CULTURA E SAPERE

La Terra Idruntina, Abbazia di San Nicola di Casole


L’Abbazia di Casole narra, nel suo silenzio più profondo, la storia di una terra di frontiera che è stata sempre pronta ad ospitare e coniugare le due opposte culture, dando vita a nuove idee e riflessioni con la magnifica opera dei monaci di San Basilio, istruiti in lettere greche e latine, diffondendo a quanti si cimentarono, la nuova filosofia del pensiero e divenendo il faro della conoscenza e fede tra Roma e Costantinopoli.La loro infaticabile cura permise un trait-d’union nel passaggio della civiltà greca in Occidente e quella Latina in Oriente. La miscidanza di fede, di lingua greca, e scienza permisero ai monaci del cenobio idruntino un pellegrinaggio di pittori,copisti e miniaturisti di tutta Europa diffondendo il loro straordinario sapere che non conosceva rivali in quel periodo storico.
La ricchezza delle loro nozioni si basava sulla conoscenza Greca e Salentina e dominava, senza temere alcun confronto, le altre culture europee,nonostante fosse nata nella tebaide della terra di dimora dei monaci basiliani costruita tra la roccia e la massa di tufo sotterranea.Nel XIII secolo l’Abbazia svolse la funzione di “officina” di cultura divenendo la fonte dell’Umanesimo Greco nel Salento in un clima di valori universali della Grecia classica; era un’accademia di lettere greche e latine nata prima delle università fondate nel Nord Europa. Qui nasceva una nuova visione del connubio tra teologia e filosofia. Tantissimi volumi greci e latini arrivarono alla biblioteca del Casale. Questo contesto vede la nascita della “scuola” dello scriptorium dove i basiliani copiavano i testi classici. Nel periodo in cui il conflitto di fede e politica raggiunse il massimo livello di scontro tra le due religiosità occidentali e orientali, i monaci furono impegnati nello svolgere azioni diplomatiche tra Roma e Bisanzio.La nascita dell’Abbazia di San Nicola del Casole rappresentò il momento più importante nella diffusione della regola del monachesimo basiliano nella Terra del Salento. Alcuni storici ritengono che la loro presenza si imponeva in tutto il continente raggiungendo, tra l’XI e il XIII secolo, il suo massimo splendore così come la loro biblioteca divenne la più ricercata per l’innumerevole mole di testi custoditi.Nel 1071 i Normanni conquistarono l’Italia Meridionale sottomettendo i territori precedentemente posti sotto dominio di Bisanzio, lasciando la città Idruntina come l’ultimo baluardo della grande cultura greca senza mai imporre alcun veto o costrizione agli abitanti del luogo, compreso gli stessi monaci basiliani. La presenza del nuovo impero intensificò la già difficile vicinanza ideologica del credo tra la Chiesa di Roma e la Chiesa Orientale. Nel territorio meridionale la Chiesa Greca non ebbe osteggiamenti da parte dei Normanni, anzi venne sovvenzionata per la costruzione di nuovi monasteri rispettando la loro libertà di fede.Alcuni monasteri divennero il nodo principale per la trascrizione degli antichi testi, come il Casale di S.Nicola e San Mauro di Gallipoli, ove furono rinvenuti i manoscritti di Aristotele. Nel XV secolo con l’emanazione della controriforma della Chiesa di Roma nei confronti del credo Greco la situazione divenne più ostile in quanto vennero bloccati molti finanziamenti costringendo i sacerdoti di rito greco ad intraprendere il credo latino. Tale condizione segnò l’abbandono delle Abbazie Italo-Greche lasciando il posto alla messa in cantiere delle chiese di Roma.Questa forzata controriforma della Chiesa Latina provocò l’estinguersi nel tempo della scrittura greco-salentina ben diversa della lingua accreditata Greca tramandata dal clero.
