A FUTURA MEMORIA

Pensieri, parole, volontà et similia per i posteri, ma soprattutto, per noi stessi

 

 

SE

Post n°15 pubblicato il 16 Giugno 2006 da mediamemory
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Se riuscirai a conservare la calma quando tutti intorno a te

la perdono e te ne fanno una colpa,

Se avrai fiducia
in te stesso, quando tutti dubiteranno
ma saprai tener conto del loro dubbio,

Se saprai aspettare
, senza stancarti nell'attesa,
ed essere calunniato senza calunniare a tua volta
o essere odiato senza lasciarti prendere dall'odio
e tuttavia non apparire troppo buono
o non parlare troppo saggio;

Se riuscirai a sognare
ed a non fare del sogno
il tuo padrone;
Se riuscirai a pensare ed a non fare del pensiero
il tuo scopo;

Se saprai far fronte
al TRIONFO ed alla ROVINA
e trattare allo stesso modo questi due impostori;

Se sopporterai di udire
la verità che hai detto
distorta da furfanti per abbindolare gli ingenui,
o contemplare le cose cui hai dedicato la vita, spezzate,
e piegarti a ricostruirle con utensili rotti;

Se riuscirai a fare
un mucchio di tutte le
tue vincite e rischiarle in un sol colpo a testa e croce,
e perdere e ricominciare dal principio
e non dir parola sulla tua perdita;

Se saprai costringere
cuore e tendini e nervi
a servire la tua volontà anche quando sono sfiniti,
ed a resistere quando in te non resta altro
che la volontà che dice loro "RESISTETE!"

Se saprai parlare
con le folle, conservarti eretto
e passeggiare con il Re e non perdere la semplicità;

Se nè i nemici nè gli amici
più cari riusciranno ad
offenderti;

Se tutti
conteranno per te, ma nessuno troppo;
Se riuscirai ad occupare il minuto inesorabile,
dando valore ad ogni istante che passa.

Tua sarà la terra
e tutto ciò che è in essa,
e - quel che più conta - sarai un uomo, figlio mio!

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If you can keep your head when all about you
Are losing theirs and blaming it on you;
If you can trust yourself when all men doubt you,
But make allowance for their doubting too;
If you can wait and not be tired by waiting,
Or, being lied about, don't deal in lies,
Or, being hated, don't give way to hating,
And yet don't look too good, nor talk too wise;

If you can dream - and not make dreams your master;
If you can think - and not make thoughts your aim;
If you can meet with triumph and disaster
And treat those two imposters just the same;
If you can bear to hear the truth you've spoken
Twisted by knaves to make a trap for fools,
Or watch the things you gave your life to broken,
And stoop and build 'em up with wornout tools;

If you can make one heap of all your winnings
And risk it on one turn of pitch-and-toss,
And lose, and start again at your beginnings
And never breath a word about your loss;
If you can force your heart and nerve and sinew
To serve your turn long after they are gone,
And so hold on when there is nothing in you
Except the Will which says to them: "Hold on";

If you can talk with crowds and keep your virtue,
Or walk with kings - nor lose the common touch;
If neither foes nor loving friends can hurt you;
If all men count with you, but none too much;
If you can fill the unforgiving minute
With sixty seconds' worth of distance run -
Yours is the Earth and everything that's in it,
And - which is more - you'll be a Man my son!

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Se és capaz de manter a tua calma quando todo o mundo ao teu redor já a
perdeu e te culpa;

Se és capaz de crer em ti quando estão todos duvidando, e para esses no
entanto achar uma desculpa;

Se és capaz de esperar sem te
desesperares, ou, enganado, não mentir ao mentiroso, ou, sendo odiado,
sempre ao ódio te esquivares, e não parecer bom demais, nem pretensioso;

Se és capaz de sonhar sem sem se tornar um sonhador
Se és capaz de pensar sem que a isso só te atires;
Se encontrando a desgraça e o triunfo conseguires tratar da mesma forma a
esses dois impostores;

Se és capaz de sofrer a dor de ver mudadas em armadilhas as verdades que
disseste, e as coisas, pôr que deste a vida, estraçalhadas, e refazê-las com
o bem pouco que te reste;
Se és capaz de arriscar numa única parada tudo quanto ganhaste em toda a
tua vida,
E perder e, ao perder, sem nunca dizer nada, resignado, tornar ao ponto de
partida;

Se és capaz de forçar coração, nervos, músculos, tudo a dar seja o que for
que neles ainda existe, e a persistir assim quando, exaustos, contudo resta
a vontade em ti que ainda ordena: "Persiste!";

Se és capaz de, entre a plebe, não te corromperes e, entre reis, não perder
a naturalidade

Se entre amigos, quer bons, quer maus, te defenderes,

Se a todos podes ser de alguma utilidade,

Se és capaz de dar, segundo pôr segundo, Ao mínimo fatal todo o valor e
brilho,

Tua é a terra com tudo o que existe no mundo
E o que mais,

tu serás um homem, ó meu filho!

Rudyard Kipling

 
 
 

In memoria di ALESSANDRO F.

Post n°14 pubblicato il 04 Giugno 2006 da mediamemory
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Ad Alessandro F.

 

                          In questa triste evenienza, mi accingo a tracciare un brevissimo ricordo del nostro Alessandro (solo ora riesco a dargli del “tu”, dopo che in diverse occasioni me lo aveva espressamente chiesto anche se inutilmente, perché per me  rimane il “Presidente” per antonomasia ) e lo faccio con immenso orgoglio, anche perché sono certo che  avrebbe gradito queste poche parole.

 

                        La misura per giudicare umanamente la vita di un uomo - il suo transito terreno sempre troppo breve -  è forse dato dalla quantità e qualità degli affetti che lo hanno circondato in vita e dopo.

 

                          Nel  caso del nostro Alessandro, all’immenso amore della moglie T. dei figli e dei parenti tutti, si è sommato nel corso degli anni, quello dei colleghi di lavoro e dei collaboratori che hanno avuto il privilegio di confrontarsi con Lui nei quasi cinquanta anni spesi al servizio dello Stato interperpretando – e non sono io a dirlo – il ruolo di magistrato di Cassazione in modo semplicemente esemplare, in ogni funzione e grado egli avesse occupata negli anni.

 

                        Dunque, una vita familiare e professionale intensa e ben spesa, con i giusti riconoscimenti che le stesse istituzioni da Lui servite gli hanno tributato al momento del collocamento in pensione, che hanno avuto l’effetto di esaltare la sua connaturata modestia.

 

                         Ricordo a me stesso che un magistrato è per definizione etimologica un “maestro” o, se volete, una “guida”: e Lui lo è stato in ogni settore, da quello professionale a quello umano.

 

                         Marito e padre affettuoso e sempre presente alle esigenze degli altri, spesso  a scapito delle proprie; nonno dolce; suocero mai invadente; amico sincero e sempre pronto a dare un consiglio o una semplice parola di conforto.

 

                        Per quanto mi sforzi, non riesco a ricordare una sola occasione in cui quest’uomo - di cui onoriamo le spoglie mortali - abbia alzato la voce o imprecato, anche se spesso i fatti della vita, gliene avevano dato  motivo e giustificazione piena.

 

                     

                         La visione cristiana dell’evento “morte” non ci consente di indugiare più di tanto nel dolore, giacchè ora il nostro Alessandro vive la “vera” vita: quella eterna, fatta di non/tempo, di non/spazio, di non/dolore, di sola luce irradiata direttamente  dal Creatore.

 

                       L’uomo si chiede incessantemente come è il momento che segna il passaggio dalla fase terrena a quella eterna; se siamo soli oppure se al momento del transito ci assiste qualcuno.

 

                       La mia personale  risposta, mi porta ad immaginare che nel momento stesso in cui ogni essere umano abbandona la propria fisicità e muore nel corpo, in quello stesso istante e senza soluzione di continuità, il suo essere divenuto puro spirito entra in contatto  con i propri genitori oppure con una persona cara che si trova già in quella dimensione.

 

                           Chiudiamo gli occhi per un istante, ed immaginiamo la scena nella quale al nostro Alessandro sono apparsi i propri genitori, pronti ad accompagnarlo in quel bagno di Luce Eterna.

 

                          In queste condizioni, nessuno può provare paura, ma solo gioia immensa e consolazione senza limiti per il ricongiungimento finale.

 

                         Solo in tal modo il cerchio della vita si può chiudere e riaprire  infinite volte, ogni qualvolta si nasce ed ogni qualvolta si muore.

