CULTURA E SAPERE

Il mistero della tomba di San Francesco


"L'aver stabilito che il saio di Cortona ha le misure, la lunghezza e l’ampiezza delle spalle di frate Elia significa ribadire la vicinanza del frate al santo di Assisi e dare fondamento al racconto sulla morte di San Francesco di Tommaso da Celano".Le moderne tecniche scientifiche hanno infatti contribuito a confermare la fedeltà del santo alla povertà evangelica, tenendo a ribadire, alla luce delle conclusioni dell’indagine, alcune circostanze che confermano la natura dei rapporti tra questi due uomini, uno portato nelle più alte sfere celestiali, l’altro cacciato negli inferi.Vale la pena riprendere le conclusioni di questo studio:a) il vero cuscino che la fedele amica di Francesco, frà Iacopa di Settesoli, pose sotto la testa del frate morente, non era quello di fine broccato adorno di splendidi ricami che si può ammirare nella Chiesa di Cortona, ma il suo interno, che risale proprio all'epoca della morte di Francesco, di tessuto grezzo, in onore di sorella povertà;b) l'Evangeliario di Cortona è ritenuto risalente all'epoca di Francesco, come quello custodito ad Assisi;c) il Saio, della stessa foggia, colore e tessuto di quello indossato dai contadini dell'Italia centrale dell'epoca, abito umile e disprezzato che San Francesco volle confezionato a forma di croce semplice, è, ancora una volta, testimonianza della "regola", insieme alla semplice cintura che i contadini usavano per portare la spada, che nella versione francescana unisce anche "tre nodi";d) lo studio sull'autenticità del saio prova la veridicità del racconto che Tommaso da Celano fa della morte di San Francesco, in cui precisa che "Francesco voleva morire nudo sulla terra nuda, ma frate Elia lo convinse ad indossare "la sua tonaca" che potrebbe proprio essere quella conservata a Cortona. Con il dire che era solo un prestito, insomma assicurandogli che non gli apparteneva, frate Elia rassicurò il Santo che non sarebbe venuto meno al suo voto di povertà. La vita di San Francesco è stata raccontata sempre in modo agiografico e antistorico, mostrando soprattutto il lato più spirituale e mistico della Sua ricerca interiore, conclusasi a la Verna, con le stimmate, primo Santo nella storia a vivere questa esperienza, Stimmate ricevute, secondo la leggenda sulla roccia in cui fu tentato dal Diavolo. La parentesi umana di Francesco è, in effetti, molto più articolata e complessa, ed è stata diversamente proposta nelle varie fonti che si susseguirono dopo il 1228, anno di canonizzazione da parte di Gregorio IX, e anche dalla stesura della prima biografia ufficiale del Santo, direttamente commissionata dal Papa a frà Tommaso da Celano, che fu, a propria volta, frate francescano: prese infatti l'abito alla Porziuncola nel 1215, l'anno del famoso Capitolo delle stuoie, e visse, almeno per un certo periodo, in intimità con San Francesco, il che lo rende testimone credibilissimo a pena di falsità intenzionale. Importantissima fonte francescana, frà Tommaso scrisse (sempre in latino) la Vita Seconda nel 1246-1247, quindi una terza biografia, e infine il Trattato dei miracoli attribuiti dalla tradizione a San Francesco, anche se lascia invero non poco perplessi la rielaborazione fatta da Celano "per tre volte" della vita di San Francesco e la decisione, assunta col Capitolo di Parigi del 1266, con la quale venne imposta la totale distruzione delle biografie scritte precedentemente a quella di Bonaventura. L’Ordine, in un periodo in cui proliferavano molte sette, si era talmente diviso su come interpretare la regola di San Francesco che ad alcuni frati sembrava così difficile tenere ancora unito il movimento come era stato impostato da Francesco ed Elia. Bonaventura, d’accordo con alcuni frati, prese la tremenda decisione di distruggere tutte le biografie e tutte le immagini che raffigurano il Beato, riscrivendo nel 1266 un nuova versione agiografica e di pura fantasia, che mostra un Francesco completamente diverso da quello realmente visssuto. A quarant'anni dalla Sua morte, l’Ordine dei frati minori era diventato importantissimo, contando