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Gli ambasciatori


Quando ho varcato per la prima volta l'ingresso della National Gallery a Londra, sono rimasto affascinato da un'infinità di particolari, oltreché dalla bellezza dei capolavori in essa custoditi.Ricordo, per esempio, ciò che lessi su un cartello affisso in prossimità dell'entrata. Recitava più o meno così: "i dipinti qui custoditi sono patrimonio dell'umanità. Affinché tutti possano ammirarli, non è richiesto l'acquisto del biglietto".Se dovessi trovare la parola che meglio esprime il significato di questa frase sceglierei senza ombra di dubbio il termine "equità". So che è un'esprssione retorica, ricorda i libri di scuola e l'educazione civica. Qui mi riferisco al senso profondo del termine, "la giustizia del caso singolo".Ma torniamo a Londra.Non riuscirei mai a stilare una classifica dei dipinti esposti nel prestigioso museo londinese. In primis, perché non sono riuscito a vederli tutti; in secundis, perché la magnificenza di ciascuno li rende incomparabili.Ne ricordo uno, che più di altri mi ha suscitato pensieri e riflessioni ancora vive a distanza di anni. Il ritratto di cui parlo raffigura "Gli Ambasciatori", ed è stato dipinto da Hans Holbein verso la metà del Cinquecento (in pieno rinascimento).Ho letto qualche informazione su internet per rinfrescare la memoria, ma non voglio trascriverle perché sarebbe un tedio infernale.La critica d'arte è una materia che allontana le persone dall'arte, impedisce di apprezzare i dipinti in assolutà libertà.Volevo invece scrivere che i due ambasciatori hanno una caratteristica peculiare: lo sguardo. Quello di destra ha gli occhi socchiusi, a testimonianza di uno spirito contemplativo. L'altro ha uno sguardo più vivace, esprime la tempra dell'uomo d'azione. Il diverso approccio alla vita si riflette nella profondità dello sguardo dei due illustri diplomatici.Mai come in questo periodo sto realizzando quanto i due mondi siano distanti.Mi torna in mente Italo Svevo, che alternava la vita dell'uomo d'affari a quella del letterato, sostenendo anch'egli che le due realtà fossero pressoché incompatibili.Sono d'accordo. Scrivere richiede tempo, pazienza, tristezza, solitudine, felicità, introspezione. Attributi che intralciano irrimediabilmente la vita dell'uomo d'azione. Scegliere una strada richiede l'abbandono dell'altra.L'alternativa?Il limbo.