Il cenobio di San Nicola fu fondato nel 1098-1099 su proponimento di Boemondo I, principe di Taranto e Antiochia, e di sua madre Costanza. Il principe sovvenzionò ai monaci di Casole l’abbazia che fu eretta sulle fondamenta delle casupole (possibile derivazione di Casole) con annesse numerose Grance Metochie e Chiese. Per la ricchezza acquisita nel corso del tempo, i basiliani si trovarono a pagare il tributo più alto presso la Curia Pontificia tanto da svolgere funzioni diplomatiche per conto del papa Bonifacio IX a Costantinopoli congiuntamente alla direzione di molti monasteri sparsi in Italia. La cultura basiliana nel corso della sua capillare diffusione era sotto la protezione di Federico II. Con l’abate Nettario Igumeno nacque il “Circolo Poetico”.Egli era un erudito umanista e grande maestro greco e latino e, grazie ai suoi insegnamenti, nella sua scuola venivano trattati i temi dell’ideologia religiosa in lingua greca garantendo la sua stessa sopravvivenza come lingua letteraria del Salento in un periodo in cui alla corte di Federico II a Palermo l’italiano volgare prevaleva sulle lingue classiche.     Il Circolo Poetico era composto da letterati e poeti religiosi e laici, che divennero la roccaforte dell’Arcidiocesi Idruntina, grazie alla lustre sapienzalità della vicina Abbazia di San Nicola dei monaci basiliani. La cospicua biblioteca italo-greca permetteva a tutti un continuo approfondimento del pensiero filosofico raggiungendo il massimo riconoscimento nella stessa proporzione di Cluny, Fulda, York e Chartres. Lo stesso celebre scrittore dei nostri giorni, Umberto Eco,nel suo libro “Il nome della Rosa”, cita l’Abbazia di San Nicola in molti passaggi. La Terra del Salento divenne un crocevia nella diffusione nell’Alto Medioevo delle lettere greche fino al rinascimento, tutt’oggi ben dimostrabile per la presenza di monasteri greci a Maglie, Soleto, Gallipoli e Nardò. L’Arcidiocesi di Otranto, in quel periodo, dipendeva dal Patriarca di Costantinopoli, sede metropolita ottenuta nel X secolo da Niceforo II Foca.Il corretto funzionamento del Casole prevedeva l’assoluta obbedienza alla Regola Monastica di San Basilio Magno (già citata in precedenza) articolata fra preghiera-studio e insegnamento. I monaci basiliani erano organizzati tramite dei coordinatori: gli ieromonaci (sacerdoti) che celebravano le funzioni religiose e custodivano gli oggetti sacri; la biblioteca invece dipendeva dal monaco bibliofilace. Nel corso dell’intensa giornata i monaci si dedicavano alla copiatura dei codici che veniva eseguita dal protocalligrafo, invece il cellario era il responsabile della mensa e del magazzino il tutto era controllato dall’igumeno che rappresentava la funzione più alta del monastero, al quale tutti gli dovevano obbedienza e osservanza. L’impulso vigoroso dettato dai monaci basiliani mirava nel far intendere che la letteratura e l’approfondimento delle opere pie, come la preghiera, dovevano essere le fondamenta del perfezionamento spirituale. Lo scriptum e la dovizia dei testi rappresentavano un circuito chiuso attraverso cui i protocalligrafi creavano le basi per la liturgia e la lettura privata. La funzione dell’Igumeno comprendeva anche quella di indirizzare le copiature dei tomi più rari trascrivendo e parafrasando i testi dell’antica sapienza. A Nardò venivano redatti i libri destinati all’istruzione primaria nell’abbazie di San Mauro a Gallipoli e della Madonna dell’Alto senza approfondimento culturale e dottrinario, obiettivo dell’Abbazia di Otranto. Entrambe le Abbazie di Gallipoli e Nardò dipendevano dallo Scriptorium di Casole, dove come riportano le fonti storiche, già nell’anno 1000 venivano trascritte le opere di Omero, Esiodo, Aristofane. L’incessante attività propulgativa dell’Abbazia nel campo della