migliaia di adepti e, secondo la corrente che faceva capo a Bonaventura, sarebbe stato troppo imbarazzante continuare a parlare di un fondatore che non si presentava con la faccia del santo, ma con quella di un laico votato alla povertà, che si era battutto per la giustizia sociale e per la pace tra la comunità cristiana e quella musulmana, restando un anno alla corte di un acerrimo nemico. Questi rapporti di amicizia e di fratellanza reciproca andavano fatti dimenticare e fatti passare assolutamente "sotto silenzio", non certo quello interiore, che tanto legava Francesco al suo tanto amato "frà Silenzio". Venne così tutto cancellato e ai frati, che avevano conosciuto personalmente Francesco e che a coppia giravano per le città, venne chiesto di cambiare la storia raccontata nella 1° versione da Tommaso da Celano e di proporre un' altra versione gradita e consona a un bambino, novello Messia, nato "Santo" da "madre Santa" e padre, come Giuseppe, buonissimo e misericordioso, ma purtroppo senza alcuna aureola. Ci si comportò esattamente come con frate Elia arrivando a eliminare le immagini del Santo, anche se non si riuscì a distruggerle tutte, perché alcune erano miracolose e custodite gelosamente da coloro che le possedevano o le avevano in custodia, come questa immagine, la più antica, dipinta da un anonimo pittore di Sibiaco intorno al 1222. Questa decisione fu una vera iattura, perchè stravolse completamente la natura umana di Francesco, spirito laico e libero. Avvenne, esattamente come altre volte nella storia della chiesa, una distruzione capillare di migliaia e migliaia di manoscritti. Per moltissimi secoli San Francesco è restato solo quello di Bonaventura come raffigurato da Giotto sugli affreschi di Assisi. Solo il ritrovamento all’inizio del secolo, in un unico manoscritto, delle tre biografie di Tommaso da Celano scomparse per secoli, ha reso possibile "rivedere" il vero Francesco e fare i debiti confronti tra "verità" e "leggenda". Per comprendere i motivi di una decisione così drastica, forse va un attimo riesaminata la figura di Bonaventura e le posizioni assunte in quel particolare periodo storico, che vide lo scontro tra Spiritualisti e Conventuali. Bonaventura nacque nel 1217 e, secondo una versione molto agiografica che si limita stranamente a citare l'opera somma da lui elaborata se non per riferire di un improbabile miracolo, nel 1226, anno della morte di Francesco, lo stesso Bonaventura sarebbe stato miracolosamente guarito dal Beato, come egli stesso riferirà nella "Leggenda minor" (VII: FF 1392). «Io stesso, che ho descritto i fatti precedenti, ne feci l'esperienza diretta nella mia persona. Ancora fanciullo ero gravemente infermo; bastò che mia madre facesse un voto per me al nostro beato Padre Francesco e fui strappato alle fauci della morte e restituito, sano e salvo, alla vita». Bonaventura - seguendo la stessa fonte - dopo aver compiuto i primi studi nella città nativa, passò all'università di Parigi (ca. 1236-1238) per lo studio della filosofia, laureandosi in Arti nel 1242-1243. A 25 anni abbracciò l'Ordine Francescano, cambiando il nome di battesimo, Giovanni, con quello di Bonaventura. Nel febbraio del 1257 fu eletto, a soli 40 anni, ministro generale dell'Ordine, carica che conserverà fino all'anno 1274, anno della sua morte, dando "saggio mirabile di sapienza, prudenza, spiccato equilibrio, tanto propizio in un momento difficile di assestamento dell'Ordine, da meritargli, per la sua opera moderatrice e costruttiva in piena fedeltà allo spirito di san Francesco, il titolo di secondo fondatore dell'Ordine francescano." (??????). "Predicò ovunque al popolo e in modo speciale agli ecclesiastici, alle monache, all'università di Parigi, dinanzi alla corte di Francia, ai vari papi in concistoro" (Orvieto, Perugia, Viterbo, Roma) e, finalmente, al Concilio di Lione (1274). Il 28 maggio 1273 Bonaventura fu eletto cardinale e vescovo di Albano, avendo già declinato nel 1265 l'arcivescovado di York. Dal novembre 1273 attese alla presidenza dei lavori preparatori e poi alla celebrazione del Concilio Ecumenico Lionese II (7 maggio - 