CULTURA E SAPERE

MISTERI NELLA BASILICA DI SAN NICOLA DI BARI


NELLA BASILICA DI SAN NICOLA DI BARI, monumentale reliquiario del corpo di San Nicola, è stata costruita nell’XI secolo subito dopo la spedizione di Myra. L’avvenimento storico, sul quale abbiamo deciso di far finalmente luce, è stato oggetto di alcuni retroscena fino ad oggi non del tutto chiariti. Abbiamo esaminato attentamente la documentazione disponibile dalla quale sono infatti emersi nuovi punti chiave che hanno contribuito non poco alla formulazione di una diversa verità. Abbiamo frugato tra enormi fascicoli ed antichi documenti alla ricerca non solo delle prove ma anche delle motivazioni che hanno spinto i "62 marinai" ad un’impresa che, preparata nell’ombra, è da considerarsi uno tra gli eventi più decisivi per la Storia dell’Occidente. I primi risultati della nostra ricerca, accolti con "cinico" scetticismo, hanno dimostrato invece che della vicenda mancavano alcuni pezzi importanti, appositamente ignorati dai cronisti e dagli storici. Dai dossier analizzati è emerso un fatto nuovo: non si conoscevano tutti i nomi dei carismatici ispiratori della spedizione in terra turca. E’ stato facile dedurre che "qualcuno" avesse voluto opportunamente coprire l’identità di alcuni personaggi influenti che facevano parte del gruppo prescelto per tentare il blitz a Myra. Le nostre conclusioni finali non sono state sgretolate da quanto pubblicato da altri studiosi perché non riguardavano la parte storica, bensì le sensazionali scoperte fatte nel Borgo Antico di Bari. Grazie a ciò è stato possibile ricostruire il complesso intreccio di legami che, per mezzo di una strategia politica pianificata, hanno comprovato l’esistenza di un autorevole Ordine, responsabile di aver tenuto le fila di un piano ben congegnato che ha dato vita, cronologicamente, alla spedizione di Myra ed alla Prima Crociata. In questo misterioso
contesto si inserisce l’affascinante figura di San Nicola, vescovo di Myra, per lungo tempo confuso con un monaco che portava lo stesso nome. Ma cerchiamo di districare la ingarbugliata matassa. Secondo le cronache del tempo il manipolo da inviare in terra turca era formato da 62 uomini, 35 marinai e 27 cavalieri italiani e stranieri. E qui inizia il mistero sulla vera identità di questi nobili. Infatti risulterebbe che a bordo di una delle navi scelte per la spedizione fossero presenti due "pellegrini", un francese ed un greco, giunti da poco da Gerusalemme e fatti salire ad Antiochia con l’incarico di ispezionare tutto il territorio, prima di effettuare lo sbarco a Myra. Hanno preso parte alla ricognizione anche due "benedettini". Lupo e Grimoaldo e due cavalieri, Giovannoccaro e Petrarca Rossimano, tutti e quattro al corrente di scottanti segreti. Il colpo di mano si è svolto senza apparente spargimento di sangue anche se i monaci che presidiavano la tomba del Santo sono stati minacciati di morte da parte di alcuni uomini del drappello. Le reliquie, racchiuse in una cassa di legno, sono state imbarcate con alcune kontos (pergamene) sulla nave di un certo Matteo. Senza dubbio le pergamene rappresentavano le inconfutabili "prove" per gli "ideatori" della spedizione in quanto avrebbero consentito, una volta giunti a Bari, la "interpretazione" di alcuni testi particolari redatti anche da San Nicola che con le "tre sfere" (saggezza, bellezza e forza) simboleggiava l’unione tra la religione celtica e quella cristiana. Finalmente dopo circa 20 giorni le navi sono giunte nel porto di San Giorgio, poco distante da Bari. Era il 9 maggio del 1087. Elia, ottenuta dal Duca Ruggero l’assegnazione dell’area della corte del Catapano dove far sorgere il Tempio, ha iniziato subito i lavori facendo abbattere alcune chiese circostanti, fatta eccezione per quella di San Gregorio. L’8 luglio del 1087 era ormai pronta la superficie dove far sorgere la nuova Basilica. Elia, per la costruzione, si è avvalso della collaborazione di 21 non meglio identificati "muratori", sulla cui identità non "esistono documenti". Tutto ciò non vi sembra strano ? Nel frattempo Oddo di Lagery, salito al soglio