 

                         Questa certezza ci deve accompagnare ogni istante della vita: sapere, cioè, che i nostri cari che ci hanno preceduto, ora vivono la vera vita, pronti ad accoglierci e tenerci vicino a sé per sempre, quando anche il nostro tempo si sarà esaurito.

 

* * *

                           Addio Alessandro, addio Presidente e che il sonno eterno ti sia lieve.

 

Roma, sabato 27 maggio 2006 .

(M.)

   

 

 

 
 
 

IL TESTAMENTO DI GIOACCHINO ROSSINI

Post n°13 pubblicato il 03 Giugno 2006 da mediamemory
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Parigi, 5 luglio 1858,

Questo è il mio testamento. In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Nella certezza di dover abbandonare questa vita mortale, io mi sono determinato a fare le ultime mie disposizioni.

Alla mia morte sara impiegata la somma di due mila lire al piu per i miei funerali; il mio corpo sara seppellito dove stimerà conveniente mia moglie.

A titolo di legato, e per una volta tanto, lascio a mio zio materno Francesco Maria Guidarini , dimorante a Pesaro, sei mila franchi; a Maria Mazzotti mia zia materna dimorante a Bologna, cinque mila franchi; ed a' miei due cugini dimoranti a Pesaro, Antonio e Giuseppe Gorini , due mila franchi a ciascuno. Questi legati sono la mia sola ed unica volontà e saranno pagati subito dopo la mia morte, se vi sarà il denaro disponibile; nel caso contrario i miei esecutori testamentari prenderanno il tempo necessario corrispondendo l'interesse del 5 per cento. Se i predetti legatarii mi fossero premorti , le somme legate passeranno ai loro figli maschi e femmine in parti uguali.

Alla mia amatissima moglie Olimpia Descuilliers che fu un' affettuosa e fedele compagna e della quale ogni elogio sarebbe inferiore al merito, lego in tutta proprieta tutti i mobili di casa, biancherie, tappezzerie, drappi, porcellane, vasi; tutti i miei autografi di musica, carrozze, cavalli, tutti gli oggetti di scuderia, di selleria, di cantina;rami, bronzi, quadri e quant' altro finalmente si trovasse in mia casa, sia di città, sia di campagna; eccettuando solamente gli oggetti che sto per dire qui sotto. Dichiaro inoltre essere l' esclusiva proprietà della mia moglie tutte le argenterie, come voglio che si riconosca per sua proprietà qualunque oggetto che dichiarasse appartenerle, quantunque esso si trovasse nella mia camera o nei miei effetti.

Le scatole, gli anelli, le catene, le spille, le armi, le mazze, le pipe , le medaglie, gli orologi, escluso però un piccolo orologio della fabbrica Breguet , che è di mia moglie; una piccola battaglia in argento di Benvenuto Cellini , inquadrata in oro ed avorio, necessaires di toilette, disegni ed albums saranno venduti privatamente o per mezzo d'asta pubblica come meglio giudicheranno i miei esecutori testamentari, ed il denaro che si ricaverà da questa vendita sarà messo a profitto in aumento della eredità.

Lascio piena ed intera facolta a mia moglie di scegliere ed optare fra le mie proprietà fondiarie o miei valori mobili quella o quelli che saranno maggiormente a lei convenienti in restituzione della dote che mi fu costituita al momento del matrimonio. Di tutti gli altri beni, effetti e sostanze nomino ed istituisco come erede usufruttuaria la mia carissima ed amatissima moglie, vita natural durante.

Quale erede della proprietà nomino il comune di Pesaro, mia patria, per fondare e dotare un liceo musicale in quella citta dopo la morte di mia moglie. Proibisco alla magistratura od ai rappresentanti comunali della detta citta ogni specie di controllo o d' intervenzione nella mia eredità, volendo che mia moglie ne goda in tutta ed assoluta libertà, e non volendo nemmeno ch'essa dia una cauzione o sia obbligata a fare un impiego speciale dei beni che lascerò dopo di me e dei quali le lego con usufrutto.

Nomino per miei esecutori testamentari, in Italia, il Marchese Carlo Bevilacqua ed il Cav. Marco Minghetti di Bologna, dove abitano, dando loro la piu grande facolta e prodigandoli di accettare i pesi che la mia scelta impone, dandomi questa prova ulteriore di benevolenza e amicizia. Nomino di piu per i miei esecutori testamentari, in Francia, il Sig. Vincenzo Buttarini dimorante Rue Basse du Rempart , 30, ed il Sig. Aubry , Boul des Italiens , 27, pregandoli di volere aggradire a titolo di memoria once 100 di argento per ciascuno da consegnarsi nello spazio di un anno a datare dal giorno della mia morte.

Voglio che dopo la mia morte e quella di mia moglie sia fondato a perpetuità a Parigi, ed elusivamente per i francesi, due premi di tremila franchi ciascuno per essere distribuiti annualmente, uno all'autore d'una composizione di musica religiosa o lirica che dovrà distinguersi principalmente per la melodia, tanto adesso negletta; l'altro all' autore delle parole (prosa o verso) sulle quali deve applicarsi la musica ed scrittori non tengano sempre abbastanza conto. Queste produzioni saranno sottoposte all' esame d'una commissione speciale presa nell' Accademia delle belle arti dell' Istituto, la quale giudicherà chi avra meritato il premio detto ROSSINI, che sarà accordato in pubblica seduta dopo l'esecuzione della composizione, sia nel locale dell' Istituto, sia nel Conservatorio.

I miei esecutori testamentari dovranno ottenere dal Ministero l'autorizzazione d' immobilizzare al 3 per cento un capitale necessario per costruire una rendita annuale di sei mila franchi. Ho desiderato di lasciare in Francia, dalla quale ebbi una cosi benevola accoglienza, questa testimonianza della mia gratitudine e del desiderio di veder perfezionata un arte alla quale ho consacrata la mia vita.

Lascio al mio cameriere Antonio Scanavini che mi servi con esattezza e fedeltà la somma mensile di lire cinquanta sua vita durante e tutto il mio vecchio vestiario. Mi riservo il diritto di fare aggiunte e modificazioni al presente testamento ed intendo che siano eseguite letteralmente e siano osservate come se fossero scritte nel presente atto. Annullo ogni altro testamento

Fatto, scritto e sottoscritto di mia mano quest' oggi

Firmato: GIOACCHINO ROSSINI



 
 
 

Il testamento di ALESSANDRO MANZONI

Post n°12 pubblicato il 03 Giugno 2006 da mediamemory
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Milano, tredici agosto mille ottocento sessantasette.

In nome della Santissima Trinità, Padre, Figliolo e Spirito Santo.

Col presente testamento, tutto scritto e sottoscritto di mia mano, dispongo della mia sostanza come segue:

  1. Annullo e revoco qualunque disposizione d’ultima volontà, che avessi fatta prima d’ora, quantunque munita di clausola derogatoria, che ugualmente revocherei, se me ne ricordassi.
  2. Deplorando d’essere stato privato, per fatto di legge, della facoltà di trasferire ai figli de’ miei due figli Enrico e Filippo la legittima devoluta ai rispettivi loro genitori, come avevo disposto in un atto antecedente di ultima volontà, lascio la legittima ugualmente ai miei figli, Pierluigi, Enrico e Filippo, a mia figlia Vittoria Giorgini e ai discendenti rispettivi delle mie figlie defunte, Giulia, Cristina e Sofia, con l’obbligo a detta mia figlia, e ai detti discendenti dell’altre, di conferire nel mio asse, e imputare nella loro quota legittima quanto, per titolo di dote e di corredo nuziale, ebbero o avessero a conseguire da me testatore, in occasione e per causa del loro collocamento.
  3. Impongo l’obbligo a mio figlio Enrico di conferire nel mio asse, e anche a favore degli eredi della disponibile, e d’imputare nella sua legittima tutto quanto resulterà da me pagato a di lui scarico, per interessi sul capitale mutuo d’austriache lire diciotto mila sovvenutegli dal Sig.r Ingegnere Pietro Ramperti, con Istrumento 20 giugno 1850, a rogito Velini, in dipendenza della fideiussione da me prestata per la corresponsione de’ suddetti interessi, nei sensi del suddetto rogito. A carico ugualmente della suddetta legittima, dovranno cadere gli oneri e le conseguenze passive, che fossero per derivare alla mia eredità dall’accennata mia fideiussione.
  4. Istituisco miei eredi universali della parte disponibile della mia sostanza, per una terza parte il mio figlio Pierluigi, e per l’altre due terze parti i figli legittimi e naturali, nati e nascituri, de’ miei figli Enrico e Filippo, in parti uguali, per capi e non per stirpe.
  5. Nel fondato timore, che attesi gl’imbarazzi creati alla liquidazione del mio patrimonio, e di quello da me usufruito, dai vincoli impostivi con le cessioni ed alienazioni fatte dai miei figli Enrico e Filippo delle attività loro devolute e devolvibili, in relazione e dipendenza delle disposizioni testamentarie dei furono Don Pietro Manzoni, Donna Giulia Beccaria e Donna Enrichetta Blondel, rispettivi loro Avo, Ava e Madre, principalmente per la conseguente concorrenza de’ cessionari, estranei affatto alla famiglia, l’altro mio figlio Pierluigi possa trovarsi esposto al pericolo di pregiudizi nella realizzazione de’ propri crediti e diritti, derivatigli appunto da quelle stesse disposizioni testamentarie dell’Avo e della Ava paterna e della Madre, per fatto altrui, e riguardando io perciò mio stretto debito di giustizia il provvedere alla di lui indennità, riparando a quelle perdite pur troppo probabili ch’egli venisse a soffrire per essere stato, senza sua colpa, posticipato ai fra-telli nella attivazione delle relative ipoteche, come per cancellazioni, postergazioni e suppegni delle medesime, da lui assentiti a mio vantaggio; così, senza pregiudizio delle ragioni e azioni competenti e competibili a detto mio figlio Pierluigi in proprio e direttamente sul mio asse per i propri crediti e diritti dipendentemente dalla da me assunta qualità d’erede universale de’ miei genitori, aggravo la mia eredità degli oneri seguenti che costituiranno altrettanti legati a favore del ripetuto mio figlio Pierluigi, volendo che abbiano effetto a preferenza dell’altre mie disposizioni, a mente dell’articolo 825 del vigente codice civile. Dovrà la mia eredità tenere sollevato e indenne il mio figlio Pierluigi Manzoni da qualunque perdita e danno che, in conseguenza della casuale e a lui non imputabile posticipazione ai fratelli nell’originaria attivazione delle iscrizioni ipotecarie a cauzione dei propri crediti e diritti verso il mio patrimonio e quello di mio usufrutto, o in conseguenza di cancellazioni, postergazioni, subingressi, suppegni e altri vincoli che, delle stesse sue iscrizioni ipotecarie già furono o fossero per essere dal medesimo accordati a mio riguardo e benefizio, venisse a risentire nella realizzazione ed effettivo conseguimento dei crediti, attività e diritti che formano il soggetto delle disposizioni e dei legati che lo riguardano, contenuti nei testamenti dell’Avo Don Pietro Manzoni, 18 marzo 1807, nei rogiti Dottor Francesco Ticozzi, già notaro in Milano, della Madre Donna Enrichetta Blondel Manzoni, in data 17 decembre 1833, e dell’Ava Donna Giulia Beccaria Manzoni, in data 10 gennaio 1837, ad effetto che ad esso mio figlio Pierluigi sia garantita e mantenuta la plenaria esecuzione delle benefiche disposizioni che lo concernono, recate dai suddetti atti testamentari.
  6. Non avendo alcun motivo di supporre che l’ottima mia Madre, Donna Giulia Beccaria Manzoni abbia avuta intenzione di stabilire una differenza circa la valuta dei legati lasciati a’ miei figli, di lei nipoti, nel proprio testamento 10 gennaio 1837: parendomi anzi, che, col segno aggiunto alla cifra del primo legato, abbia inteso d’esprimere un dato comune estensibile a tutti i legati successivi, anche per l’ovvia considerazione, che stando nella sua piena libertà l’aumentare o diminuire la somma rispettiva di ciascun legato, non è presumibile che ricorresse a un mezzo equivoco e indiretto di aumento o diminuzione dei legati stessi, così desidero che a tutti i legati suddetti sia applicata la valutazione milanese.
  7. Dovrà parimenti la mia eredità prestare piena indennità al mio figlio Pierluigi per le conseguenze tutte di qualunque obbligazione, garanzia o responsabilità che già sia stata, o sia per essere da lui assunta in mio concorso, o volontariamente, o a richiesta di terzi, per mio conto, e a mio vantaggio, o per conto e a vantaggio della mia amministrazione.
  8. Ritenuto che la gestione tenuta per mio conto da mio figlio Pierluigi non ebbe mai per base un mandato di procura, ma si fondava totalmente nella scambievole fiducia e bona fede, sicchè egli, anche per mia volontà, non ha mai potuto credersi in obbligo d’attenersi a modalità di forme, intendo che esso Pierluigi non possa da’ miei eredi esser molestato, nè obbligato a rendiconto per gli atti qualunque di detta sua gestione.
  9. Riguardo ai mobili, supellettili, attrezzi, ecc. corredanti la casa civile in Brusuglio, contemplati nel legato disposto a favore de’ miei figli, Pierluigi, Enrico e Filippo dalla loro Ava nel più volte menzionato suo testamento 10 gennaio 1837, devo dichiarare d’averne consegnati e mandati a ciascheduno dei miei due figli Enrico e Filippo oltre la rispettiva loro terza parte, come anche delle biancherie, di maniera che ciò che rimane in detta casa di tutti gli oggetti suaccennati, non arriva a rappresentare l’altra terza parte devoluta al mio figlio Pierluigi, al quale appartengono pure gli altri mobili, ecc. esistenti in detta casa, essendovi stati introdotti da lui, per Suo, e anche per mio uso personale, facendoli trasportare dal casino allora abitato da lui in Verano; e ciò affine di supplire al vuoto cagionato dalle suddette sottrazioni in favore degli altri due miei figli. Dichiaro ugualmente che, nella casa di mia proprietà e abitazione in Milano, si trovano, e per una stessa cagione, molti mobili ecc. appartenenti al mio figlio Pierluigi; e che, per la specifica designazione di questi, devono i miei eredi rimettersi interamente alla di lui dichiarazione.
  10. Mio figlio Pierluigi avrà diritto all’uso gratuito, per un anno dal mio decesso, dei locali ove attualmente alloggia con la sua famiglia, nella detta mia casa in Milano, via del Morone, n.° 2.
  11. Come un povero attestato del mio sentimento per le amorose e instancabili cure prestatemi in ogni occorrenza dal detto mio figlio Pierluigi, gli lascio tutti quei miei libri che possano essere di suo gradimento, e segnatamente quelli che portino postille o annotazioni di mia mano, o di qualunquealtro carattere, e tutte le carte scritte da me, e le altre qualunque a me appartenenti, che non riguardino interessi comuni del mio patrimonio. Lascio pure a lui tutti i ritratti di famiglia, che si trovano in casa, compreso quello dell’illustre mio avo, Cesare Beccaria.
  12. Al mio servitore Clemente Vismara, se, come suppongo, si troverà al mio servizio al momento della mia morte, lascio, per la ristrettezza del mio asse, la tenue somma di Lire cento, in benemerenza de’ suoi fedeli e affettuosi servigi, dei quali consegno qui una piena attestazione, perchè se ne possa valere, quando creda che gli possa esser utile.

Tale è la mia ultima volontà, che passo a sottoscrivere.

Alessandro Manzoni testatore

 
 
 

Post N° 11

Post n°11 pubblicato il 02 Giugno 2006 da mediamemory
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 IL TESTAMENTO DI PAOLO VI

 

Nel corso della riunione della Congregazione Generale dei Cardinali, giovedì 10 agosto, è stato letto il testo delle ultime volontà di Paolo VI, testo che prima della pubblicazione è stato portato a conoscenza dei familiari. Il testamento consiste in uno scritto del 30 giugno 1965, integrato da due aggiunte, una del 1972 e un’altra del 1973. Sono in tutto quattordici pagine manoscritte. Il primo dei tre testi è scritto su tre fogli grandi, formato lettera, ciascuno di quattro facciate. Paolo VI ha numerato la prima pagina dei tre fogli di suo pugno ed ha apposto la sua firma anche a margine della quarta facciata del foglio I. In tutto sono undici facciate scritte. La prima aggiunta fu fatta a Castel Gandolfo e, oltre alla data, reca anche l’indicazione dell’ora: 16 settembre 1972, ore 7,30. Si tratta di due foglietti manoscritti. Il primo reca tra parentesi, in alto, accanto allo stemma pontificio l’indicazione «Note complementari al testamento 8. La seconda, intitolata « Aggiunta alle mie disposizioni testamentarie », consiste in poche righe scritte su un unico foglio il 14 luglio 1973.