17 luglio 1274), e probabilmente incontrò Pietro da Morrone, il futuro Celestino V. Si adoperò in Concilio per l'unione dei Greci, che fu effettivamente raggiunta. E, proprio durante il Concilio di Lione dove era intervenuto per ben tre volte, improvvisamente il 7 luglio 1274 si dimise da Vicario generale dell'ordine dei Frati Minori, ruolo che aveva mantenuto ininterrottamente per ben 17 anni e di lì a una settimana, il 15 luglio 1274, morì. Secondo l'agiografia ufficiale perchè estenuato dalle fatiche sostenute, ma forse per gli scontri che deve avere sicuramente avuto con Pietro da Morrone. Il futuro Celestino V, uno spiritualista convinto, che gli avrà espresso tutte le sue riserve e le sue critiche sul modo di gestire l'Ordine e, ne siamo convinti, sulla Storia della Vita di San Francesco, che si era inventata di sana pianta, a partire dal famoso miracolo, veramente poco credibile. Non sappiamo sinceramente se gli avvenimenti siano andati come da Noi prospettati, non avendo alcun riscontro obbiettivo, ma ci piace pensare che Bonaventura abbia avuto un mancamento di fronte alla più che comprensibile e violenta reazione di Pietro da Morrone, il quale doveva nutrire sicuramente un certo risentimento nei confronti di questo personaggio di alto spessore culturale. Va ricordato che la Chiesa nel 1482, con Papa Sisto IV, lo ha canonizzato e, con Sisto V, il 14 marzo 1588, lo ha annoverato «inter praecipuos et primarios» Dottori della Chiesa (latina), sesto accanto a San Tommaso d'Aquino. Noi invece lo abbiamo squalificato e abbiamo ritenuto di togliergli l'aureola di Santo! Ci siamo infatti guardati bene dal riconoscere formalmente la sua "santità", evitando con cura di qualificarlo tale, perchè ha veramente "dopato il personaggio di Francesco" falsificando la sua vita e conseguentente tutta la storia come ci è stata raccontata. Francesco uomo non avrebbe avuto bisogno di questo non richiesto intervento, perchè ha dimostrato che ogni "uomo" ed ogni "donna" possono raggiungere da soli "la perfezione" senza intermediari, né inteferenze, ma devono prima sperimentare la vita e le sue prove al fine di spogliarsi delle sue impurità terrene..................Nessuno nasce "Santo"!!! Sotto Bonaventura da Bagnoregio, era stata scritta appositamente una nuova biografia di Francesco, "la Legenda maior S. Francisci," manipolando per ragioni politiche interne il messaggio originale del Santo e dei francescani più rigoristi ("fratres qui cum eo fuimus" come amavano definirsi), tanto è vero che nelle "Costituzioni Narbonesi" Bonaventura condannò in modo ufficiale, dall’alto della sua carica, le posizioni della corrente degli Spirituali, per incanalare definitivamente il movimento in un vero e proprio Ordine, come quello dei frati predicatori, fondato da Domenico. La scissione degli Spirituali, i frati minori più coerenti all’impostazione della communitas francescana originale, avvenne nel 1274, lo stesso anno in cui Pietro da Morrone si recò a Lione per convincere Papa Gregorio X a garantire la sopravvivenza della Sua comunità, vista l’intenzione del Papa di intervenire drasticamente per arrestare la continua proliferazione di sette e comunità spurie, che davano un’interpretazione diversa del Vangelo e lo stesso anno in cui Bonaventura si dimise da Vicario Generale dell'Ordine dei Frati Minori. Venti anni più tardi i sostenitori più ferventi e radicali della po vertà evangelica, fedeli all’ideale di Francesco, vennero nominati "Fraticelli", essendo in aperto contrasto con i Minori francescani appartenenti alla corrente dei Conventuali, che si erano raccolti intorno a due personaggi molto apprezzati da Pietro da Morrone, il quale, appena eletto Papa, autorizzò appunto "i Fraticelli" a staccarsi definitivamente dall’Ordine per fondare una loro congregazione. Essa vide come principali esponenti Pietro da Macerata, il quale si fece chiamare Fra Liberato, e Pietro da Fossombrone, Angelo del Chiarino o Cla reno, mentre la loro congregazione prese il nome di "Poveri eremiti di Celestino", in seguito "Fraticelli della povera vita" (fu lo stesso Clareno, guida della congregazione, a