dedalo

parole


Musica. Musica nelle orecchie. Musica nella mente. Musica dentro di me. Mi scalda, mi colora l’anima. Mi distrae dal silenzio di questa camera. Dai rumori della vita fuori. Urla di un bambino che felice e ingenuo riceve tutte le attenzioni, ride e gioca. Non esistono problemi, non esistono pensieri per lui. Musica che mi distrae da pensieri e problemi miei. C’è nebbia stasera. È presente da giorni ormai. E io da questa nebbia mi sento avvolto. Coperto, ma non protetto. Come sospeso. Giorni vuoti. Giorni grigi. Giorni finti. Tutto sembra irreale. Come se non stessi vivendo. Come se fosse ancora notte e dormissi. Una sensazione strana. Trascendente. Passano i minuti, passano le ore, passano queste giornate e non mi rimane niente. Corde di un violino che pizzicate non emettono alcun suono. Vibrano silenziose ma non fendono l’aria. È musica sprecata. Musica mancata. Sono notti senza sogni. Che velocemente portano al giorno e non te ne accorgi. Notti che non sistemano la mente. Che danno un’apparente sensazione di riposo. Ma senza appagamento. Notti finte, come i giorni. Tutto è falso, io sono falso. Non esisto. Fuori dal mio corpo vago senza meta, ho perso la strada e non so dove andare. Fisso parole e immagini senza capirne il senso. Vedo persone, molte persone attorno a me. E sono spaventato. I volti si deformano, mi sento osservato, spiato. Si avvicinano. Camminano con me o contro di me. Mi sento immischiato a mia insaputa. Due flussi. Paura dell’acqua, paura di loro. E tra i ponti e le fondamenta, nel buio della sera, cammino anche io. Vedo la stazione vicina e la gente aumentare. Il respiro comincia a venir meno e i pensieri offuscarmi ogni capacità di giudizio. Panico che entra nel mio sangue. Breve. E ritorno a vedere le luci di Venezia e della stazione. Solo un momento. Il culmine di una giornata che non finiva mai. Fatta di solitudine, di silenzi. Di sconosciuti. Di nebbia. Di libri. Di nausea. Di indifferenza. Fin da subito sveglio con la concezione che niente poteva andare bene oggi. Un risveglio freddo, distaccato, lucido. E poi un treno in ritardo che corre contro il tempo. Istinti suicidi che di colpo appaiono nella mente. Un batter di ciglio, un pensiero. Un attimo. Uno schianto. Un urlo. Una fine. Libri ovunque. Persone che pian piano prendono posto e riempiono i tavoli. Dietro, davanti, vicino a me. E io in mezzo a loro non ero niente. Agitato e nervoso mi alzo in continuazione. Non riesco a stare fermo. I libri che sfoglio proiettano pagine bianche sulla mia mente.Giornate che si ripetono uguali. Medesimi pensieri. Medesimi parole. Medesime strade. Da solo mi sento perduto. Senza alcun significato. Cammino senza rendermene conto. In cerchio. Rivedo le stesse cose, con rinnovato menefreghismo per ingannare il tempo. Una sigaretta. Un panino. Un caffè. E subito un’altra sigaretta. Solo non so cosa fare. Il mondo racchiuso in un giornale è un peso che non riesco a gestire. Definizioni di un cruciverba che non mi alletta per niente. Continuamente distratto dall’andirivieni di ragazzi per i corridoi. Passi, risate, profumi, parole. Come in attesa di uno sguardo amico. O di un semplice conoscente che mi aiuti a sopportare meglio quel tempo. Una penna, un foglio bianco. Tentazioni a cui mi freno. Perché incapace di scrivere cose al di fuori di appunti, penso. Ma al secondo tentativo ci provo ancora. Le parole escono da sole. Irriconoscibili si perdono. Illeggibili si confondono. Una lettera rimasta incompiuta. E così forse resterà. Ora ancora li, nel quaderno. E più avanti forse strappata, e gettata. Sculture di un epoca passata. Splendori finiti. La storia comune di ognuno di noi. Sentirla raccontare. Amarla. È l’arte che riesce a dare un barlume di senso a questa giornata.Voglia di casa. Voglia di letto. Voglia di calore. Voglia di certezze. E li, per quelle vie che ormai conosco, di certezze non ne avevo. E non ne ho nemmeno ora.