pontificio con il nome di Urbano II, ha eletto come Arcivescovo di Bari lo stesso Abate Elia, presenziando nel 1089 alla consacrazione della cripta della Basilica. Ma la città di Bari doveva essere ancora una volta al centro di un importante avvenimento storico: la Prima Crociata. Con la Prima Crociata è incominciata una specie di caccia al tesoro condotta da personaggi che facevano già parte di Ordini occulti e che, in seguito, sarebbero diventati i custodi del Sapere Universale. All’appello di Pietro l’Eremita hanno risposto alcuni nobili cavalieri che con circa 60.000 uomini ben addestrati hanno conquistato, dopo numerosi e cruenti scontri, la città di Gerusalemme. L’esercito "regolare" è stato guidato da Goffredo di Buglione e da suo fratello Baldovino, dai conti di Blois e di Vermandois, dal duca Roberto di Normandia, da Raimondo di Saint-Gilles, da Tancredi e Boemondo d’Altavilla. Costoro hanno letteralmente sbaragliato le truppe musulmane non dimenticandosi del motivo per il qualeerano partiti per la Terra Santa. Una volta raggiunto lo scopo sono passati alla faseorganizzativa. Goffredo di Buglione, diretto discendente dei Merovingi da parte dei bisnonni Hugues deLong Nez (pronipote di Sigebert VI duca del Rezes) ed Agnés laBelle, subito dopo la conquista di Gerusalemme avvenuta nel 1099, ha fondato l’Ordine dei"Cavalieri di Nostra Signora di Sion" in stretto collegamento con un primo nucleo di Templari. Infatti in una lettera del 2 maggio 1125, oltre al nome del Priore Arnaldus compare anche quello di Hugues de
Payns, Primo Gran Maestro dell’Ordine del Tempio, il quale, in incognito, avrebbe partecipato
alla Prima Crociata. Ma ancora oggi è incerta la suavera identità infatti due storici, F. Campanile e M. Camera, hanno ipotizzato che il suo vero nome fosse Ugo dei Pagani, nativo di Forenza in Basilicata. Questa potrebbe essere una delle prove che attesterebbe l’esistenza dell’Ordine del Tempio prima del 1118 e quindi già operativo in Puglia intorno al 1080. La tradizione vuole che Pietro l’Eremita, istitutore di Goffredo, molto probabilmente non sia giunto da Amiens così come si è sempre creduto ma che abbia fatto parte del gruppo di Orval quale longa manu della stirpe merovingia e che la spedizione in Terra Santa sia stata "abilmente pianificata" senza dare nell’occhio secondo una "strategia politica" ratificata inavvertitamente, come abbiamo già avuto modo di constatare, anche dall’ignara Chiesa. Quindi anche la costruzione della Basilica di San Nicola è rientrata nella logica segreta di questo Ordine occulto che non poteva ancora uscire allo
scoperto. Un ulteriore conferma alle nostre tesi viene fornita da René Grousset, uno dei più grandi esperti delle Crociate. Egli ha avuto la possibilità di consultare alcuni "scottanti" documenti che hanno fatto parte degli archivi segreti del Priorato di Sion.  Dalla loro analisi è emerso che esisteva unas tretta collaborazione fra l’Abate Elia ed il misterioso gruppo dei monaci calabresi di Orval, il che spiegherebbe la distruzione di tutta la documentazione riguardante la costruzione della
Basilica di San Nicola. Elia, morto il 23 maggio del 1105, è stato sepolto all’interno della Chiesa e sul sarcofago che custodisce le sue spoglie è scolpito un bassorilievo che lo raffigura come un"Maestro" (cattedra dell'Abate) che sta insegnando ai suoi "discepoli". La cosa più strana è che compaia, sulla sommità del lastrone, una "croce templare". Inoltre la traduzione dell’epigrafe latina incisa sul sarcofago ci riserva qualche sorpresa: “Molto onore del mondo è qui sepolto in pace. I re sono stati privati di un padre, le leggi di un giudice. O Bari, è venuta a mancare la tua cosa più preziosa. Sei stata vigorosa quando il vescovo Elia era in vita. Ora, quell’inclito padre, che ti ha ben governato e portata alle stelle, è chiuso in questo bel sepolcro. Fu buon patrono nei confronti di tutti, verso le persone note e le ignote, i vicini e i lontani. Lodevole per la bontà, fu pari a Salomone come architetto, Pio nei costumi, era paragonabile al profeta Elia. Costruì questo tempio, facendolo risplendere d’oro. Qui si è addormentato, mentre lo spirito saliva al cielo”.Abbiamo appositamente sottolineato in nero tutte quelle parti che possono contribuire a spiegarci quali siano state le reali motivazioni che hanno spinto Elia a costruire la Basilica secondo un ben congegnato piano. Il riferimento a Salomone non è casuale perché questo Re è stato l’artefice dell’applicazione della geometria sacra
