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Storia e memoria della Maruska

 

 
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La Festa Nazionale dell'Unità

Post n°15 pubblicato il 07 Novembre 2015 da claudio_tiny

Un appuntamento fisso del calendario annuale della Maruska era la gita alla Festa Nazionale dell'Unità, che si teneva ogni anno in una città diversa (ma quasi sempre al centro-nort, Emilia o Toscana) nei primi quindici giorni di settembre.

In genere si organizzava un pullman, che partiva da Gropello la domenica mattina molto presto, e si arrivava alla festa quando ancora non era del tutto aperta. Siccome il sabato sera gli spettacoli e le altre attività proseguivano a fino a notte inoltrata, i compagni che vi lavoravano (gratuitamente, è bene ricordarlo: molti di loro prendevano le ferie apposta per poter dare una mano a far funzionare la festa), alla domenica mattina gli addetti agli stands se la prendevano comoda, e aprivano dopo le dieci.

Noi arrivavamo in compagnia, ma subito ci sparpagliavamo. C'era chi, preoccupato di dover fare la fila ai ristoranti, andava a piazzarsi davanti agli ingressi quando ancora le cucine non erano state accese (chissà perché, c'era sempre chi aveva paura di non trovare posto per il pranzo…). Altri invece iniziavano a esplorare gli stands, approfittando del fatto che essendoci ancora poca gente si poteva vedere tutto con più tranquillità.

Per chi non avesse mai avuto l'occasione di partecipare a una di queste feste, ricordo come era organizzata: c'erano stands specializzati (ristoranti, sia italiani – suddivisi per cucina regionale – che stranieri, in genere collegati ai paesi “fratelli”, quelli che all'epoca venivano chiamati “paesi socialisti”); poi c'erano gli stands che vendevano dei prodotti specifici (in particolare, era sempre presente una libreria enorme, dove si trovavano libri che difficilmente si potevano trovare nelle librerie cittadine), spazi dedicati ai dibattiti, e altri per attività all'aria aperta (concerti, oppure attività sportive). Il tutto era gestito da volontari, ovviamente tutti militanti del PCI.

Di quelle gite, ricordo molti episodi curiosi e divertenti. E molti di questi riguardano, immancabilmente, il buon Enzo Burroni.

Una volta, si andava a Modena, e mia sorella Laura (sua moglie) aveva preparato un thermos pieno di caffè da bere durante il viaggio. Ci fermammo in un autogrill, e non so come avvenne ma Enzo si versò addosso buona parte del contenuto di quel thermos. Arrivati alla festa, la prima cosa che fu cercare uno stand che vendesse delle magliette. Trovò quello dove vendevano magliette del Cile, con scritto “Venceremos!” e con l'immagine del pugno chiuso. La comprò e la indossò subito, e per tutto il giorno girò con quella maglietta.

La cosa ancora più divertente è che, tornati a casa, mia sorella lavò la maglietta, che essendo di qualità perlomeno discutibile si restrinse di parecchio, così che Enzo non ci entrava più. Allora la fece indossare alla loro figlia Marta, che andò all'asilo (dalle suore!) con addosso la maglietta con scritto “Venceremos!”.

Un altro episodio raccontatomi da mia sorella (purtroppo non ero presente di persona, mi son perso una scena divertentissima) ha come protagonista Claudio Muzzi. Erano insieme Muzzi con sua moglie Clara, Enzo e Laura. Arrivarono a uno stand preparato per i dibattiti, ma in quel momento deserto. Visto che erano stanchi, si sedettero per riposare. Muzzi ebbe la geniale idea di andarsi a piazzare dietro al banco dell'oratore. Si sedette e iniziò a parlare in una specie di spagnolo maccheronico. La gente che passava si fermava incuriosita, molti entrarono e si sedettero ad ascoltare, ma poi si guardavano attorno attoniti, perché non riuscivano a capire cosa diavolo stesse dicendo quel tizio dietro al banco. In tutto questo, Muzzi continuava imperterrito il suo comizio in italiano spagnoleggiante, in tono serio, come se stesse veramente dicendo delle cose importanti. Peccato non esser stato presente.

In quelle feste, un punto di ritrovo praticamente obbligato era lo stand della DDR (Germania Est, ormai – fortunatamente – scomparsa): ci si andava perché avevano della birra dannatamente buona, e te la davano in boccali abbondanti. A servire i clienti c'erano sia dei compagni italiani che dei tedeschi arrivati appositamente dalla DDR, e che per noi si chiamavano tutti Helmut! Quanta birra abbiamo bevuto in quello stand! E posso tranquillamente assicurare che a quei tempi di birra così buona in Italia non se ne trovava.

Quando veniva l'ora di pranzo, poi, era un dramma. Tutti i ristoranti erano presi d'assalto da mandrie di affamati capaci di divorare qualsiasi cosa fosse anche solo vagamente commestibile. Ovviamente, i ristoranti italiani erano quelli più affollati (se volevi mangiare a un'ora decente dovevi metterti in fila alle undici del mattino!), così si finiva spesso per mangiare in ristoranti tipo quello ungherese (dove servivano dei gulash che a me non facevano impazzire!) o quello tedesco (bistecche alla Turingia per tutti!). I più coraggiosi si avventuravano nel ristorante cubano, oppure in qualcuno ancora più esotico.

Al pomeriggio si faceva un breve riposino (magari sdraiati su un prato, a godersi il sole settembrino), poi via di nuovo a camminare. Si arrivava alla sera con le gambe che dolevano per la stanchezza. Verso le otto si raggiungeva il parcheggio dei pullman per il rientro, stanchi ma felici.

Alcune volte invece di andarci in autobus ci andammo in campeggio, partendo il venerdì e tornando la sera. In quegli anni si aveva più tempo per godersi la festa, la si girava con più calma, e la si gustava di più. Ma si perdeva il piacere dell'andare in gruppo, di condividere l'esperienza con tutti i compagni.

 

 
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