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Storie di vampiri e non solo


Mi sono dedicato per buona parte del giorno alla lettura di un celebre romanzo: Dracula, di Bram Stoker.Trovo che sia una letteratura intensa e inquietante, ricca nella forma e nei contenuti: da tempo non mi capitava di imbattermi in parole così fluide e stupefacenti.Molte storie sono talmente famose da essere ormai ricoperte da uno strato di polvere; un comprensibilissimo sentimento di noia ci avvolge ogniqualvolta, in libreria, scorriamo con gli occhi lo scaffale dove sono riposti i classici. Chi non ha vissuto un’esperienza del genere? Pensate a titoli come I promessi sposi, La montagna incantata, La Divina commedia, Guerra e pace, Delitto e Castigo, Il nome della Rosa, e potrei continuare. A chi attribuirne la responsabilità? Non ultima, è stata la scuola a renderci nauseanti simili capolavori. Al liceo (ormai sono passati dieci anni!), avevo un insegnante che mi ha fatto amare la letteratura attraverso gli autori contemporanei, quasi miei coetanei. Credeva, il Professore, che proporre scritture giovanili fosse un ottimo viatico per intraprendere letture di volta in volta più impegnative. Non si può partire subito con Proust, però ci si può arrivare passo dopo passo (step by step, per usare un’odiosissima espressione oggi in voga). Per carità, non è mia intenzione assegnare tutte le colpe all’istituzione scolastica. Anche il lavoro è ladro di tempo ed energie vitali, annichilisce la creatività e ci rende poco inclini a trascorrere il poco tempo libero piegati su tomi di letteratura classica. Per non parlare della televisione e di internet; forse il progresso è diventato il diavolo dei tempi moderni. Il linguaggio è sempre più veloce, condito di inglesismi e di acronimi di ogni tipo: una lettura ricca di particolari non ci permette di rilassarci fino in fondo. Il cervello deve essere vuoto, sgombro di pensieri. Insomma, è meglio facebook!Dracula di Stoker è una storia di vampiri, resa celebre dalle innumerevoli versioni cinematografiche che sono state prodotte. Leggendo il romanzo ci si rende conto della straordinarietà dello scrittore, della potenza evocativa di cui è farcita ogni pagina della narrazione. Sembra quasi di essere lì, di camminare per i cupi corridoi del castello del Conte in Transilvania, o per le vie di una Londra ottocentesca infestata dalla presenza spettrale del vampiro. Non so perché, ma ho come la sensazione che la figura del Conte Dracula ispiri nel lettore una certa simpatia, benché in fin dei conti si tratti di un demone (quindi, un rappresentante del maligno) e malgrado lo scrittore ne dipinga un ritratto tetro e ripugnante.Forse la ragione di tale stranezza si riallaccia alla mia prima impressione: certi romanzieri hanno un talento così raro che la loro penna riesce a rendere invidiabile perfino la miseria, o mirabile la malvagità.Nel romanzo Il Maestro e Margherita, scritto da un altro genio della letteratura, il male si rende necessario al bene. A una simile conclusione, del resto, era giunto molti anni prima Eraclito di Efeso, predicando che se non ci fosse il male, non potremmo nemmeno essere coscienti del bene, dal momento che resteremmo sprovvisti di uno dei due termini di paragone.