Alcune note
 per il mio testamento

In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

1. Fisso lo sguardo verso il mistero della morte, e di ciò che la segue, nel lume di Cristo, che solo la rischiara; e perciò con umile e serena fiducia. Avverto la verità, che per me si è sempre riflessa sulla vita presente da questo mistero, e benedico il vincitore della morte per averne fugate le tenebre e svelata la luce.

Dinanzi perciò alla morte, al totale e definitivo distacco dalla vita presente, sento il dovere di celebrare il dono, la fortuna, la bellezza, il destino di questa stessa fugace esistenza: Signore, Ti ringrazio che mi hai chiamato alla vita, ed ancor più che, facendomi cristiano, mi hai rigenerato e destinato alla pienezza della vita.

Parimente sento il dovere di ringraziare e di benedire chi a me fu tramite dei doni della vita, da Te, o Signore, elargitimi: chi nella vita mi ha introdotto (oh! siano benedetti i miei degnissimi Genitori!), chi mi ha educato, benvoluto, beneficato, aiutato, circondato di buoni esempi, di cure, di affetto, di fiducia, di bontà, di cortesia, di amicizia, di fedeltà, di ossequio. Guardo con riconoscenza ai rapporti naturali e spirituali che hanno dato origine, assistenza, conforto, significato alla mia umile esistenza: quanti doni, quante cose belle ed alte, quanta speranza ho io ricevuto in questo mondo!
Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare Te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite? Come celebrare degnamente la tua bontà, o Signore, per essere io stato inserito, appena entrato in questo mondo, nel mondo ineffabile della Chiesa cattolica? Come per essere stato chiamato ed iniziato al Sacerdozio di Cristo? Come per aver avuto il gaudio e la missione di servire le anime, i fratelli, i giovani, i poveri, il popolo di Dio, e d’aver avuto l’immeritato onore d’essere ministro della santa Chiesa, a Roma specialmente, accanto al Papa, poi a Milano, come arcivescovo, sulla cattedra, per me troppo alta, e venerabilissima dei santi Ambrogio e Carlo, e finalmente su questa suprema e formidabile e santissima di San Pietro? In aeternum Domini misericordias cantabo.

Siano salutati e benedetti tutti quelli che io ho incontrati nel mio pellegrinaggio terreno; coloro che mi furono collaboratori, consiglieri ed amici - e tanti furono, e così buoni e generosi e cari!
benedetti coloro che accolsero il mio ministero, e che mi furono figli e fratelli in nostro Signore!

A voi, Lodovico e Francesco, fratelli di sangue e di spirito, e a voi tutti carissimi di casa mia, che nulla a me avete chiesto, né da me avuto di terreno favore, e che mi avete sempre dato esempio di virtù umane e cristiane, che mi avete capito, con tanta discrezione e cordialità, e che soprattutto mi avete aiutato a cercare nella vita presente la via verso quella futura, sia la mia pace e la mia benedizione.

Il pensiero si volge indietro e si allarga d’intorno; e ben so che non sarebbe felice questo commiato, se non avesse memoria del perdono da chiedere a quanti io avessi offeso, non servito, non abbastanza amato; e del perdono altresì che qualcuno desiderasse da me. Che la pace del Signore sia con noi.

E sento che la Chiesa mi circonda: o santa Chiesa, una e cattolica ed apostolica, ricevi col mio benedicente saluto il mio supremo atto d’amore.

A te, Roma, diocesi di San Pietro e del Vicario di Cristo, dilettissima a questo ultimo servo dei servi di Dio, la mia benedizione più paterna e più piena, affinché Tu Urbe dell’orbe, sia sempre memore della tua misteriosa vocazione, e con umana virtù e con fede cristiana sappia rispondere, per quanto sarà lunga la storia del mondo, alla tua spirituale e universale missione.

Ed a Voi tutti, venerati Fratelli nell’Episcopato, il mio cordiale e riverente saluto; sono con voi nell’unica fede, nella medesima carità, nel comune impegno apostolico, nel solidale servizio al Vangelo, per l’edificazione della Chiesa di Cristo e per la salvezza dell’intera umanità. Ai Sacerdoti tutti, ai Religiosi e alle Religiose, agli Alunni dei nostri Seminari, ai Cattolici fedeli e militanti, ai giovani, ai sofferenti, ai poveri, ai cercatori della verità e della giustizia, a tutti la benedizione del Papa, che muore.

E così, con particolare riverenza e riconoscenza ai Signori Cardinali ed a tutta la Curia romana: davanti a voi, che mi circondate più da vicino, professo solennemente la nostra Fede, dichiaro la nostra Speranza, celebro la Carità che non muore, accettando umilmente dalla divina volontà la morte che mi è destinata, invocando la grande misericordia del Signore, implorando la clemente intercessione di Maria santissima, degli Angeli e dei anti, e raccomandando l’anima mia al suffragio dei buoni.

2. Nomino la Santa Sede mio erede universale: mi obbligano a ciò dovere, gratitudine, amore. Salvo le disposizioni qui sotto indicate.

3. Sia esecutore testamentario il mio Segretario privato. Egli vorrà consigliarsi con la Segreteria di Stato e uniformarsi alle norme giuridiche vigenti e alle buone usanze ecclesiastiche.

4. Circa le cose di questo mondo: mi propongo di morire povero, e di semplificare così ogni questione al riguardo.

Per quanto riguarda cose mobili e immobili di mia personale proprietà, che ancora restassero di provenienza familiare, ne dispongano i miei Fratelli Lodovico e Francesco liberamente; li prego di qualche suffragio per l’anima mia e per quelle dei nostri Defunti. Vogliano erogare qualche elemosina a persone bisognose o ad opere buone. Tengano per sé, e diano a chi merita e desidera qualche ricordo dalle cose, o dagli oggetti religiosi, o dai libri di mia appartenenza. Distruggano note, quaderni, corrispondenza, scritti miei personali.

Delle altre cose che si possano dire mie proprie: disponga, come esecutore testamentario, il mio Segretario privato, tenendo qualche ricordo per sé, e dando alle persone più amiche qualche piccolo oggetto in memoria. Gradirei che fossero distrutti manoscritti e note di mia mano; e che della corrispondenza ricevuta, di carattere spirituale e riservato, fosse bruciato quanto non era destinato all’altrui conoscenza.

Nel caso che l’esecutore testamentario a ciò non possa provvedere, voglia assumerne incarico la Segreteria di Stato.

5. Raccomando vivamente di disporre per convenienti suffragi e per generose elemosine, per quanto è possibile.

Circa i funerali: siano pii e semplici (si tolga il catafalco ora in uso per le esequie pontificie, per sostituirvi apparato umile e decoroso).

La tomba: amerei che fosse nella vera terra, con umile segno, che indichi il luogo e inviti a cristiana pietà. Niente monumento per me.

6. E circa ciò che più conta, congedandomi dalla scena di questo mondo e andando incontro al giudizio e alla misericordia di Dio: dovrei dire tante cose, tante. Sullo stato della Chiesa; abbia essa ascolto a qualche nostra parola, che per lei pronunciammo con gravità e con amore. Sul Concilio: si veda di condurlo a buon termine, e si provveda ad eseguirne fedelmente le prescrizioni. Sull’ecumenismo : si prosegua l’opera di avvicinamento con i Fratelli separati, con molta comprensione, con molta pazienza, con grande amore; ma senza deflettere dalla vera dottrina cattolica. Sul mondo: non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo.

Chiudo gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica e magnifica, chiamando ancora una volta su di essa la divina Bontà. Ancora benedico tutti. Roma specialmente, Milano e Brescia. Alla Terra santa, la Terra di Gesù, dove fui pellegrino di fede e di pace, uno speciale benedicente saluto.

E alla Chiesa, alla dilettissima Chiesa cattolica, all’umanità intera, la mia apostolica benedizione.

Poi: in manus Tuas, Domine, commendo spiritum meum.

Ego: Paulus PP. VI.

Dato a Roma, presso S. Pietro, il 30 giugno 1965, anno III del nostro Pontificato.

Note complementari
al mio testamento

In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum.
Magnificat anima mea Dominum. Maria!

Credo. Spero. Amo.

