UNA VITA DA SCRIVERE

NOI POVERI SIAMO TANTI COME LE SARDINE E I GRANELLI DI SABBIA


(Riflessione amara sul  debito che ricade sempre sui poveri) Non si accetta il fatto che sono sempre i molti poveri a pagare – diventando sempre più poveri - e i pochi ricchi in qualche modo la sfangano – diventando  bastardamente sempre più  ricchi.                Del resto, pensiamo a cosa accade in natura, dove regnano le solite leggi crudeli. L’uomo sta alla natura come i governanti stanno all’uomo.  Il primo paragone che mi viene in mente sono quelle gustosissime polpette  fatte con gli avannotti:  si prendono molti di quei pesciolini neonati, comunissimi nei nostri mari,  e si impastano con la farina. Nessuno si sognerebbe mai di  impastare polpette con le ostriche, più rare e più difficili da cucinare. Oppure l’uva:  quelle facili da reperire, ad esempio, l’uva con cui si fa il Sangiovese, vino a buon mercato, mentre invece lo Sciacchetrà, un pregiatissimo vino ligure (che sarà ahimè sempre più caro, visti i recenti disastri alluvionali), si ricava dalle poche uve faticosamente coltivate su quelle acrobatiche terrazze a precipizio sul mare che ammiriamo costeggiando le magnifiche Cinque Terre.     Insomma, dall’abbondanza  a buon mercato si riesce sempre a ricavare il massimo e purtroppo, dal  rarefatto pregiato, anche se si raschia il fondo del barile, si  ricava comunque poco.  Dalla povera e miserrima moltitudine si munge sempre il massimo.  Triste legge ma purtroppo veritiera. Non c’è rassegnazione in questo, lungi da me! Solo una  semplice  riflessione su quanto la società organizzata alla fine ripercorra le stesse ingiustizie della natura.