diario randagio

Ormai sono in giro da mesi.


Non so piu nenanche perche` sono in un posto o perche` arrivo in un altro, se un motivo c`era non me lo ricordo piu. Ma non mi preoccupo piu`. Di niente. Per ersempio certi giorni non trovo niente da mangiare, e resto con la fame, la fame quella vera, quella che mi diceva mia nonna quando parlava della guerra. Mia nonna era di Rimini, famiglia fascistona, troppi fratelli maschi e una madre troppo donna o troppo debole o troppo dolce. Cosi mia nonna era scappata, col suo pancione forse scelto ad hoc, e si e` rifugiata a roma, lei e il suo maritino in una stanzetta a trastevere. Ma era il 35, e non credo che trastevere fosse molto trendy ancora. Ora ci sono un sacco di posticini dove trovare qualche osso sugoso da spolpare, ma nel 35 no, c`era la fame quella vera. Ma l`importante era esser li`, giusto? era essere scappati, era essere liberi. Me la vedo mia nonna, (di sicuro una barboncina, occhioni  dolci, corpo minuto, pelo arruffato, voce leggermente fastidiosa), libera dall`ansia con cui vivi quando non ti piace la famiglia in cui sei nato. Randagia, precaria, sporca e perduta, ma finalmente libera, finalmente serena. Perche e` questo il senso, no? E` questo che ci spinge a essere randagi, non e` quello che cerchiamo, ma quello da cui scappiamo, giusto? A volte ce lo scordiamo, e ci sentiamo dei sognatori, soli, ululiamo alla luna, meravigliosi e disperati, ma non e` cosi`. Non siamo artisti della vita. Siamo in fuga. Due mesi dopo il lupetto di nonna mori`. Fine del sogno. Si dice che nonna aveva caldo, era estate e i loro corpi erano bagnati di sudore. Attacca il ventilatore per favore, deve aver chiesto lei. Si cara, subito -  immagino lui, un setter, forse, o un giovane pastore tedesco, fedele e sfortunato. E in un lampo Zap! Tutto finito, maritino fulminato, pancione da sgravare, una guerra da arrivare. E` tornata a rimini mia nonna, e` rientratata in quella casa di mostri da cui era fuggita. ha preso tante di quelle botte da suo padre che per poco non ha perso il bambino. Anzi la bambina, mia madre.Anni dopo e` fuggita di nuovo, con un altro marito (ve l`ho detto, nonna Emilia era una barboncina...), perche` una volta che te ne vai, te ne vai per sempre. E cosi` e` stato per me. Ho preso tanto da lei. Ma io non sono un barboncino. il barboncino, per quanto leziosa, e` pur sempre una razza. Io non sono di razza. Io sono un incrocio, un meticcio, un bastardo. Non ho un pedigree, ho solo una gran paura. Oggi giorno che mi sveglio la sento e schizzo a girare per le strade, come una trottola. Finche ero a casa andavo nei parchi, nei giardini, ma non pensate che stavo fermo su una panchina come un pensionato. anche nei parchi, ero sempre in giro. cercavo tra la spazzatura qsa di profumoso o commestibile o carino o giocoso o whatever. rovistavo e dissotterravo. una volta ho trovato un passaporto, e sono scappato. Tanto a quel punto un identita` valeva l`altra.Ho cominciato cosi`. Sulle orme di mia nonna. Lei e` morta sola, vedremo che sara` di me.