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"Ma qual è la pietra che sostiene il ponte?” - chiede Kublai Khan.
- Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra - risponde Marco - ma dalla linea dell’arco che esse formano”.
Kublai Khan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge: - Perché mi parli delle pietre? E’ solo dell’arco che m’importa.
Polo risponde: - Senza pietre non c’è arco.
 

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Appello per la liberazione di Rahmatullah Hanefi e Adjmal Nashkbandi

Post n°10 pubblicato il 26 Marzo 2007 da navigantegd
 

Siamo angosciati per la sorte di Rahmatullah Hanefi. Il responsabile afgano dell'ospedale di Emergency a Lashkargah è stato prelevato all'alba di martedì 20 dai servizi di sicurezza afgani. Da allora nessuno ha potuto vederlo o parlargli, nemmeno i suoi famigliari. Non è stata formulata nessuna accusa, non esiste alcun documento che comprovi la sua detenzione. Alcuni afgani, che lavorano nel posto in cui Rahmatullah Hanefi è rinchiuso, ci hanno detto però che lo stanno interrogando e torturando “con i cavi elettrici”.

Rahmatullah Hanefi è stato determinante nella liberazione di Daniele Mastrogiacomo, semplicemente facendo tutto e solo ciò che il governo italiano, attraverso Emergency, gli chiedeva di fare. Il suo aiuto potrebbe essere determinante anche per la sorte di Adjmal Nashkbandi, l'interprete di Mastrogiacomo, che non è ancora tornato dalla sua famiglia.

Oggi, domenica 25, il Ministro della sanità afgano ci ha informato che in un “alto meeting sulla sicurezza nazionale” presieduto da Hamid Karzai, è stato deciso di non rilasciare Rahmatullah Hanefi. Ci hanno fatto capire che non ci sono accuse contro di lui, ma che sono pronti a fabbricare false prove.

Non è accettabile che il prezzo della liberazione del cittadino italiano Daniele Mastrogiacomo venga pagato da un coraggioso cittadino afgano e da Emergency. Abbiamo ripetutamente chiesto al Governo italiano, negli ultimi cinque giorni, di impegnarsi per l’immediato rilascio di Rahmatullah Hanefi e il governo ci ha assicurato che l’avrebbe fatto. Chiediamo con forza al Governo italiano di rispettare le parola data.

Emergency

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Commenti al Post:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 27/03/07 alle 16:39 via WEB
"Continuiamo a pensare che il problema siano solo i talebani, quando invece ci troviamo di fronte a un governo e a un parlamento composto per il 70 per cento da signori della guerra e dal 10 per cento da trafficanti di droga», spiega Laura Quagliolo, del coordinamento italiano di sostegno alle donne afghane. Eppure, continua, «esiste nel Paese anche una presenza democratica, fatta di organizzazioni non governative, partiti e associazioni, della quale purtroppo non si parla mai, e che non riceve nessun sostegno dall’esterno». Una presenza ogni giorno più minacciata: basta pensare al caso della deputata Malalai Joya, sottoposta a insulti e intimidazioni sempre più gravi a causa della sua la lotta contro la «legge di riconciliazione» firmata da Karzai, che regala l’impunità a signori della guerra, narcotrafficanti e responsabili delle peggiori violazioni dei diritti umani. " Credo che questa "speciale classifica" la vinceremmo di gran lunga noi, giorgiolucas gli stranieri invasori. In Afghanistan la componente tribale è un elemento molto forte e negli ultimi anni le varie etnie hanno preso una coscienza comune, quella appunto contro gli stranieri venuti a sfruttare il loro paese e a seminare morte e distruzione. Vittorio Agnoletto, tornato di recente da un viaggio afgano in cui ha incontrato i massimi esponenti della società civile, ha raccolto un messaggio univoco: RIPORTATE A CASA I VOSTRI SOLDATI. Vik alias guerrillaradio ps la tenda fra i blog amici http://guerrillaradio.iobloggo.com/archive.php?eid=1281
 
marea14
marea14 il 03/04/07 alle 02:23 via WEB
Ho già firmato.
Penso che per diffondere questa iniziativa sarebbe utile mandare e-mail a tutti nostri amici invitandoli ad aderire alla petizione e ad inviare, a loro volta, altre e-mail ai loro amici
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
levitra price il 18/03/09 alle 03:06 via WEB
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Utente non iscritto alla Community di Libero
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APPELLO PER VICARELLO

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La tenuta agricola di Vicarello, che si estende per 1.015 ettari sul lago di Bracciano, costituisce una testimonianza preziosa del paesaggio agrario della Tuscia meridionale. Boschi di castagno, ville imperiali, terme millenarie, oliveti secolari, antichissime opere idrauliche, villaggi sommersi dalle acque ne fanno uno degli ultimi esempi di quella fusione tra segni dell’uomo e segni della natura che costituisce la bellezza e insieme la ricchezza del nostro territorio. Ma Vicarello non rappresenta solo testimonianza e memoria viva di un passato, ma anche una realtà socio-economica su cui negli ultimi trent’anni si sono scontrati gli interessi dei pochi e le legittime aspirazioni dei molti. Passaggi di mano di proprietà, minacce di colate di cemento più volte bloccate dalla società civile e dalla parte migliore delle istituzioni, degrado progressivo del suo patrimonio agricolo sono la storia contemporanea di Vicarello. Ora, recenti notizie sulla vendita da parte della banca di investimento inglese che ne detiene la proprietà e l’interesse dichiarato di grandi gruppi finanziari per i quali Vicarello rappresenta esclusivamente una fonte di profitto da sfruttare secondo i criteri del massimo utile e non certo della compatibilità con la storia, la memoria e l’ambiente, ci spingono a mobilitarci in difesa di questo patrimonio di tutti. Noi cittadine e cittadini riteniamo che solo l’acquisizione e la destinazione pubblica della tenuta di Vicarello, l’utilizzazione rispettosa del suo patrimonio architettonico, la riapertura degli impianti termali, attraverso l’avvio di un percorso virtuoso che veda insieme i Comuni del territorio, già impegnati peraltro da un protocollo firmato nel 1999, le Province di Roma e Viterbo, la Regione Lazio e il Parco di Bracciano, le Università e le istituzioni di ricerca, possano dare ai cittadini un luogo in cui sperimentare, alle porte di Roma, un processo di utilizzazione integrata delle risorse turistiche, agricole, ambientali e paesaggistiche che spezzi la monocultura del cemento. Un’operazione basata sulla difesa dei beni comuni (acqua e terra in primo luogo) che può costituire un primo passo di una diversa economia, di lunga prospettiva, un cambio di paradigma che inizi a mettere da parte un modello di sviluppo i cui guasti, anche economici, sono sotto gli occhi di tutti. settembre 2007
 

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