dedalo

acqua


Silenzio. La pioggia oggi si è presa una pausa. Un bel sole illumina il nuovo giorno. Specchiandosi in mille riflessi di pozze d’acqua sparse ovunque, memorie di una notte di tempesta. Mi sveglio in modo deciso, riposato. Non capita da tempo, penso. In stazione del mio paese chiacchiero con una ragazza conosciuta ai tempi del liceo. Una ragazzo molto solare, che parla molto. In treno mi accendo il lettore mp3, con il solito imbarazzo della musica che ascolto. Abbasso il volume e chiudo gli occhi. Davanti a me una ragazza scrive su un libro, la mia curiosità non va oltre. Non è così per un ragazzo seduto vicino a me, e per un altro seduto a sinistra. Prima uno e poi l’altro chiedono alla ragazza se ha bisogno di aiuto nello svolgere i suoi esercizi che apprendo essere di spagnolo. La vogliono broccolare penso ridendo tra me e me. Tre sconosciuti che da un nulla si parlano, ma dopo poche battute uno alla volta si salutano e scendono alle rispettive fermate. Un atteggiamento che io non riuscirei a prendere. Venezia è una città ancora nuova. Viva, dinamica, sorprendente. Davanti ai miei occhi si apre uno spettacolo mai visto. L’acqua, già elemento fondamentale della città, è salita, impossessandosi di spazi anticamente già suoi. Un’intensa e poetica fusione tra mare e architettura. Inonda le fondamenta, penetra negli edifici. La gente rimane impalata come me sugli scalini della stazione, pensando al da farsi. Titubanti. Esterrefatti. Pochi sono i coraggiosi che si addentrano nella città. C’è chi ci prova, ma subito dopo torna indietro. C’è chi nemmeno ci prova, come me, e se ne sta in stazione. Sorrido. Oggi è stranamente una buona giornata. Nonostante tutto. Ci sediamo nella saletta d’aspetto. Gremita di gente. I posti a sedere sono per la maggior parte occupati da giovani studenti con in grembo i pc, a discutere e a scherzare. Come noi. Il tempo, il progetto, gli esami. Le difficoltà, i problemi delle cose da fare. Esprimo scherzando la mia rassegnazione. Una mia compagna cerca di darmi coraggio, e mostra spirito solidale. Mi spiega un esercizio di meccanica, che non riesco a capire. Se lo faccio io lo fai anche tu, dice ridendo, in merito ad un altro esame. In treno, sulla via del ritorno a casa, da solo, ho la mente vuota. Sgombra. I pensieri, troppi, si annientano tra di loro. A casa mi riposo a letto. Sfoglio le pagine degli appunti, così, facendo finta di leggere. Devo comprare gli stivali, poi ci andrò, penso. Mia madre torna a casa, dai che ti accompagno, dice. Strano penso. Era una cosa che potevo fare anche da solo. Ma visto il buio, e la pioggia da poco tornata, avrà voluto eliminare ogni mio dubbio e problema. Non dico niente. Era un problema che non mi ero nemmeno posto. Davanti alla libreria osservo e sistemo i miei libri. Cercandone uno nuovo per queste sere. Ho voglia di comprane altri. Passo così una buona mezz’ora. È lunedì. È il primo dicembre. Eppure mi sento più libero e tranquillo del solito. Nemmeno l’ansia che questo durerà poco mi infastidisce. Forse la pioggia di questi giorni qualcosa ha lavato. O forse il sole di oggi qualcosa ha migliorato. Ma i giorni sono ancora molti. E il cielo infinito.