chiamarla così, Anche questa circostanza appare strana, perché Clareno, stimato predicatore con l’aureola del Santo, per sfuggire alle pressioni cui era soggetto da parte dei "conventuali", si era poi trasferito in Jugoslavia, dove cercava di raggiungerlo Celestino, dopo la sua abdicazione e la sua fuga da Bonifacio VIII. Il tentativo fallì, perché, partito con una piccola barca da Vieste in Puglia e già in mare aperto, venne costretto a rientrare in porto e catturato grazie alla delazione di alcuni emissari di Bonifacio VIII, che lo fece arrestare e trasferire da Anagni, dove era stato in un primo tempo portato, nella prigione di Fumone, dove dopo dieci mesi, in un’angusta prigione, nel 1296 morì, molto probabilmente ucciso con un punteruolo impiantato nel cranio, foro quadrangolare identico a quello che mostra il teschio attribuito dalla leggenda a San Giovanni Battista. Tornando a Francesco e allo scontro tra le due correnti degli Spiritualisti e dei Conventuali sull’interpretazione del messaggio di Francesco, le prime divisioni si manifestarono già durante la sua vita, ma divennero intense dopo la sua morte, nel successivo sviluppo dell’Ordine francescano. Queste divisioni dettero luogo a due correnti di pensiero: quella cosiddetta degli Spirituali, fedeli allo spirito della Regola e al Testamento spirituale di Francesco, praticanti l’ideale di assoluta povertà e ispirati alle visioni escatologiche di Gioacchino da Fiore, e quella designata dei Conventuali, molto più propensi rispetto ai primi a uniformarsi agli altri ordini religiosi e a cle ricalizzarsi, deviando, sostanzialmente, dagli ideali del fondatore e di frate Elia (generale dell’ordine nel periodo 1221-1227 e 1232-1239), primo e ultimo gene rale appartenente alla fazione degli Spirituali, il quale aveva posto le basi, su precise indicazioni di Francesco, per una migliore organizzazione sotto il profilo istituzionale del movimento religioso a cui il futuro Beato aveva dato vita. Un movimento che era in continua espansione per l'intenso proselitismo dello stesso Francesco e dei suoi più fedeli compagni. Nel 1217 l'Ordine venne infatti organizzato, per merito di frate Elia, in Province, Custodie, Conventi e Romitori. E fu proprio in quello stesso anno che Francesco affidò a frate Elia la missione di Siria e Terra Santa, dove lo raggiunse trattenendosi in Terra Santa per un lungo periodo, - almeno tra il 9 maggio del 1218 ed il 29 agosto del 1219, oltre un anno - (Manselli, San Francesco, Bulzoni, 1980, p. 223 e sgg.). In realtà sembra che Francesco ed Elia siano tornati in Italia, sbarcando a Venezia, solo nel gennaio del 1220. I motivi che indussero Francesco a inviare frate Elia dal Sultano d’Egitto abbiamo cercato di chiarirli nel capitolo "da Frate Elia <> Celelestino V", al quale ci richiamiamo. Ma "i veri motivi", in realtà, nessuno li può seriamente conoscere, perché sono stati resi oscuri ed incomprensibili, in assenza di documenti e attestati, di contro a una versione non attendibile fornita dalle fonti ufficiali. Unica fonte ufficiale della vita di Francesco restò praticamente "la Leggenda Maggiore" del Bonaventura, integrata, per quanto riguarda i rapporti intercorsi con Francesco, dalle fonti più ostili ad Elia, tra le quali si può citare l’opera di E. Lempp, (Frère Elie de Cortone, Parigi, 1901), in cui si accusava il frate di aver intrattenuto empio commercio con astrologia e alchimia, durante la permanenza alla corte dello scomunicato Federico II, dove frate Elia si era stabilmente trasferito per volere dello stesso imperatore svevo, quando nella Pasqua del 1244 giunse la notizia della disfatta dell’esercito cristiano in Oriente e della cattura di San Luigi, Re di Francia. Arcangelo Papi in un interessante saggio, trovato su internet (San Francesco, le stimmate e la Sindone: una possibile antistoria del cristianesimo), si riallaccia invece alla Prima Biografia ufficiale di Celano, ritrovata nel 1770, che mostra Francesco e frate Elia in tutt’altra veste e, non a caso, conclude il suo saggio con queste considerazioni:"Talvolta gli elementi della storia si aggrumano tra loro