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Velocità della terra rispetto all'etere


 Nota: per comprendere questo post è necessario leggere prima quelli già pubblicati, i quali appaiono più sotto.In un post precedente (Lo spazio-tempo e l'etere) abbiamo visto che l'etere è uno spazio ordinario euclideo, mentre quello fisico è minkowskiano. Che cosa implica questa differenza? Soffermiamoci dapprima sull'universo fisico. In questo spazio, dato un sistema di coordinate ortonormali la distanza dall'origine di un punto P di coordinate (t, x) è data da (per semplicità di notazione è presa in considerazione solo la coordinata spaziale nella direzione del moto):(1): d = √| c2 ∙2 - x2 |. tQuesta espressione è invariante in forma rispetto alle trasformazioni di Lorentz, ossia l'espressione (1) è la stessa in qualsiasi sistema di riferimento inerziale. Una conseguenza di questo fatto è che la velocità della luce è indipendente dal sistema di riferimento. Perciò qualsiasi tentativo di determinare la velocità della terra mediante una misurazione della velocità della luce è destinata a fallire, come Michelson e Morley dimostrarono con il loro famoso esperimento.Ora, per quanto riguarda l'etere, dato un sistema di coordinate ortonormali, la distanza di un punto P espressa in termini di esse ha questa espressione (vedi Lo spazio-tempo e l'etere):(2): d = √( c2 ∙2 + x2 ). tPerciò la metrica dell'etere è quella di uno spazio ordinario euclideo e l'equazione (2) non rappresenta nient'altro che il teorema di Pitagora, dove c ∙ e x sono i cateti e d l'ipotenusa. A differenza della (1), quest'espressione non è invariante rispetto a trasformazioni di Lorentz che coinvolgano un cambiamento di moto, ma i coefficienti della metrica dipendono dalla velocità dell'osservatore rispetto all'etere.  tIn altre parole, l'equazione (2) individua un'unica direzione temporale e, a meno di una traslazione, un unico sistema di riferimento. Definiamo fondamentale un qualsiasi sistema caratterizzato da tale direzione temporale. Perciò l'espressione (2) non è valida se il sistema di riferimento è in moto rispetto al sistema fondamentale, perché i coefficienti della metrica sono funzioni della velocità. Di conseguenza, la conoscenza dei coefficienti della metrica consente di calcolare la velocità di un osservatore rispetto all'etere. Come?Osservazioni che coinvolgano leggi della fisica soggette alla metrica di Minkowski – cioè invarianti rispetto a trasformazioni che coinvolgano cambiamenti di velocità – sono del tutto inadatte a questo scopo. Il solo modo per ricavare i coefficienti della metrica dell'etere è mediante leggi che dipendano dalla metrica dell'etere e che quindi non siano invarianti rispetto a tali trasformazioni. Esistono tali leggi?Probabilmente l'unica candidata è la legge di gravitazione. Infatti la gravitazione non si trasmette mediante onde dell'etere, come avviene ad esempio per l'elettromagnetismo. Perciò la legge di gravitazione è la candidata più promettente per determinare la velocità della terra rispetto all'etere. In che modo?Consideriamo un pianeta in orbita attorno al sole. Esso è soggetto a forze che dipendono dalla curvatura dell'etere, non dalle sue oscillazioni, perché nella curvatura dello spazio-tempo che dà origine alla forza di gravitazione non sono implicati né periodi né lunghezze d'onda. Di conseguenza, le orbite dei pianeti dovrebbero differire leggermente da quelle che si avrebbero se la legge di gravitazione fosse invariante rispetto alle trasformazioni di Lorentz. La misurazione di tali piccole discrepanze nelle traiettorie dovrebbe permettere di determinare i coefficienti della metrica dell'etere e di conseguenza la velocità del sistema solare e della terra rispetto all'etere.Si dovrebbe notare una cosa. Se la direzione di moto del sistema solare rispetto all'etere è ortogonale al piano dell'eclittica, le orbite dei pianeti non darebbero origine a notevoli discrepanze, poiché l'effetto causato dal fatto che i piani delle loro orbite non coincidano con quello dell'eclittica non dovrebbe produrre risultati facilmente rilevabili.In ogni caso, il modo migliore di misurare il moto rispetto all'etere è di inviare due sonde nello spazio, le quali si muovano su orbite i cui piani siano mutuamente ortogonali.