Ringrazio quanti mi hanno fatto del bene.

Chiedo perdono a quanti io avessi non fatto del bene. A tutti io do nel Signore la pace.

Saluto il carissimo Fratello Lodovico e tutti i miei familiari e parenti e amici, e quanti hanno accolto il mio ministero. A tutti i collaboratori, grazie. Alla Segreteria di Stato particolarmente.

Benedico con speciale carità Brescia, Milano, Roma, la Chiesa intera. Quam diletta tabernacula tua, Domine!

Ogni mia cosa sia della Santa Sede.

Provveda il mio Segretario particolare, il caro Don Pasquale Macchi, a disporre per qualche suffragio e qualche beneficenza, e ad assegnare qualche ricordo fra libri e oggetti a me appartenuti a sé e a persone care.

Non desidero alcuna tomba speciale.

Qualche preghiera affinché Dio mi usi misericordia.

In Te, Domine, speravi. Amen, alleluia.

A tutti la mia benedizione, in nomine Domini.

PAULUS PP. VI

Castel Gandolfo, 16 settembre 1972, ore 7,30.

Aggiunta
alle mie disposizioni testamentarie

Desidero che i miei funerali siano semplicissimi e non desidero né tomba speciale, né alcun monumento. Qualche suffragio (beneficenze e preghiere).

PAULUS PP. VI

14 luglio 1973

 
 
 

Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 31 Maggio 2006 da mediamemory
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Testamento Spirituale di
San Pio da Pietrelcina

Questo è il mio testamento e la mia eredità: "Amate e fate amare la Madonna, recitate e fate recitare il Rosario".

 
 
 

Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 31 Maggio 2006 da mediamemory
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TESTAMENTO

DI SAN FRANCESCO (1226)

Il Signore dette a me, frate Francesco, d'incominciare a fare penitenza cosi: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d'animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.

E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Poi il Signore mi dette e mi da una cosi grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà.

E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come i miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient'altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue che essi ricevono ad essi soli amministrano agli altri.

E voglio che questi santissimi misteri sopra tutte le altre cose siano onorati, venerati e collocati in luoghi preziosi.

E dovunque troverò manoscritti con i nomi santissimi e le parole di lui in luoghi indecenti, voglio raccoglierli, e prego che siano raccolti e collocati in luogo decoroso.

E dobbiamo onorare e venerare tutti i teologi e coloro che amministrano le santissime parole divine, cosi come coloro che ci amministrano lo spirito e la vita.

E dopo che il Signore mi diede dei frati, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelo che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. Ed io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò.

E quelli che venivano per abbracciare questa vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere, ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e fuori, del cingolo e delle brache. E non volevano avere di più.

Noi chierici dicevano l'ufficio, conforme agli altri chierici; i laici dicevano i Pater noster; e assai volentieri ci fermavamo nelle chiese. Ed eravamo illetterati e sottomessi a tutti.

Ed io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare; e voglio fermamente che tutti gli altri frati lavorino di un lavoro quale si conviene all'onesta. Coloro che non sanno, imparino, non per la cupidigia di ricevere la ricompensa del lavoro, ma per dare l'esempio e tener lontano l'ozio.

Quando poi non ci fosse data la ricompensa del lavoro, ricorriamo alla mensa del Signore, chiedendo l'elemosina di porta in porta.

Il Signore mi rivelo che dicessimo questo saluto:"Il Signore ti dia la pace! ".

Si guardino bene i frati di non accettare assolutamente chiese, povere abitazioni e quanto altro viene costruito per loro, se non fossero come si addice alla santa povertà, che abbiamo promesso nella Regola, sempre ospitandovi come forestieri e pellegrini.

Comando fermamente per obbedienza a tutti i frati che, dovunque si trovino, non osino chiedere lettera alcuna (di privilegio) nella curia romana, ne personalmente ne per interposta persona, ne per una chiesa ne per altro luogo, ne per motivo della predicazione, ne per la persecuzione

dei loro corpi; ma, dovunque non saranno accolti, fuggano in altra terra a fare penitenza con la benedizione di Dio.

E fermamente voglio obbedire al ministro generale di questa fraternità e a quel guardiano che gli piacerà di assegnarmi. E cosi voglio essere prigioniero nelle sue mani, che io non possa andare o fare oltre l'obbedienza e la sua volontà, perché egli e mio signore.

E sebbene sia semplice e infermo, tuttavia voglio sempre avere un chierico, che mi reciti l'ufficio, così come e prescritto nella Regola.

E non dicano i frati: Questa e un'altra Regola, perché questa e un ricordo, un'ammonizione, un'esortazione e il mio testamento, che io, frate Francesco piccolino, faccio a voi, miei fratelli benedetti, perché osserviamo più cattolicamente la Regola che abbiamo promesso al Signore.

E il ministro generale e tutti gli altri ministri custodi siano tenuti, per obbedienza, a non aggiungere e a non togliere niente da queste parole.

E sempre tengano con se questo scritto assieme alla Regola. E in tutti i capitoli che fanno, quando leggono la Regola, leggano anche queste parole.

E a tutti i miei frati, chierici e laici, comando fermamente, per obbedienza, che non inseriscano spiegazioni nella Regola e in queste parole dicendo: "Cosi si devono intendere" ma, come il Signore mi ha dato di dire e di scrivere con semplicità e purezza la Regola e queste parole, così cercate di comprenderle con semplicità e senza commento e di osservarle con sante opere sino alla fine.

E chiunque osserverà queste cose, sia ricolmo in cielo della benedizione dell'altissimo Padre, e in terra sia ricolmato della benedizione del suo Figlio diletto col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i Santi. Ed io frate Francesco piccolino, vostro servo, per quel poco che io posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione. (Amen).

 
 
 

IL TESTAMENTO QUI DI SEGUITO TRASCRITTO E' CONFORME ALL'ORIGINALE.

Post n°5 pubblicato il 31 Maggio 2006 da mediamemory
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"Perfettamente sano di corpo e di mente formulo il mio testamento nel modo che segue: prima di tutto raccomando la mia anima a Dio ed alla Vergine Santissima da cui ho ricevuto infinite grazie e specialmente la pazienza di sopportare quella donna che per mia disgrazia, riuscì ad essere mia moglie e che non era fatta per un compito tanto serio come quello del matrimonio che, secondo lei, è un atto che la donna compie - riferisco le sue testuali parole – “per levarsi una curiosità”.

Debbo a mia moglie la mia completa adesione all’affermazione di un grande filosofo, di cui ora mi sfugge il nome, secondo il quale “la vita è un periodo di tempo, più o meno lungo, di cui la prima metà è amareggiata dalla preoccupazione di crearsi una posizione, e la seconda metà dall’opera nefasta della moglie e dei figli che cercano e, non di rado, riescono a distruggerla”.

Dispongo pertanto che quel poco che è sfuggito al disastro, composto da immobili, mobili, titoli di rendita, denaro contante, depositi presso Banche, libri, apparecchi scientifici, etc.etc. molto poco a dir vero, in confronto di quello che sarebbe stato se Iddio mi avesse destinato una compagna diversa della Signora B. P., che ha determinato la completa rottura con la mia famiglia paterna, dalla quale ero stato prima adorato – sia diviso fra i cosiddetti miei tre figli – noto per inciso che nessuno dei tre mi ha chiamato papà nella misura seguente:

“A mio figlio C. lascio un terzo del mio patrimonio però, in considerazione della sua mania di divertirsi e soprattutto di arricchirsi in un colpo ricorrendo alle speculazioni le più sballate” egli godrà della sola porzione legittima, mentre la disponibile apparterrà ai suoi figli legittimi nati e da nascere.”

“A mio figlio M, che ritengo il meno insensato dei tre, lascio un terzo del mio patrimonio senza alcuna restrizione.”

“A mio figlio G. – dolentissimo che indegnamente porta il mio nome – ignorante, presuntuoso, screanzato e dissoluto (tutto per colpa della madre), lascio la sola legittima, disponendo che la disponibile vada a beneficio degli altri fratelli nel modo predetto.”

Il tutto gravato per quota dell’usufrutto “ex legge” spettante a mia moglie P. B. che, più che una moglie, fu per me una vipera ed alle cui doti negative va attribuito il presente testamento.

Dispongo infine che chiunque degli aventi diritto sopprimesse, celasse od alterasse il presente testamento, sia dichiarato indegno di succedere come per legge."