in modo diverso da quello inizialmente prospettato dalla storiografia ufficiale ed improvvisamente si ricompone un quadro completamente diverso e straordinario."Crediamo vada riproposta la sua analisi al contrario, perché dal suo racconto emergono vari indizi importanti:1) Celano parla di un cavaliere di Assisi che stava allora organizzando preparativi militari per la spedizione in Puglia di Gualtiero III di Brienne, appartenente al casato feudale della Champagne, che aveva sposato una delle figlie del re Tancredi di Sicilia, ed ecco un primo "legame" con Federico II.2) Celano ci mostra un giovane Francesco prima della sua conversione, tentato dalla gloria cavalleresca e militare ad opera dello sconosciuto 'reclutatore militare' in terra d'Umbria, Conte Gentile delle fonti ,probabilmente un templare francese legato a Gualtiero (1165-1205), che del resto era parente di Giovanni I di Brienne.3) Giovanni I di Brienne (1148-1237) re di Gerusalemme, poeta e devoto di Francesco, il cui monumento funebre si trova proprio nella Basilica inferiore di Assisi, appoggiato, coi suoi marmi bianchi, nell'ombra magica della grande parete d'ingresso, al fondo della pianta a forma di 'Tau'.4) Isabella, figlia di Giovanni di Brienne, era andata in sposa all'Imperatore Federico II.5) E' a Spoleto che per Francesco si consuma un evento fondamentale della sua vita. Colto da un ripensamento, dopo il glorioso sogno (narrato dal Celano) d'un palazzo d'armi con tutti i suoi soldati, o piuttosto percorso dalla rapida delusione: nuovo David contro il forte armato (come si addice a Francesco, prosegue il biografo), il figlio del mercante di stoffe (in realtà suo padre, 'Pietro di Bernardone', era un ebreo convertito, fiduciario del ricco monastero 'cistercense' del Monte Subasio, a economia curtense, e grande produttore di lane pregiate da esportare poi in Francia facendo sosta nei vari monasteri d'appoggio in occasione delle grandi fiere della Champagne: guarda caso, la stessa terra 'catara' dove riapparve, nel 1357, la Sindone!, decide all'improvviso che la spedizione in Puglia non fa al caso suo.6) Egli sente che l'unica 'milizia' che gli si addice è quella "divina". Il suo Dio è un "Dio di pace" (come scrisse Properzio in una elegia) e non un Dio "re degli eserciti".7) Non è quindi casuale che i 'tre nodi' del saio francescano (tra l'altro, di color 'marrone' come quello rivestito dai conversi templari prima dell'assunzione dell'abito bianco dei cavalieri), quella lacera divisa del nuovo Ordine mistico e pauperistico fondato da San Francesco, questa volta ispirato dalla bocca stessa del Crocefisso di San Damiano, che gli parla con le labbra, o piuttosto agli orecchi - come scrivono, al riguardo, prima Tommaso e poi lo stesso Bonaventura -, tradiscono pur sempre l'origine 'militare' del movimento francescano, corrispondendo, esattamente, ai 'tre voti' della 'regola templare', concepita, si dice, da San Bernardo nel nome stesso della povertà, umiltà e castità.8) E' questa la nuova 'divisa' dell'Ordine di Francesco, coi suoi frati poveri 'cavalieri di Cristo', che però sempre marceranno appiedati. E perciò "la firma" apposta da Francesco alla chartula con la benedizione a fra' Leone, è anch'essa un 'sigillo', o 'stilema templare', avendone ripreso il motivo della 'croce', marchiata appunto d'inchiostro rosso vivo, come il sangue di Gesù Cristo morto sul patibolo per i peccati del mondo. Di coincidenze e stranezze leggendarie ve ne sono molteplici: Queste considerazioni di Arcangelo Papi e quelle del suo interessantissimo saggio dovrebbero far riflettere. Ad esse se ne aggiungono altre, altrettanto convincenti, in questo "studio al contrario", speculare alla scoperta del segreto dei tre >888< della Basilica di Assisi, quesito che ci siamo posti all’inizio di questo capitolo. Sempre cercando su internet, abbiamo sollevato altre "botole", spingendoci in fondo a scale a chiocciola tanto simili a quelle di Castel del Monte, che nascondono altrettanti indecifrabili segreti e abbiamo trovato altri articoli, che ci hanno fornito ulteriori spunti di riflessione, articoli puntualmente