alla costruzione del Tempio nonché l’unificatore delle nuove comunità dei "Maestri costruttori". L’architettura sacra, considerata "l’Eterna Sapienza", non poteva infatti prescindere dalla dimensione invisibile ed infinita che unisce Dio all’uomo. Elia ha, quindi, portato a termine "l’opera" con l’aiuto l’appoggio di numerosi ed occulti personaggi giunti anche da lontano. Il "cubito barese" è stata l’unità di misura adottata per sviluppare l’intero progetto. Se rapportiamo la pianta della Basilica al cubito e, dopo aver misurato la larghezza e la lunghezza del coro, la lunghezza della navata, la lunghezza dei transetti e l’altezza della volta, tracciamo dei segmenti di congiunzione all’interno delle navate stesse, otteniamo la rappresentazione grafica del "Sigillo di Salomone" e "dell’uomo che tende a Dio". Inoltre tracciando al suolo i punti coincidenti con la metà di ogni triangolo equilatero del sigillo salomonico, ricaviamo il cosiddetto "triangolo divino di Platone" dal quale sono state tratte le medie armoniche ed il "tono", con intervallo di seconda, basata sulla nota Re. E’ pertanto facile dedurre che la pianta della Basilica, una volta individuato il "Genius Loci", è stata disegnata in base ad una scala armonica ed alla proiezione a terra dell’esagono stellato secondo lo stesso metodo diffusosi in seguito in Francia ed in altre nazioni per la costruzione delle cattedraligotiche. Ma forse il vero segreto è celato nell’enigmatico"criptogramma"dell’altare d’argento. Nel 1684 il Priore Alessandro
Pallavicini ha dato ordine a Domenico Marinelli, uno dei maggiori argentieri del tempo, di realizzare un nuovo altare con l’argento ricavato dalla fusione di quello donato nel 1319alla Basilica da Uros II, re di Serbia. Ma "misteriosamente" è sparito proprio il fascicolo deidocumenti (agosto 1682 – dicembre 1691) che indicavano il committente dell’opera, la sua esecuzione ed le diverse fasi di fusione dell’altare d’argento. Sospettiamo che la documentazione, in questione, sia stata "sottratta" per non compromettere qualche personaggio o qualche ecclesiastico in contatto con un Ordine del quale forse faceva parte lo stesso Marinelli. Non è un caso, infatti, che l’artista abbia inserito nell’altare delle rappresentazioni iconografiche che si prestano ad una doppia interpretazione. Un esempio chiarificatore ci è fornito dalla portella centrale sulla quale è raffigurato un pellicano mentre nutre i suoi cuccioli. Il pellicano è infatti un noto simbolo esoterico adottato sia dai Templari che dall’Ordine dei Rosa-Croce e può rappresentare sia il compimento della trasformazione alchemica che l’amore universale. Ma quando è stata aggiunta la lastra con la misteriosa scritta ? E perché su di essa non vi è alcuna traccia del"punzone" del Marinelli ? Era infatti consuetudine che il maestro argentiere, una volta terminata l’Opera, lasciasse impressa nell’argento una specie di firma per attestarne l’autenticità. Inoltre risulta che le lettere del criptogramma, insieme al postergale dell’altare, siano state realizzate da una mano diversa da quella del Marinelli. Per risolvere il "giallo" dell’enigmatica scritta nel 1987 i padri domenicani, con la collaborazione della Banca Nazionale del Lavoro, hanno indetto unconcorso nazionale mettendo in palio un premio di 5.000.000 di vecchie lire, da assegnarsi a chi ne avrebbe fornito la soluzione, ma sembrerebbe che nessuno prima di noi sia riuscito nell’impresa. L’enigmatico messaggio, formato da 624 lettere, è inciso su di una lamina rettangolare, cesellata con volute di foglie e fiori. Delle lettere, 561 sono disposte nei lati lunghi di tre righi ciascuno ed intervallati dalla "puntatura ermetica" mentre sui lati minori sono disposte su due colonne di 72 lettere ciascuna in righi di quattro lettere. La nostra ricerca sul criptogramma è iniziata qualche anno prima del summenzionato "concorso". In una prima fase di studio abbiamo applicato un sistema di decifrazione alfanumerico, basato su "stringhe elettroniche" predefinite secondo uno schema di "ottali". Si è così ottenuto una parziale ed incompleta soluzione perché il sistema da noi inizialmente applicato era rapportato a metodologie "moderne" che non seguivano certamente la stessa "logica " che aveva invece spinto il misterioso incisore a realizzare la singolare scritta. La nostra intuizione ha avuto successo perché applicando il "codice aureo" e la Geometria ebraica è stato possibile risalire ai corrispondenti valori numerici che hanno dato luogo ai "significanti guida" ed alla parola "Chalice". Sappiamo bene che qualcuno non condividerà