....20 marzo 1942

C. Avv. S.

 
 
 

Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 31 Maggio 2006 da mediamemory
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Artista: Fabrizio De Andre'
Album:
Volume III°
Titolo: Il testamento



Quando la morte mi chiamerà
forse qualcuno protesterà
dopo aver letto nel testamento
quel che gli lascio in eredità
non maleditemi non serve a niente
tanto all'inferno ci sarò già

ai protettori delle battone
lascio un impiego da ragioniere
perché provetti nel loro mestiere
rendano edotta la popolazione

ad ogni fine di settimana
sopra la rendita di una puttana
ad ogni fine di settimana
sopra la rendita di una puttana

voglio lasciare a Bianca Maria
che se ne frega della decenza
un attestato di benemerenza
che al matrimonio le spiani la via

con tanti auguri per chi c'è caduto
di conservarsi felice e cornuto
con tanti auguri per chi c'è caduto
di conservarsi felice e cornuto

sorella morte lasciami il tempo
di terminare il mio testamento
lasciami il tempo di salutare
di riverire di ringraziare
tutti gli artefici del girotondo
intorno al letto di un moribondo

signor becchino mi ascolti un poco
il suo lavoro a tutti non piace
non lo consideran tanto un bel gioco
coprir di terra chi riposa in pace

ed è per questo che io mi onoro
nel consegnarle la vanga d'oro
ed è per questo che io mi onoro
nel consegnarle la vanga d'oro

per quella candida vecchia contessa
che non si muove più dal mio letto
per estirparmi l'insana promessa
di riservarle i miei numeri al lotto

non vedo l'ora di andar fra i dannati
per rivelarglieli tutti sbagliati
non vedo l'ora di andar fra i dannati
per rivelarglieli tutti sbagliati

quando la morte mi chiederà
di restituirle la libertà
forse una lacrima forse una sola
sulla mia tomba si spenderà
forse un sorriso forse uno solo
dal mio ricordo germoglierà

se dalla carne mia già corrosa
dove il mio cuore ha battuto un tempo
dovesse nascere un giorno una rosa
la do alla donna che mi offrì il suo pianto

per ogni palpito del suo cuore
le rendo un petalo rosso d'amore
per ogni palpito del suo cuore
le rendo un petalo rosso d'amore

a te che fosti la più contesa
la cortigiana che non si dà a tutti
ed ora all'angolo di quella chiesa
offri le immagini ai belli ed ai brutti

lascio le note di questa canzone
canto il dolore della tua illusione
a te che sei costretta per tirare avanti
costretta a vendere Cristo e i santi

quando la morte mi chiamerà
nessuno al mondo si accorgerà
che un uomo è morto senza parlare
senza sapere la verità
che un uomo è morto senza pregare
fuggendo il peso della pietà

cari fratelli dell'altra sponda
cantammo in coro già sulla terra
amammo tutti l'identica donna
partimmo in mille per la stessa guerra
questo ricordo non vi consoli
quando si muore si muore si muore soli
questo ricordo non vi consoli
quando si muore si muore soli.


 
 
 

Il testamento di GIUSEPPE PARINI

Post n°3 pubblicato il 30 Maggio 2006 da mediamemory

 

‡ † ‡

Nel nome del Signore Iddio; nell'anno della di lui nascita millesettecentonovantotto, correndo l'indizione romana seconda, nel giorno di lunedì quindici ottobre, vecchio stile (ventiquattro vendemiale anno VII repubblicano).

Siccome è inevitabile la morte ed incerta l'ora della medesima, così io, prete Giuseppe Parini del fu Francesco Maria, abitante nell'altre volte collegio di Brera di questa comune, situato in Porta Nuova; parrocchia di San Marco, sano di mente, vista, loquela, udito ed anche di corpo, ho determinato di fare, siccome fo, il presente mio testamento nuncupativo implicito, ossia per relationem ad schedulamin forza del quale:

Dico e dichiaro primieramente di non aver fatto alcun altro testamento, codicillo od atto di ultima volontà, per quanto io mi ricordi; e, qualora si ritrovasse (il che non credo) qualche codicillo, donazione per causa di morte, o qualunque altra disposizione di mia ultima volontà, quella e quelle ho rivocato, cassato ed annullato, siccome casso, revoco ed annullo in ogni miglior modo, ancorchè in quello o quelli o in altro d'essi vi fossero parole derogatorie del presente mio testamento, delle quali fosse preciso il fare individua menzione, essendo la mia precisa e determinata volontà che questo testamento sia derogatorio a tutti gli antecedenti, e che questo solo debba unicamente attendersi ed osservarsi, e le altre disposizioni come non fatte.

Voglio, ordino e comando che le spese funebri mi siano fatte nel più semplice e mero necessario, ed all'uso che si costuma per il più infimo dei cittadini.

Lascio, in via di legato e di particolare istituzione o come meglio, ecc., a Francesco Facchetti, mio attuale inserviente, due terzi del mio spoglio della biancheria sì da letto che da tavola, dei mobili, suppellettili, cumò, canapè, stagni, quadri ed altro, compresa anche la mia libreria, ma esclusa sempre qualunque cosa di metallo, qualunque sia il metallo medesimo, che deve rimanere in proprietà degli infrascritti miei eredi; e l'altro terzo di quanto sopra l'ho lasciato e lascio, in via pure di legato e di particolare istituzione come sopra, a Benedetta Lavezzari, pure attuale mia inserviente. Questo legato però non avrà effetto a favore di casi o di altro di loro, se non nel caso che al tempo di mia morte siano al mio servizio; mentre, qualora essi o alcuno di essi non fosse o fossero più al mio servizio al tempo di mia morte, non avrà più effetto questo legato rispetto a quegli o quella che non sarà più al mio servizio, e la sostanza come sopra ad essi rispettivamente legata dovrà cedere in allora ed accrescere a favore degli eredi da me come abbasso instituiti e nominati; ed in allora si darà invece a quella persona o persone che saranno al mio servizio unicamente il mio spoglio e vestiario, e quel di più che crederanno gli infrascritti miei esecutori testamentarii, nei quali pienamente confido ed ai quali conferisco perciò ogni più ampia ed opportuna facoltà.

A tal effetto incarico gli stessi miei esecutori testamentarii che, subito seguita la mia morte, debbano apprendere, senz'opera o ministero di giudice, ed assicurare tutta la mia sostanza, facendone poi fare l'opportuno inventario, per quella consegnare agli infrascritti miei eredi all'atto che li medesimi si presenteranno e che avranno dichiarato nelle forme di adire la mia eredità; beninteso però e dichiarato che li predetti miei esecutori testamentarii non siano mai obbligati a consegnare l'eredità a' suddetti miei eredi, se prima non saranno soddisfatti in totalità tutti li legati da me come sopra disposti, nonchè le spese funebri e li debiti che vi possano essere al tempo di mia morte, e non altrimenti.

A tale effetto dovranno gl'infrascritti miei esecutori testamentarii far fare, contemporaneamente all'inventario, anche la stima de' miei mobili, suppellettili, argenti, come sopra, massime all'oggetto di poter dividere secondo il da me disposto le robbe legate in quota al Facchetti ed alla Lavezzari, e per ogni altro effetto di ragione.

Ritrovandosi dopo mia morte qualche nota da me scritta od anche semplicemente da me sottoscritta dopo il presente mio testamento, voglio che tale nota debba unirsi al medesimo, e quindi eseguirsi come parte dello stesso testamento.

In tutta poi la restante mia sostanza, dedotti i legati come sopra da me disposti e soddisfatte da' miei esecutori testamentarii le spese funebri come sopra, come pure soddisfatti li debiti che vi possano essere al tempo di mia morte e le occorrenti spese, ho instituito ed instituisco miei eredi universali per una metà li figli e discendenti maschi da maschio del fu Carlo Appiani del luogo di Bosisio, e per l'altra metà li figli e discendenti maschi da maschio del fu Francesco Corneo del luogo di Monestirolo sopra Porcara, i quali Carlo Appiani e Francesco Corneo erano miei nipoti per parte di sorelle; e, in mancanza de' maschi tanto del suddetto Appiani che del suddetto Corneo od altro d'essi, instituisco le femmine da essi rispettivamente discendenti e li figli maschi d'esse femmine, in caso di mancanza delle medesime, tutti per eguali proporzioni.