cultura greco-salentina rappresentava ciò che oggi noi chiamiamo Università. Nelle sue mura, ora ridotte ad un rudere, custodivano la “fortezza del sapere” per le secolari tradizioni della storia e rappresentavano un luogo di discussione per Greci, Ebrei e Latini dando vita ad una sede dove gli ospiti ritrovavano la loro dimensione culturale. Nel corso del 1160, l’igumeno Niceta fece costruire la prima “Casa dello Studente” del mondo Occidentale che rappresentò un forte richiamo per quanti vollero perfezionarsi negli studi classici. Mentre nel resto dell’Italia medioevale la letteratura greca andava eclissandosi per opera dell’egemonia religiosa, nella terra idruntina invece fioriva nel suo maggiore splendore. Lo scriptorium basiliano si occupava anche della traduzione dei codici latini in lingua greca con successivo invio in Oriente:tra questi vanno annoverati il De Trinitate di S.Agostino e i Prologhi di San Gregorio Magno. In questo periodo emerge la figura di Marco, Vescovo di Otranto, monaco ed economo della Chiesa di Costantinopoli, chiamato “il sapientissimo” per la sua erudizione sacra. Pochi anni dopo, gli fu conferito il titolo di Arcivescovo sia per rendere più stretti i rapporti con
Bisanzio sia per la terra salentina, che ecclesiasticamente meritava il maggiore prestigio sugli altri centri bizantini del meridione. L’autorità dell’Igumeno del cenobio di S.Nicola si estendeva su molti Colegerati di Terra d’Otranto e su quelli di Policastro, di Turlazzo, di Vaste, di Melendugno, di Alessano, di Castro e di Minervino. Da questi luoghi provenivano gli studiosi per ricopiare i codici e serbarli dalla dispersione (nell’Hypotyposis Casulana erano indicate le norme dell’attività dello Scriptorium Manasticum per la conservazione e copiatura dei testi). Tra il X e l’XI secolo Otranto partecipò al fiorente splendore di Bisanzio respirando le libertà locali,e nel cenobio di San Nicola sorse la splendida scuola pittorica greco-bizantina con Teofilotto,Pantaleone e Bizmano, i quali possedevano la prospettiva in cui le Madonne venivano raffigurate simili a quelle che avrebbe dipinto il famoso Cimabue.Questa nuova concezione artistica fu l’anello di congiunzione fra l’arte bizantina e l’altra giunta dalla laguna Veneta. In quella roccaforte della Abbazia del Casole nacque l’Umanesimo Salentino che precedette di circa trecento anni l’Umanesimo Italiano.«L'umanesimo è la convinzione che l'uomo possa vivere bene senza credenze religiose e superstiziose. La ricerca di senso la troviamo usando la ragione, l'esperienza e i valori umani condivisi. Cerchiamo di vivere nel modo migliore possibile l'unica vita che abbiamo dando un senso e una prospettiva alle cose che facciamo. Ci assumiamo la responsabilità delle nostre azioni e lavoriamo con gli altri per il bene comune» (Definizione della British Humanist Association)Tra le ricchezze delle strutture architettoniche di Otranto, unitamente a quelle presenti nell’intero Salento, emergono i rilievi dell’arte di Bisanzio con le sue cripte di San Giovanni e San Michele della città idruntina, scavate nel sabbioso calcareo,presentano l’identica geometria dell’antica basilica di Bisanzio con tre absidi sul fondo. Dunque si può dedurre, con fondata certezza, che tra la città idruntina e la Grecia, metaforicamente, si costruì un ponte culturale e artistico. Il sincretismo di questa civiltà è rappresentato dal cenobio di San Nicola Casole, l’Edicola di San
