UNA VITA DA SCRIVERE

IN COMPAGNIA DA SOLI, SOLI TRA GLI ALTRI


 Non è uno stato oggettivo. Si può stare in compagnia dei propri pensieri, le grida dei bambini per strada possono essere una compagnia. La tv accesa è una compagnia, il cane o il gatto lo possono essere. Basta sintonizzarsi con l’esistenza degli altri.         Si può star soli in mezzo agli altri e nessuno in grado di penetrare il nostro stato. Possiamo non passare un minuto in un giorno senza la presenza fisica degli altri e vedere gli altri come dietro a un vetro dello spessore di dieci centimetri. Non sentire voci, non avvertire pensieri. Vederli ondeggiare attraverso uno schermo piatto, remoti, lontani, un’altra dimensione. Poi, di colpo, se cambiamo prospettiva e ci lasciamo trapassare dalla loro realtà, accade come quando ci si levano i tappi dalle orecchie:suoni roboanti e colori violenti ci aggrediscono e vediamo di nuovo scorrere la vita davanti ai nostri occhi.         E’ tutto subordinato alla nostra volontà. Basta volerlo e abbiamo sotto i nostri occhi la realtà che vogliamo.          Paradossale?         In questo mondo recepito dalle impressioni, mediato dagli stati d’animo attraverso il filtro dei sensi, cosa ci può essere di vero e di oggettivo, se persino la presenza degli altri, concreta o meno, diventa un optional?