Dichiaro ad ogni miglior effetto di ragione che tutto il denaro effettivo, che si ritroverà al tempo di mia morte, come pure tutti gli argenti, le bigioterie ed altre cose di valore, nonchè le cose di metallo, qualunque sia il metallo medesimo, comprendendo in questa denominazione anche il rame, peltro, bronzo e simili, come pure qualunque credito a me spettante per qualsivoglia titolo e causa, ed altresì li manoscritti delle mie opere debbano essere assolutamente esclusi dal legato come sopra da me disposto a favore dei suddetti Facchetti e Lavezzari, e debbano formare parte dell'eredità mia a favore degli eredi da me sopra nominati ed Istituiti.

In esecutori testamentari poi di questa mia disposizione ho deputato e deputo il cittadino Giovanni Antonio Vimercati, pubblico notaro di Milano, mio conoscente, a cui intendo consegnare questo mio testamento nuncupativo implicito, ed il cittadino prete Cesare Frapolli, attuale reggente nelle Scuole di Brera, e ciò solidalmente, cosicché quello che principierà l'uno possa finir l'altro, e così viceversa; conferendo ai medesimi, per tutto quanto sopra, la più ampia autorità, ed incaricandoli di dare la piena esecuzione al da me come sopra disposto.

Dichiarando inoltre, ad ogni miglior effetto di ragione, di avere messa la mia firma su questo foglio di fronte all'istituzione degli eredi da me come sopra nominati ed instituiti. Ed in fede io sottoscrivo anche qui abbasso di propria mano, nel giorno mese ed anno suddetti.

GIUSEPPE PARINI.

 

All'esterno:

 

1798, giorno di lunedì, quindici del mese di ottobre, vendemiale 24, anno VII repubblicano.

Testamento nuncupativo implicito che consegno al cittadino Giovanni Antonio Vimercati, notaro di Milano, perchè dopo la mia morte lo apri e pubblichi, senza veruna formalità.

 

GIUSEPPE PARINI.

 

 
 
 

IL TESTAMENTO DEL PAPA

Post n°2 pubblicato il 30 Maggio 2006 da mediamemory
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TESTAMENTO DEL SANTO PADRE
GIOVANNI PAOLO II

 

Totus Tuus ego sum

Nel Nome della Santissima Trinità. Amen.

«Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà» (cfr Mt 24, 42) — queste parole mi ricordano l'ultima chiamata, che avverrà nel momento in cui il Signore vorrà. Desidero seguirLo e desidero che tutto ciò che fa parte della mia vita terrena mi prepari a questo momento. Non so quando esso verrà, ma come tutto, anche questo momento depongo nelle mani della Madre del mio Maestro: Totus Tuus. Nelle stesse mani materne lascio tutto e Tutti coloro con i quali mi ha collegato la mia vita e la mia vocazione. In queste Mani lascio soprattutto la Chiesa, e anche la mia Nazione e tutta l'umanità. Ringrazio tutti. A tutti chiedo perdono. Chiedo anche la preghiera, affinché la Misericordia di Dio si mostri più grande della mia debolezza e indegnità.

Durante gli esercizi spirituali ho riletto il testamento del Santo Padre Paolo VI. Questa lettura mi ha spinto a scrivere il presente testamento.

Non lascio dietro di me alcuna proprietà di cui sia necessario disporre. Quanto alle cose di uso quotidiano che mi servivano, chiedo di distribuirle come apparirà opportuno. Gli appunti personali siano bruciati. Chiedo che su questo vigili don Stanislao, che ringrazio per la collaborazione e l'aiuto così prolungato negli anni e così comprensivo. Tutti gli altri ringraziamenti, invece, li lascio nel cuore davanti a Dio stesso, perché è difficile esprimerli.

Per quanto riguarda il funerale, ripeto le stesse disposizioni, che ha dato il Santo Padre Paolo VI. (qui nota al margine: il sepolcro nella terra, non in un sarcofago, 13.3.92). Del luogo decidano il Collegio Cardinalizio e i Connazionali.

«apud Dominum misericordia
et copiosa apud Eum redemptio»

Giovanni Paolo pp. II

 

Roma, 6.III.1979

Dopo la morte chiedo Sante Messe e preghiere

5.III.1990

      * * *

Esprimo la più profonda fiducia che, malgrado tutta la mia debolezza, il Signore mi concederà ogni grazia necessaria per affrontare secondo la Sua volontà qualsiasi compito, prova e sofferenza che vorrà richie-dere dal Suo servo, nel corso della vita. Ho anche fiducia che non permetterà mai che, mediante qualche mio atteggiamento: parole, opere o omissioni, possa tradire i miei obblighi in questa santa Sede Petrina.

        * * *

24.II — 1.III.1980

Anche durante questi esercizi spirituali ho riflettuto sulla verità del Sacerdozio di Cristo nella prospettiva di quel Transito che per ognuno di noi è il momento della propria morte. Del congedo da questo mondo — per nascere all'altro, al mondo futuro, segno eloquente (aggiunto sopra: decisivo) è per noi la Risurrezione di Cristo.

Ho letto dunque la redazione del mio testamento dello scorso anno, fatta anch'essa durante gli esercizi spirituali — l'ho paragonata con il testamento del mio grande Predecessore e Padre Paolo VI, con quella sublime testimonianza sulla morte di un cristiano e di un papa — e ho rinnovato in me la coscienza delle questioni, alle quali si riferisce la redazione del 6.III.1979 preparata da me (in modo piuttosto provvisorio).

Oggi desidero aggiungere ad essa solo questo, che ognuno deve tener presente la prospettiva della morte. E deve esser pronto a presentarsi davanti al Signore e al Giudice — e contemporaneamente Redentore e Padre. Allora anche io prendo in considerazione questo continuamente, affidando quel momento decisivo alla Madre di Cristo e della Chiesa — alla Madre della mia speranza.

I tempi, nei quali viviamo, sono indicibilmente difficili e inquieti. Difficile e tesa è diventata anche la via della Chiesa, prova caratteristica di questi tempi — tanto per i Fedeli, quanto per i Pastori. In alcuni Paesi (come p.e. in quello di cui ho letto durante gli esercizi spirituali), la Chiesa si trova in un periodo di persecuzione tale, da non essere inferiore a quelle dei primi secoli, anzi li supera per il grado della spietatezza e dell'odio. Sanguis martyrum — semen christianorum. E oltre a questo — tante persone scompaiono inno-centemente, anche in questo Paese in cui viviamo...

Desidero ancora una volta totalmente affidarmi alla grazia del Signore. Egli stesso deciderà quando e come devo finire la mia vita terrena e il ministero pastorale. Nella vita e nella morte Totus Tuus mediante l'Imma-colata. Accettando già ora questa morte, spero che il Cristo mi dia la grazia per l'ultimo passaggio, cioè la [mia] Pasqua. Spero anche che la renda utile per questa più importante causa alla quale cerco di servire: la salvezza degli uomini, la salvaguardia della famiglia umana, e in essa di tutte le nazioni e dei popoli (tra essi il cuore si rivolge in modo particolare alla mia Patria terrena), utile per le persone che in modo particolare mi ha affidato, per la questione della Chiesa, per la gloria dello stesso Dio.

Non desidero aggiungere niente a quello che ho scritto un anno fa — solo esprimere questa prontezza e contemporaneamente questa fiducia, alla quale i presenti esercizi spirituali di nuovo mi hanno disposto.

Giovanni Paolo II

* * *

5.III.1982

Nel corso degli esercizi spirituali di quest'anno ho letto (più volte) il testo del testamento del 6.III.1979. Malgrado che tuttora lo consideri come provvisorio (non definitivo), lo lascio nella forma nella quale esiste. Non cambio (per ora) niente, e neppure aggiungo, per quanto riguarda le disposizioni in esso contenute.

L'attentato alla mia vita, il 13.V.1981, in qualche modo ha confermato l'esattezza delle parole scritte nel periodo degli esercizi spirituali del 1980 (24.II – 1.III)

Tanto più profondamente sento che mi trovo totalmente nelle Mani di Dio — e resto continuamente a disposizione del mio Signore, affidandomi a Lui nella Sua Immacolata Madre (Totus Tuus)

Giovanni Paolo pp. II

 * * *

5.III.82

P.s. In connessione con l'ultima frase del mio testamento del 6.III.1979 («Sul luogo / il luogo cioè del funerale / decidano il Collegio Cardinalizio e i Con-nazionali») — chiarisco che ho in mente: il metropolita di Cracovia o il Consiglio Generale dell'Episcopato della Polonia — al Collegio Cardinalizio chiedo intanto di soddisfare in quanto possibile le eventuali domande dei su elencati.

