UNA VITA DA SCRIVERE

THE TREE OF LIFE: Un film da percepire


   Un film che, come pochi altri, riesce a colpire  senza pretendere di essere capito.  Prima di vederlo bisogna accendere l’emisfero cerebrale destro,  disattivare completamente ogni recettore razionale perché si rischierebbe di fallire. Affidarsi completamente alle immagini e al loro impatto sensoriale. Il film inizia a raccontare la storia di una tipica famiglia americana degli anni 50 e si ferma quasi subito, dopo aver enunciato il tema principale, la morte di uno dei figli.  Dopodichè è una lunga serie di riflessioni sulla vita e sui suoi perché, sull’esistenza, su Dio,  se è buono o cattivo, fulminanti immagini dello spermatozoo che feconda l’ovulo, alternate a brevi flash cosmogonici:  il big ben dell’universo, la nascita delle galassie, l’attività solare, l’acqua come  culla di vita, la furia dei venti,  in un equilibrio sempre  costante dei quattro elementi . A volte si ha il dubbio di vedere due film intrecciati fra di loro, come se ci fosse una continua risonanza tra macro e micro cosmo, come se la nascita dell’essere più piccolo alludesse alla formazione del grandioso. Infatti ci sono continue inquadrature su formiche o rane o insetti,  in contrasto con pianeti giganti o soli. Pedestremente, ho anche pensato che in fondo il regista abbia risparmiato sui mezzi -  pur con un nobilissimo fine - utilizzando immagini di repertorio. Vedendo questo film  ho avuto l’impressione di rinascere (non sarà un caso che è stato presentato a Cannes proprio il 27 maggio, giorno del mio compleanno? Eh, eh, eh! Delirio egocentrico, lo so!). Il regista, Terrence Malick è alla sua quinta opera, e ha superato i sessanta. Non ha avuto fretta di creare (e qui, personalmente, mi riconsolo, c’è sempre tempo per  portare a termine l’opera del secolo, basta solo saper aspettare l’ispirazione giusta). Un film del genere si può concepire  solo in età matura,  in un’età di bilanci, quando ogni depressione derivante da eventuali fallimenti si è oramai superata. Un’opera  intimamente religiosa, con pochi ed essenziali dialoghi, qualche frase che affonda come bisturi. Una su tutte, sul finire del film: “La vita di chi non ama abbastanza sembra più corta delle altre”.