una terrina di prugne avvolte nel bacon.Elsa ha invitato i nostri amici a cena.Ho operato fino a tardi con molti disguidi, diverse assenze in camera operatoria, perchè da settembre sono ricominciati gli scioperi.Ho buttato le chiavi nella ciotola di ebano all'ingresso e ho sentito le voci che provenivano dal soggiorno.Mi sono infilato nel bagno di servizio e mi sono sciacquato il viso prima di andare di là.Ciao, ciao, ciao.Pacche sulle spalle, baci.Zaffate di profumo, ciocche di capelli, aliti di vino e sigarette.Sono appoggiato alla libreria, Manlio è davanti a me.Parla, di tutto.Di barche, di Martine che è di nuovo in clinica per disintossicarsi, di una sutura addominale liscia come un culo che poi si è infettata, ha fatto lo scalino.Ha un sigaro in mano, e quella mano è troppo vicina al mio viso."E tu come stai?""Il sigaro, Manlio...""Ah, si, scusa" e allontana un poco il braccio."Ti devo parlare."Mi guarda, butta fuori uno sboffo puzzolente: "Hai una faccia da zombie, che hai fatto?""E' arrivata la pasta."A tavola non ascolto nessuno, mangio, guardo il piatto e affondo la forchetta, bevo un bicchiere di vino, poi mi allungo verso la zuppiera e mi servo di nuovo.Ho una fame da zotico.La tavola brulica di rumori, di voci.Un rigatone è caduto sulla tovaglia, lo raccolgo con la mano.Tua madre mi guarda.Ha una maglietta verde marezzata di venature trasparenti, ai lobi due piccoli smeraldi.I capelli raccolti, e una sola ciocca libera che le spiove sul viso, è bellissima.Penso alla ragazza scalza dentro la vetrina, e Italia che dice: quest'anno va di moda il verde."Il dolce non lo vuoi?"Mi sono alzato da tavola: "Scusatemi, devo fare una telefonata."Vado in camera e compongo il numero, il telefono suona a vuoto.Mi distendo sul letto.Elsa entra."Chi stai chiamando?""Nessuno, è occupato."Si è infilata nel nostro bagno e adesso sta facendo pipì, nello specchio dell'armadio la vedo riflessa, la gonna sollevata sulle natiche."Un paziente?""Già."Tira la catena, spegne la luce e esce dal bagno."Un cancro 'importante'?" sorride.Non è facile vivere con un uomo che fa un lavoro così triste, ha finito per l'accettare il mio gergo, per riderci su.Sorrido in risposta."Almeno togli le scarpe dal letto" ed esce dalla stanza."Pronto?""Dov'eri?""Qui.""Ho provato tanto.""Forse non ho sentito."Ha il fiatone e un frastuono che le rimbomba intorno."Cos'è?""L'aspirapolvere, aspetta che spengo."Si allontana e torna nel silenzio."Ma che fai, pulisci a quest'ora?""Mi scarica.""Volevo mandarti un bacio."