Una prostituta su due «lavora» in casa, a Torino, e di queste ottanta su cento sono straniere. Aumentano le inserzioni sui siti, sui giornali, addirittura sui bigliettini che propagandano l’apertura di nuovi para-centri estetici. Magistratura e forze dell’ordine (polizia e vigili urbani) indagano anche alla luce del moltiplicarsi di esposti da parte di residenti, condomini e amministratori di stabili per l’andirivieni di «clienti», contro rischi, degrado e rumore. Ieri, presso il Gruppo Abele, si è svolto un seminario di approfondimento sul fenomeno della prostituzione al chiuso. Le associazioni sociali si sono interrogate su come entrare in contatto con le vittime-protagoniste di quello che viene definito il mestiere più antico del mondo: un compito arduo perché, a differenza di quanto avviene per strada, spesso si tratta di ragazze e donne consenzienti che vendono prestazioni sessuali senza imposizioni. Un dibattito avviato con molti operatori, provenienti da Lombardia, Veneto, Emilia, Toscana e Campania, che si concluderà con una serie di statistiche e alcune ipotesi di confronto. Intanto dagli interventi degli addetti ai lavori è emersa una prima radiografia: le «case chiuse» rappresentano il 50 per cento del mercato del sesso; le «professioniste» straniere provengono in particolare dal Brasile, dalla Colombia, dalla Cina e dai Paesi dell’Est europeo, e si prostituiscono in alloggi privati. Le italiane sono invece più presenti nei centri dove si dovrebbero svolgere attività di estetica e di massaggi professionali. Fonte: La Stampa