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Ormai è passato qualche giorno dall'esecuzione del dittatore Iracheno.
Visto tutto quello che e' avvenuto credo che si possano fare alcune
considerazioni e tirare le somme.
Non voglio entrare nel merito delle motivazioni, della colpevolezza dell'imputato Saddam, della sua responsabilità, dell'uso della pena di morte, della giustizia o della vendetta di un popolo.
Quelle che mi hanno colpito, ancora più negativamente, sono state le modalità con cui è stata eseguita la condanna.
Se il governo iracheno avesse voluto di utilizzare l'esecuzione come punto di svolta, di cesura con il passato, per segnalare il momento del cambiamento, ad ora possiamo dire che questi ipotetici risultati sono stati completamente mancati.
Un processo al limite limite del teatrino, con responsabili che cambiano continuamente.
Il fatto che Saddam sia stato ingiuriato prima, impietosamente filmato
dopo e che adesso, a distanza di giorni, il governo Iracheno stia
ancora cercando di punire i resposabili; tutto questo dicevo, non fa
altro che far sembrare la condanna inflitta, non la giustizia di uno stato sovrano, ma una vendetta tribale.
Una vendetta tribale inferta, per di più, da un governo debole, incapace di controllare la situazione e di gestire i propri stessi uomini.
Comminata cosi' in fretta e furia, per dare un'impressione di forza, ma che finisce invece per svelare tutte le dobolezze che cerca di nascondere.
Sconforto per noi che siamo qua a guardare, un baratro nero per questo sfortunato Iraq.
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