Lo spazio-tempo e l'etereNota: per comprendere questo post è necessario leggere prima quelli già pubblicati, i quali appaiono più sotto.Nei post già pubblicati abbiamo visto che assumendo le particelle elementari quali oscillazioni dell'etere porta a comprendere il motivo per cui le distanze nello spazio-tempo dipendono dal sistema di riferimento (vedi Relatività della durata del tempo), il collasso delle funzioni d'onda (vedi La direzione del tempo e l'effetto Compton) ed altri aspetti quantistici della materia. Allo stesso tempo il concetto di etere, quasi del tutto abbandonato con l'avvento della teoria della relatività riprende vigore. Come si può inserire l'etere nella fisica dello spazio-tempo e con quali conseguenze?Una prima cosa da fare è quella di stabilire il concetto di distanza nell'etere. Tale concetto è diverso da quello che si applica nell'universo fisico, dove le distanze sono soggette alla metrica di Minkowski e le misure avvengono in termini di onde, i cui periodi e lunghezze d'onda fungono o sono proporzionali alle unità di misura (vedi in questo blog il post Relatività della durata del tempo).Per rendere chiaro come il concetto di distanza sia diverso, visualizziamo tali unità di misura. Dato il periodo di un'onda, vediamo com'esso varia in funzione della velocità. La legge che esprime la variazione del tempo e che sta alla base della teoria della relatività è la trasformazione di Lorentz: t = t0 / √( 1 - v2 / c2 ). Data una particella, la cui onda associata possiede periodo T0 nel sistema a riposo, la corrispondente trasformazione per il periodo è: T = T0 ∙ √( 1 - v2 / c2 ). Chiaramente, T ∙ t = T0 ∙ t0. Tenuto conto di questa legge di trasformazione, ad un osservatore in movimento con velocità v, per v che va da -c a c (le unità sono tali che alla velocità della luce corrispondono rette inclinate di 45° rispetto all'asse temporale), il periodo T acquista i valori riportati nel grafico che segue.
Post N° 9
Lo spazio-tempo e l'etereNota: per comprendere questo post è necessario leggere prima quelli già pubblicati, i quali appaiono più sotto.Nei post già pubblicati abbiamo visto che assumendo le particelle elementari quali oscillazioni dell'etere porta a comprendere il motivo per cui le distanze nello spazio-tempo dipendono dal sistema di riferimento (vedi Relatività della durata del tempo), il collasso delle funzioni d'onda (vedi La direzione del tempo e l'effetto Compton) ed altri aspetti quantistici della materia. Allo stesso tempo il concetto di etere, quasi del tutto abbandonato con l'avvento della teoria della relatività riprende vigore. Come si può inserire l'etere nella fisica dello spazio-tempo e con quali conseguenze?Una prima cosa da fare è quella di stabilire il concetto di distanza nell'etere. Tale concetto è diverso da quello che si applica nell'universo fisico, dove le distanze sono soggette alla metrica di Minkowski e le misure avvengono in termini di onde, i cui periodi e lunghezze d'onda fungono o sono proporzionali alle unità di misura (vedi in questo blog il post Relatività della durata del tempo).Per rendere chiaro come il concetto di distanza sia diverso, visualizziamo tali unità di misura. Dato il periodo di un'onda, vediamo com'esso varia in funzione della velocità. La legge che esprime la variazione del tempo e che sta alla base della teoria della relatività è la trasformazione di Lorentz: t = t0 / √( 1 - v2 / c2 ). Data una particella, la cui onda associata possiede periodo T0 nel sistema a riposo, la corrispondente trasformazione per il periodo è: T = T0 ∙ √( 1 - v2 / c2 ). Chiaramente, T ∙ t = T0 ∙ t0. Tenuto conto di questa legge di trasformazione, ad un osservatore in movimento con velocità v, per v che va da -c a c (le unità sono tali che alla velocità della luce corrispondono rette inclinate di 45° rispetto all'asse temporale), il periodo T acquista i valori riportati nel grafico che segue.