Quel pomeriggio la condussi nei miei luoghi, Angela.In quel quartiere dignitoso di operai e piccoli impiegati, che ai tempi della mia infanzia era decentrato, ma oggi, che la città si è enormemente allargata, è diventato quasi centrale, vi sono cinema, ristoranti, un teatro, e un'infinità di uffici.Entrammo in quel parco, che da piccolo mi sembrava immenso, e invece è di dimensioni ristrette, maltenuto e soffocato dai palazzi.Sembra uno scampolo di lana vecchia spersa tra rotoli di gessato.Cercai il punto esatto dove mia madre si fermava, sotto un albero, mentre io giocavo.Si portava una coperta, la stendeva sull'erba e si sedeva lì sopra.Credetti di riconoscere l'albero e così ci sedemmo.Italia guardava davanti a sè, un uomo con un cane passava."Com'eri da piccolo?""Così, sempre un pò scocciato.""Perchè?""Ero grasso e pauroso, e sudavo...Forse ero scocciato perchè sudavo, sudavo perchè ero grasso e avevo paura di farmi male.""E poi?""Poi sono cresciuto, sono diventato magro, non ho sudato più. Però sono sempre un pò scocciato, è il mio carattere.""A me non sembri così.""Si, che lo sono. E' che sono molto bugiardo."La gradinata della scuola.Sono passati trent'anni ma è ancora lì, tale e quale.C'è ancora la striscia di cortile circondato dall'inferriata nera, e persino il colore dell'intonaco è rimasto identico, lo stesso giallino.Il giorno se ne stava andando, la luce si dirada, ma resiste per noi due che da un bel pezzo siamo allo scoperto, e ci vediamo ancora, più cupi i colori degli abiti e quello delle mani intrecciate.Volevo parlare, e invece sto zitto, incavernato nei ricordi.Siamo seduti su un gradino di marmo, in cima, la schiena contro l'inferriata.Da questa posizione in gruppo con gli amici ho visto tante mattine, ma nessun imbrunire.E mentre tutto si oblitera sento che la vita è soave anche se sta passando.L'importante è che rimanga una scuola, un cancello dove posare la schiena.Un luogo che ci ha visti ragazzi e ci riprenda da adulti, un giorno feriale, per caso.E adesso sapevo che non ero cambiato, che ero sempre lo stesso, e che forse non si cambia, Angela, semplicemente ci si adatta."Andavi bene a scuola?"Si, purtroppo.""Perchè purtroppo?"Purtroppo perchè ti ho stuprata, purtroppo perchè non ho pianto quando è morto mio padre, purtroppo perchè non ho amato nessuno, purtroppo, Italia, Timoteo ha avuto paura della vita.Camminiamo e io ho la testa in un strano limbo, dove i ricordi sono sfocati e si mischiano al presente.Mi stringo Italia e ce ne andiamo un pò sciancati per le vie come due innamorati in una città straniera, perchè stanotte mi è sconosciuta questa parte di città che mi ha veduto bambino.La gente passa, ci sfiora.Non sanno come siamo innamorati.Non sa che lei è incinta.E mi ritrovo per caso sotto quello che era il mio palazzo.Siamo sbucati da una stradina in discesa, c'è un forno all'angolo da dove proviene un buon odore di pizza, ho pensato che ne avremmo mangiato uno spicchio, ed eccomi sotto la mia casa.
Post N° 63
Quel pomeriggio la condussi nei miei luoghi, Angela.In quel quartiere dignitoso di operai e piccoli impiegati, che ai tempi della mia infanzia era decentrato, ma oggi, che la città si è enormemente allargata, è diventato quasi centrale, vi sono cinema, ristoranti, un teatro, e un'infinità di uffici.Entrammo in quel parco, che da piccolo mi sembrava immenso, e invece è di dimensioni ristrette, maltenuto e soffocato dai palazzi.Sembra uno scampolo di lana vecchia spersa tra rotoli di gessato.Cercai il punto esatto dove mia madre si fermava, sotto un albero, mentre io giocavo.Si portava una coperta, la stendeva sull'erba e si sedeva lì sopra.Credetti di riconoscere l'albero e così ci sedemmo.Italia guardava davanti a sè, un uomo con un cane passava."Com'eri da piccolo?""Così, sempre un pò scocciato.""Perchè?""Ero grasso e pauroso, e sudavo...Forse ero scocciato perchè sudavo, sudavo perchè ero grasso e avevo paura di farmi male.""E poi?""Poi sono cresciuto, sono diventato magro, non ho sudato più. Però sono sempre un pò scocciato, è il mio carattere.""A me non sembri così.""Si, che lo sono. E' che sono molto bugiardo."La gradinata della scuola.Sono passati trent'anni ma è ancora lì, tale e quale.C'è ancora la striscia di cortile circondato dall'inferriata nera, e persino il colore dell'intonaco è rimasto identico, lo stesso giallino.Il giorno se ne stava andando, la luce si dirada, ma resiste per noi due che da un bel pezzo siamo allo scoperto, e ci vediamo ancora, più cupi i colori degli abiti e quello delle mani intrecciate.Volevo parlare, e invece sto zitto, incavernato nei ricordi.Siamo seduti su un gradino di marmo, in cima, la schiena contro l'inferriata.Da questa posizione in gruppo con gli amici ho visto tante mattine, ma nessun imbrunire.E mentre tutto si oblitera sento che la vita è soave anche se sta passando.L'importante è che rimanga una scuola, un cancello dove posare la schiena.Un luogo che ci ha visti ragazzi e ci riprenda da adulti, un giorno feriale, per caso.E adesso sapevo che non ero cambiato, che ero sempre lo stesso, e che forse non si cambia, Angela, semplicemente ci si adatta."Andavi bene a scuola?"Si, purtroppo.""Perchè purtroppo?"Purtroppo perchè ti ho stuprata, purtroppo perchè non ho pianto quando è morto mio padre, purtroppo perchè non ho amato nessuno, purtroppo, Italia, Timoteo ha avuto paura della vita.Camminiamo e io ho la testa in un strano limbo, dove i ricordi sono sfocati e si mischiano al presente.Mi stringo Italia e ce ne andiamo un pò sciancati per le vie come due innamorati in una città straniera, perchè stanotte mi è sconosciuta questa parte di città che mi ha veduto bambino.La gente passa, ci sfiora.Non sanno come siamo innamorati.Non sa che lei è incinta.E mi ritrovo per caso sotto quello che era il mio palazzo.Siamo sbucati da una stradina in discesa, c'è un forno all'angolo da dove proviene un buon odore di pizza, ho pensato che ne avremmo mangiato uno spicchio, ed eccomi sotto la mia casa.