richiamati nei link di riferimento. Sarebbe invero veramente assurdo credere che frate Elia, uomo molto colto, filosofo e alchimista, amico intimo di Francesco, con il quale ha vissuto le più importanti esperienze, condividendone i principi e gli ideali, sia stato fatto sparire in modo cosi drastico e ingiustificabile dalla storia. Al punto che non si riesce più trovarne traccia alcuna, se non nei tanti messaggi simbolici lasciati volutamente sulle solide pietre della Basilica d’Assisi, da lui progettata, imperituro testamento di simboli scaturiti dalle abili mani delle Libere Muratorie medievali, quali il compasso, la squadra, un martello che colpisce la pietra grezza con lo scalpello. Messaggi che racchiudono un complesso sistema di idee ermetiche, diffuso da confraternite arcane, rimaste "velate", ma, per la fortuna dei posteri, non cancellate e che si ritrovano stranamente proprio nella sacca da viaggio di San Francesco, come riporta un cronista.La vestizione di San Francesco"Frate Francesco iniziò così la sua Grande Opera in compagnia di Madonna Povertà, di Fra Silenzio e di Sorella Pace, con indosso un camice di tela grezza, che volle da solo confezionarsi ispirandosi alla forma della stessa croce, cinto ai fianchi da una bianca cordicella a tre nodi e calzando dei poveri sandali.Come suo "unico bagaglio", una sacca contenente gli strumenti del muratore: la squadra, il compasso, la cazzuola, il filo a piombo, il mazzuolo, la riga e lo scalpello, a simboleggiare rispettivamente la rettitudine del pensiero, l'amore fraterno che tutto cementa, la rettitudine di giudizio, il lavoro indefesso e la sottomissione delle proprie imperfezioni spirituali al lavorìo dello Spirito, che tutto trasformando, fa giungere alla perfezione". La prova è Lì, ma non la si vuol vedere. La conferma viene non solo dai numerosi e molteplici simbolici oggetti ritrovati nella Sua tomba e da quelli sparsi sulle mura della Basilica d’Assisi, ma anche dal comportamento assunto durante la IV crociata e da quell’improvvisa e per altri versi incomprensibile decisione di Francesco di inviare Elia come Suo legato in Palestina e di raggiungerlo, restando oltre un anno in un luogo per i cristiani molto pericoloso. La scelta di inviare in avanscoperta frate Elia in Terra Santa, per poi raggiungerlo, restando per quasi un anno alla Corte del Califfo al- Malik, non fu certo casuale. La decisione di prendere contatti diretti con il Sultano d’Egitto, del tutto incomprensibile anche da parte del Legato papale, non era certo un atto di puro idealismo, ma era una vera e concreta missione di pace, la deliberata volontà di cambiare non le sorti della guerra, ma "i rapporti" tra queste due comunità sempre in lotta tra di loro. Un audace progetto, al tempo stesso politico e religioso, che, non a caso, fece proprio, pochi anni dopo, lo stesso imperatore Federico II. Val la pena rileggere la cronaca di quell’incredibile esperienza, ritrovata in fondo a una delle botole segrete:"Non sappiamo come Francesco, che era accompagnato da Pietro Cattani (un nome di famiglia associato al 'Volto Santo' di Sansepolcro!), sia andato in Terra Santa: con tutta probabilità si unì ai rinforzi delle città italiane, mandati da Onorio III, e raggiunse frate Elia, che era stato inviato in Oriente dal capitolo del 1217, e che durante la sua permanenza era riuscito ad ottenere che entrasse nell'ordine Cesario da Spira, una personalità preminente, un uomo di cultura universitaria di alto livello. Francesco dovette arrivare a Damietta quando l'assedio della città era nella sua fase iniziale. Ne parla Giacomo da Vitry, nella sua lettera VI, dando l'impressione del sopraggiungere di qualcuno sconcertante, se non addirittura importuno (Manselli, San Francesco, Bulzoni, 1980, p. 223 e sgg.). Giacomo da Vitry è sorpreso dalle conversioni al francescanesimo di alcuni suoi più stretti collaboratori, e così scrive: l loro maestro, che fondò quell'ordine, essendo venuto nel nostro esercito acceso di zelo di fede, non ebbe paura di passare all'esercito dei nemici e, avendo predicato la parola di Dio ai saraceni per alcuni giorni, non