dedalo

freddo


Fa freddo. Spifferi di aria gelida entrano da fessure invisibile. Errori forse nella progettazione di porte e finestre posso ammettere ora. Ragnatele agli angoli del termosifone scosse dalle correnti. Tende che continuamente danzano nel turbinio del passaggio dell’aria. Mani fragili e infreddolite girano piano le pagine di un libro. La mente altrove come sempre non riesce a percepire nuove nozioni. Il freddo mi appartiene, mi avvolge e si espande agli altri. Congela e zittisce un bambino che fino a poco prima rideva e giocava con la nonna. Congelo me stesso. Estraniandomi da questo mondo, preferendo ancora la mia stanza alla vita fuori. Elimino ogni possibilità di muovermi .È quasi ora di pranzo, sono sceso dalla mia stanza solo da 20 minuti. Oggi ho dormito fino a tardi, ma non perché ne avessi bisogno, ma solo per passare una mattina che altrimenti avrei passato tra i libri. Tra lo sconforto e l’amarezza. In cucina mia madre guarda la tv e mescola il minestrone. Lo ha fatto per me dice. Mentre aspettiamo mio padre e mio fratello, parliamo. Io sfoglio il giornale e rispondo controvoglia e malamente. È stata dal dentista, e la lavatrice ha dei problemi. “Dopo vai a San Donà, ah? Hai presente il negozio di elettrodomestici... la da duomo... così poi vai al negozio sport la... c’è bella roba in vetrina!”. Alzo gli occhi dal giornale, e con il mio sguardo faccio intendere la mia risposta. “E quando ci sei andata tu?”. “Dai, muoviti un po’. Sempre in camera, davanti al computer... eh...”. Il discorso decade li. Mia madre sa già la mia risposta. L’amicizia. Questa sconosciuta. Sono in treno con un amico. Oggi torniamo a casa assieme, così è l’occasione per bere qualcosa. Parliamo, scherziamo, ridiamo. Siamo così diversi io e lui. Ha sempre le idee chiare o quasi, perlomeno se vuole una cosa sa come ottenerla. Non ha paura del suo futuro. Mi rendo conto che a volte è lui a dettare il ritmo dei nostri discorsi. Seduti al bar davanti a 2 spritz parliamo ancora. Mi racconta dei suoi studi, del suo lavoro, parlo anche io del mio studio. Ma mi pare che le mie parole contino meno delle sue. Cerco di mostrare il mio sconforto, provo a raccontare le difficoltà che ho in questo semestre, e come tutta risposta dice che è questo che ho deciso io di studiare. Mi sono sentito uno stupido e non ho più detto niente di mio. Frequento poche persone. Al di fuori dell’università gli amici in fin dei conti sono solo 2. È sera. Le stelle sembrano più grandi e luminose. Più belle. Non smetto di guardale. Allora resto fuori ancora. Non importa il freddo. Resto ancora un po’ qui.