Pietro e il Mosaico della Cattedrale di Otranto. San Nicola di Casole, pur conservando rito e moneta greca, sotto la dominazione Angioina, il Michalatus, moneta dell’Imperatore Michele VIII il Paleologo (1261-1281). La Chiesa del Monastero il 19 novembre del 1267, fu consacrata dal Cardinale Pandolfo e non dall’Abate, chiara espressione della dominanza della Chiesa di Roma su Casole. (La consacrazione si spiega con il fatto che i monaci non avevano rispettato la volontà dei pontefici che ripetutamente avevano scomunicato Federico II e suo figlio Manfredi; di conseguenza i pontefici avevano interdetto al culto le Chiese dei territori ai, loro fedeli tra le quali Casole. Manfredi morì nel 1266 e quindi dopo la sua morte Casole ritornò a Roma e venne riconsacrata. Con Manfredi ha termine la dinastia sveva). Molti dei tesori dispersi fra le biblioteche d’Europa sono l’unica deposizione del sapere dei Basiliani, in attesa che vengano rispolverati dalla polvere plurisecolare si mantiene a tutt’oggi nascosta una pagina di storia della civiltà bizantina in terra idruntina. Fra i tomi occorre evidenziare il Phisiologus a cui si sarebbe inspirato il monaco Pantaleone per incasellare il mosaico della Cattedrale della città. I monaci basiliani italo-grechi, di rito e cultura greca, nella Apulia meridionale diffusero molti componimenti poetici,scritti in lingua greca identici nel valore letterario volgare, al massimo componimento della letteratura italiana di Dante nei decenni successivi. Il monarca Federico II, di padre tedesco e madre normanna, si circondò di dotti arabi e greci nella Reggia di Palermo divenendo il primo regnante colto ed illuminato dell’antico medioevo. I dominatori Normanni parlavano volgare, arabo, slavo e albanese ed assistevano alle cerimonie religiose celebrate dai basiliani in lingua greca. Un gruppo di poeti in lingua greca si formò sotto la guida dell’Igumeno Nettario, e con i loro scritti tra il sacro e il profano fecero emergere una nuova corrente letteraria. Dall’analisi accurata dei loro testi, i critici confermarono il loro forte sostegno al potere imperiale nella lotta contro il papato congiuntamente a Federico II.Inoltre curavano la praticità terrena dei problemi che affliggeva l’umanità incoraggiando un graduale allontanamento dalla letteratura religiosa medioevale, ponendo le basi per la nascita dell’Umanesimo Greco-Cristiano. I celebri poeti che componevano il “Circolo Poetico del Casole” erano quattro: due religiosi e due laici. Uno era Giovanni Grasso, notaio imperiale, che il 10 dicembre del 1250 trascrisse il testamento di Federico II e fu, con molta probabilità, il latore delle missive in lingua greca inviate, per volontà del monarca, alla corte di Bisanzio. Il figlio di Giovanni Grasso fu Nicola D’Otranto, anch’egli poeta come lo stesso Giorgio da Gallipoli, il più celebre esponente della scuola greca del Salento. La poesia era ricca di spiritualità bizantina ed erudita, cioè intrecciata a favole antiche legate alla vita della chiesa. Su questi caratteri si istituirono i temi legati al Cristianesimo ed alla vita dei santi; per questo il circolo otrantino visse un suo Umanesimo e preluse al Rinascimento italiano. Gli scrittori del monastero di Casole formarono un gruppo compatto di amici, strettamente legati alle tradizioni storico, politiche e culturali del luogo e del tempo. Alcuni componimenti rivolti contro Parma che era ribelle a Federico II; altri contenenti preghiere ai Santi e alla Vergine;altri meditazioni bibliche; altri ricordi di amici; altri ancora contenenti un’ appello di Roma all'Imperatore affinché restituisca l'antico dominio. Quella di Otranto è certamente la più antica, e risente più delle altre dell'ambiente religioso, ecclesiastico e politico del tempo: la scuola si rivela filo-bizantina e filo-sveva (è il tempo dei principi svevi in Italia Federico I, Enrico IV, Federico II). La scuola idruntina ha come cultura il bizantinismo, ma anche il ghibellinismo. Il ghibellinismo si spiega con il fatto che i poeti italo-greci avevano una concezione politica bizantina che si basava sul concetto dell'impero assoluto.   CONTINUA