la "soluzione" da noi ottenuta definendola "fervida fantasia" ma ben sappiamo che tutto ciò fa parte del gioco. E ‘risaputo, infatti, che certe prese di posizione originano esclusivamente dalla "inconsapevole ignoranza" di non conoscere purtroppo altre scienze oltre la propria. Quanto segue è, comunque, il risultato della decodifica del criptogramma dell’altare d’argento (non più visibile perché opportunamente "coperto" da un drappo rosso):ARCA TESTA TECTA ACRIPTA INMIRA ETGRADALEA SACEL(LO) IN (IHS)GALVA(NI) SEPULCR(O) cioè la cassa ed il vaso provenienti dalla cripta di Mira ed il Gradale proveniente dal sacello dell’eremo di Galvano (Galgano) sono qui nascosti Alla luce di questo straordinario risultato la nostra indagine si è spostata su altri
obiettivi e non ultimo la cosiddetta “Porta dei Leoni". Essa è posizionata sul lato sinistro dell’ingresso principale della Basilica, per chi guarda e sull’archivolto è rappresentata una scena di battaglia fra Crociati e Saraceni. Nella parte superiore è scolpito un drago al quale seguono specularmene alcuni bassorilievi che si riferiscono ai culti assiro, egiziano e celtico . Il drago simboleggia il "guardiano" posto alla custodia dello scrigno mentre nella lunetta centrale, intenzionalmente distrutta, vi era probabilmente la riproduzione della "pietra fiammeggiante" e vedremo perché. Una lastra di reimpiego è stata appositamente posta sul lato sinistro della "Porta dei Leoni". Tale manufatto è stato smontato da una precedente struttura, forse un recinto presbiteriale, e collocato deliberatamente in quella posizione per indicare un luogo segreto all’interno della Basilica. Infatti in corrispondenza alla "Porta dei Leoni" esiste disegnata sul pavimento una porta speculare a quella esterna. La cosa strana è che lungo il suo perimetro ritroviamo la stessa "breccia corallina" rinvenuta in Castel del Monte. Anche in questo caso si tratta della chiara "indicazione" dell’esistenza di una "cripta secondaria" non scoperta fino ad oggi e la "breccia" sottolineerebbe che per l’appunto nel sottosuolo, ancora inesplorato, potrebbe esserci custodito una "reliquia", ritenuta sacra dalle tre grandi religioni. Infatti se sulla pianta della cripta tracciamo delle proiezioni che uniscono i punti compresi fra la tomba del Santo e le colonne prospicienti ad essa, otteniamo, in sequenza, la stella giudaica, la mezzaluna musulmana e la croce cristiana. Il glifo inciso all’interno di un arco cieco posto a sinistra della "Porta dei Leoni" sembra confermare l’esistenza di cavità nascoste. La sua decodifica "IN Tectae Cryptae" (nelle segretecripte) ci porta a supporre che effettivamente nel sottosuolo della Basilica potrebbero esserci almeno "due cripte", una nota e l’altra ancora sconosciuta. E la decifrazione del critogramma dell’altare d’argento sembra voler sottolineare questa "strana e misteriosa coincidenza" suffragata dalla presenza, nell’abside minore all’interno della Basilica, di una lastra tombale di un "ignoto personaggio" al quale è stato deturpato il volto a martellate per cancellarne l’identità ed eliminati i piedi forse perché alcuni fregi scolpiti all’altezza dei calzari avrebbero potuto far risalire al suo "nobile casato". Ancor più sorprendente è la presenza di un paio di "guanti bianchi", posti quasi all’estremità della tunica come a voler ricordare la sua appartenenza all’Ordine del Tempio. Ma basta alzare lo sguardo in direzione delle arcate trasversali per accorgersi che alcuni "enigmatici volti" sono stati inseriti tra altre sculture. Non sono altro che i "nobili cavalieri" che hanno partecipato alla spedizione di Myra ed alla Prima Crociata. Stando alle fonti documentali le arcate sono state aggiunte nel secolo XIV per porre rimedio a cedimenti strutturali. Ebbene che bisogno c’era di abbellirli con tante facce? Qualcuno
 ha voluto affidare nuovamente alla pietra i messaggi criptici per tramandare scomode verità? E proprio in un rettangolo sottostante la prima arcata troviamo ancora una volta la raffigurazione di uno strano oggetto indicato come la "pupilla di Ra" su alcuni antichi papiri egiziani, sui graffiti di Chinon e su una parete interna della Domus Templare di Sovereto……la pietra "Fiammeggiante”. Che sia questa la miracolosa reliquia, dai sorprendenti poteri, trafugata dai Templari dalla TerraSanta nel corso della Prima Crociata e poi passata nelle mani di Federico II di Svevia.