ebbe grandi risultati. Il sultano, però, re dell'Egitto gli chiese in segreto di domandare in suo nome, al Signore che, divinamente ispirato, potesse aderire alla religione che maggiormente piacesse a Dio." Un'eco precisa di questa presenza del Santo in campo avverso si troverebbe nella biografia di un teologo e giurista egiziano, Fakhr ad-din al-Farisi, allora vecchissimo, ma assai famoso in quegli anni come "direttore spirituale e consigliere di al-Kamil". In quest'opera egli ricorda la discussione che, come sapiente arabo, avrebbe avuto con un monaco cristiano, alla presenza appunto del sovrano (Manselli). In Le crociate viste dagli arabi (Torino, 2002, p. 298), Amin Maalouf nega, tuttavia, che fonti arabe a sua conoscenza riportino quest'episodio. Il sultano del Cairo aveva però una mente aperta, attenta ai problemi dello spirito, ed era un abile politico. Fece delle proposte ai cristiani, disposto a cedere non soltanto Gerusalemme, ma anche il territorio della Palestina ad ovest del Giordano nonché la Vera Croce (Maalouf, op. cit., p. 247). Da parte sua, anche Giovanni di Brienne era disposto ad un accordo. Vi si oppose l'improvvido e confusionario legato del papa, il cardinale Pelagio". Aprendo "un'altra botola", sempre su internet, abbiamo trovato altri spunti e conferme nella prolusione del gennaio 2002 della Prof.sa Chiara Frugoni "Chiesa e Islam all’epoca delle Crociate. L’incontro di S. Francesco d’Assisi con il sultano d’Egitto" (vedi allegato), da cui prendiamo alcune considerazioni:"Verso il 1218 si ha la quinta Crociata e Francesco ha questa idea straordinaria. Dobbiamo pensare cosa volesse dire arrivare da Assisi in Terra Santa, un viaggio infinito. Lui parte e va nel campo dei crociati e dice: voi che siete cristiani, uccidete!! Cerca a lungo di convincere i crociati ma non ci riesce. E allora con una mossa straordinaria va dal nemico, dal Sultano. Le prime fonti francescane dicono pochissimo. Sappiamo che Francesco è stato un anno intero dal Sultano e sarebbe rimasto anche di più. Dobbiamo immaginare che abbia percorso in lungo e in largo la Terra Santa. Torna semplicemente perché un suo frate in maniera estremamente avventurosa riesce a raggiungerlo e dice a Francesco: "guarda che il tuo Ordine si sta dividendo, torna, altrimenti è una catastrofe." "Per tornare a Francesco ed al Sultano, quando Tommaso da Celano ne parla, racconta quel che vi ho detto finora. C’è una tavola, l’unica rimasta, in Santa Croce a Firenze, dove si vede che Francesco parla al Sultano e ai musulmani che l’ascoltano rapiti; una predica attenta. Invece Bonaventura racconta quello che tutti noi vediamo ad Assisi: Francesco arrivato dal Sultano propone una sfida: fai andare in un grande fuoco i tuoi sacerdoti e ci vado dentro anch’io. Se loro saranno bruciati, vuol dire che la vostra fede non va bene, se io sarò bruciato, vuol dire che va bene. Lo stesso Bonaventura dice che questa fu una proposta di Francesco. Quando però andate ad Assisi, vedete il Sultano e i suoi sacerdoti in fuga e Francesco che sta per entrare in questa grande fiamma... che non è mai esistita, perché non c’è stato mai questo confronto. Bonaventura sta ormai nell’ottica tipica della lotta contro l’eretico: bisogna sconfiggere il nemico e possibilmente mandarlo al rogo. Era l’idea che portava avanti la Chiesa, soprattutto con il tribunale dell’inquisizione. Francesco ha ancora un’altra cosa riguardo al problema delle Crociate: il Presepio di Greccio che è la sconfessione delle Crociate, un’altra delle risposte tipiche di san Francesco che non attacca la Chiesa, ma propone una cosa molto diversa e in un certo senso molto polemica. Tornato dall’incontro col Sultano, chiede ad un devoto di preparargli sulla montagna a Greccio il bue, l’asinello e del fieno. Il sacerdote – Francesco era solo diacono - celebra la Messa poi Francesco predica in un modo così infiammato del bambino di Betlemme nato in povertà assoluta, Dio incarnato per amore, con una tale forza di trascinamento che ad un devoto sembra che Francesco si avvicini alla greppia e sollevi un bambino morto che riapre gli occhi !" CONTINUA