* * *

1.III.1985 (nel corso degli esercizi spirituali).

Ancora — per quanto riguarda l'espressione «Collegio Cardinalizio e i Connazionali»: il «Collegio Cardinalizio» non ha nessun obbligo di interpellare su questo argomento «i Connazionali»; può tuttavia farlo, se per qualche motivo lo riterrà giusto.

JPII

* * *

Esercizi spirituali dell'anno giubilare 2000

(12-18.III)

[per il testamento]

1. Quando nel giorno 16 ottobre 1978 il conclave dei cardinali scelse Giovanni Paolo II, il Primate della Polonia Card. Stefan Wyszyński mi disse: «Il compito del nuovo papa sarà di introdurre la Chiesa nel Terzo Millennio». Non so se ripeto esattamente la frase, ma almeno tale era il senso di ciò che allora sentii. Lo disse l'Uomo che è passato alla storia come Primate del Millennio. Un grande Primate. Sono stato testimone della sua missione, del Suo totale affidamento. Delle Sue lotte: della Sua vittoria. «La vittoria, quando avverrà, sarà una vittoria mediante Maria» — queste parole del suo Predecessore, il Card. August Hlond, soleva ripetere il Primate del Millennio.

In questo modo sono stato in qualche maniera preparato al compito che il giorno 16 ottobre 1978 si è presentato davanti a me. Nel momento in cui scrivo queste parole, l'Anno giubilare del 2000 è già una realtà in atto. La notte del 24 dicembre 1999 è stata aperta la simbolica Porta del Grande Giubileo nella Basilica di San Pietro, in seguito quella di San Giovanni in Laterano, poi di Santa Maria Maggiore — a capodanno, e il giorno 19 gennaio la Porta della Basilica di San Paolo «fuori le mura». Quest'ultimo avvenimento, a motivo del suo carattere ecumenico, è restato impresso nella memoria in modo particolare.

2. Man mano che l'Anno Giubilare 2000 va avanti, di giorno in giorno si chiude dietro di noi il secolo ventesimo e si apre il secolo ventunesimo. Secondo i disegni della Provvidenza mi è stato dato di vivere nel difficile secolo che se ne sta andando nel passato, e ora nell'anno in cui l'età della mia vita giunge agli anni ottanta («octogesima adveniens»), bisogna domandarsi se non sia il tempo di ripetere con il biblico Simeone «Nunc dimittis».

Nel giorno del 13 maggio 1981, il giorno del-l'attentato al Papa durante l'udienza generale in Piazza San Pietro, la Divina Provvidenza mi ha salvato in modo miracoloso dalla morte. Colui che è unico Signore della vita e della morte Lui stesso mi ha prolungato questa vita, in un certo modo me l'ha donata di nuovo. Da questo momento essa ancora di più appartiene a Lui. Spero che Egli mi aiuterà a riconoscere fino a quando devo continuare questo servizio, al quale mi ha chiamato nel giorno 16 ottobre 1978. Gli chiedo di volermi richiamare quando Egli stesso vorrà. «Nella vita e nella morte apparteniamo al Signore... siamo del Signore» (cfr Rm 14, 8). Spero anche che fino a quando mi sarà donato di compiere il servizio Petrino nella Chiesa, la Misericordia di Dio voglia prestarmi le forze necessarie per questo servizio.

3. Come ogni anno durante gli esercizi spirituali ho letto il mio testamento del 6.III.1979. Continuo a mantenere le disposizioni contenute in esso. Quello che allora, e anche durante i successivi esercizi spirituali è stato aggiunto costituisce un riflesso della difficile e tesa situazione generale, che ha marcato gli anni ottanta. Dall'autunno dell'anno 1989 questa situazione è cambiata. L'ultimo decennio del secolo passato è stato libero dalle precedenti tensioni; ciò non significa che non abbia portato con sé nuovi problemi e difficoltà. In modo particolare sia lode alla Provvidenza Divina per questo, che il periodo della così detta «guerra fredda» è finito senza il violento conflitto nucleare, di cui pesava sul mondo il pericolo nel periodo precedente.

4. Stando sulla soglia del terzo millennio «in medio Ecclesiae», desidero ancora una volta esprimere gratitudine allo Spirito Santo per il grande dono del Concilio Vaticano II, al quale insieme con l'intera Chiesa — e soprattutto con l'intero episcopato — mi sento debitore. Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito. Come vescovo che ha partecipato all'evento conciliare dal primo all'ultimo giorno, desidero affidare questo grande patrimonio a tutti coloro che sono e saranno in futuro chiamati a realizzarlo. Per parte mia ringrazio l'eterno Pastore che mi ha permesso di servire questa grandissima causa nel corso di tutti gli anni del mio pontificato.

«In medio Ecclesiae»... dai primi anni del servizio episcopale — appunto grazie al Concilio — mi è stato dato di sperimentare la fraterna comunione dell'Epi-scopato. Come sacerdote dell'Arcidiocesi di Cracovia avevo sperimentato che cosa fosse la fraterna comunione del presbiterio — il Concilio ha aperto una nuova dimensione di questa esperienza.

5. Quante persone dovrei qui elencare! Probabilmente il Signore Dio ha chiamato a Sé la maggioranza di esse — quanto a coloro che ancora si trovano da questa parte, le parole di questo testamento li ricordino, tutti e dappertutto, dovunque si trovino.

Nel corso degli oltre vent'anni da cui svolgo il servizio Petrino «in medio Ecclesiae» ho sperimentato la benevola e quanto mai feconda collaborazione di tanti Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, tanti sacerdoti, tante persone consacrate — Fratelli e Sorelle — infine di tantissime persone laiche, nell'ambiente curiale, nel Vicariato della Diocesi di Roma, nonché fuori di questi ambienti.

Come non abbracciare con grata memoria tutti gli Episcopati nel mondo, con i quali mi sono incontrato nel succedersi delle visite «ad limina Apostolorum»! Come non ricordare anche tanti Fratelli cristiani — non cattolici! E il rabbino di Roma e così numerosi rappresentanti delle religioni non cristiane! E quanti rappresentanti del mondo della cultura, della scienza, della politica, dei mezzi di comunicazione sociale!

6. A misura che si avvicina il limite della mia vita terrena ritorno con la memoria all'inizio, ai miei Genitori, al Fratello e alla Sorella (che non ho conosciuto, perché morì prima della mia nascita), alla parrocchia di Wadowice, dove sono stato battezzato, a quella città della mia giovinezza, ai coetanei, compagne e compagni della scuola elementare, del ginnasio, dell'università, fino ai tempi dell'occupazione, quando lavorai come operaio, e in seguito alla parrocchia di Niegowić, a quella cracoviana di S. Floriano, alla pastorale universitaria, all'ambiente... a tutti gli ambienti... a Cracovia e a Roma... alle persone che in modo speciale mi sono state affidate dal Signore.

A tutti voglio dire una sola cosa: «Dio vi ricompensi»!

«In manus Tuas, Domine, commendo spiritum meum»

A.D.

17.III.2000

(Traduzione dall'originale in lingua polacca)

 
 
 

Post N° 1

Post n°1 pubblicato il 29 Maggio 2006 da mediamemory
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Cari bloggers,

mi piace pensare che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha provato il desiderio di fissare su carta (ora, su foglio elettronico) le  proprie  "ultime volontà".

Ovviamente non mi riferisco ai multimiliardari (in lire) o multimilionari (in euro) poichè per tali pochi eletti, si fa ricorso a stuoli di avvocati et similia cui viene afffidato il compito di far "traghettare" da un soggetto all'altro i beni di famiglia.

Mi rivolgo, invece, ai comuni mortali: a gente semplice che non deve pensare come evitare di far bisticciare i suoi eredi dopo la sua dipartita a causa dei tanti beni (materiali) che lascia.

Ed allora, perchè non "provare" a scrivere le  proprie "ultime volontà" ora che si è in vita (nella quale ci si augura di restarci ancora a lungo....molto a lungo!!) e di metterle in rete e parteciparle a tutti i lettori del blog.

Ovviamente si eviterà ogni riferimento specifico a persone, luoghi, situazioni, etc. : questa sarà l'unica limitazione ai vostri scritti che commenteremo insieme.

A voi dunque: fateci conoscere le vostre "ultime (forse "penultime") volontà nello spazio dedicato ai  "commenti" ai testamenti redatti da personaggi famosi che di volta in volta pubblicherò.

A presto !

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