dedalo

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Si svegliò stancamente, come le altre mattine. Non si sentiva del tutto riposato, quelle ore di sonno gli avevano lasciato un retrogusto di insoddisfazione e perdita. C’erano stati particolari sogni quella notte, che a tratti riusciva ancora a ricordare. Erano ben raccontati, chiari e decisi. Ma anche se popolati da animali fantastici, o luoghi e persone che ben conosceva, non gli avevano lasciato niente, nemmeno la sana curiosità di chiedersi cosa potessero significare. Domande che un tempo ogni mattina si faceva. Ma aveva ormai perso qualsiasi tipo di curiosità da quando quei sogni si erano fatti rari. Non voleva alzarsi. Continuava a rigirarsi nel letto, dormendo così per quasi tutta la mattina. Seduto sul letto la sua unica domanda in testa era perché?. Perché alzarsi, perché andare avanti, perché vivere. Un solo perché capcace di racchiuderne infiniti altri, che non hanno bisogno di essere elencati. Una volta in piedi si guardò allo specchio. Era sempre lui. In bagno, davanti ad un altro specchio, decise finalmente di radersi. Quella barba di forse un mese, che in parte lo copriva, era continuamente criticata da sua madre. Ma che ammetterà poi, dopo il taglio, che avrebbe preferito la lasciasse un po’ più lunga. Sotto la doccia sentiva l’acqua calda scivolare via e niente altro. Se un tempo adorava stare li sotto quel getto rilassate, ora si annoiava. Solo il contatto con le piastrelle gelide della parete lo riportavano alla realtà. Ma quel tempo li dentro, rimaneva dilatato e lungo solo perché era quello, solo un altro rifugio dove stare da solo. Con sua madre litigava spesso. Quasi quotidianamente. Era sempre lui a cominciare, sempre per delle sciocchezze. Era il suo unico momento di sfogo e di rabbia che poteva permettersi. Durava poco, e poi come se niente fosse, tornava la vita di prima. Tornavano i silenzi, le indifferenze. La mancanza di dialogo era tipico in quella famiglia. Ordinò dei libri su internet, anche se con una certa difficoltà, a causa di un malfunzionamento del sito. Ma era contento. Ordinare, comprare, sfogliare libri lo metteva generalmente di buon umore. E quando arrivava il pacco, lo apriva mantenendo una certa sorpresa ed eccitazione, nonostante sapesse benissimo cosa contenesse.  Quando avvertì sua madre, lei staccò gli occhi da un giornale di pettegolezzi, e togliendosi gli occhiali gli chiese con tono infastidito se quei libri li comprasse solo per bellezza o se li leggesse davvero. Questa sua domanda lo irritò, ma si trattene da dire qualcosa, e se ne tornò nella sua stanza. Sua madre non poteva capire. Erano così distanti loro due. Sentiva di non aver ricevuto niente da lei. Tutte le cose che lui amava, le aveva apprese da solo. I libri, l’arte, quella famiglia non sapeva cosa fossero. Sentiva di non aver qualcosa in comune con nessuno di quella casa. Sapeva che non poteva raccontare molto a sua madre, anche quando provava a spiegarle come andavano gli studi e i corsi, lei sembrava non ascoltare o non capire. Forse non gli interessava. Infatti non andava mai oltre le domande di rito, e poi le risposte rimaneva vane e sospese nell’aria. Si sentiva solo anche a casa, per questo non resisteva più del dovuto seduto a tavola con loro, per questo se ne stava sempre rinchiuso da qualche parte. Passò così il pomerggio seduto davanti alla scrivania nel suo studio, ascoltando musica, con dei fogli bianchi davanti e matite e sqadre a disposizione. Ma dopo aver tirato qualche linea, gli tornò negli occhi la disperazione. Non sapeva cosa e come doveva fare. E quel tentativo di riappropriasi di certe abitudini, scemò sul nascere. La musica catturò la sua attenzione. E subito dopo la tastiera del portatile. Che decise di pulire come meglio poteva. Distraendosi ed estraniandosi dal mondo per qualche decina di minuti. Dei botti in lontananza. Molti stavano festeggiando quella sera. Perfino suo padre decise di fare un falò, probabilmente per il nipote. Il cane, spaventato, grattava la porta in cerca di attenzione e rassicurazioni. Quello che forse voleva anche lui, ma non erano i botti a spaventarlo. Non era solo per una sera. Ma era così da sempre. Anche in quel momento, ancora seduto alla scrivania ad ammirare i suoi libri e a non fare altro, aveva voglia di piangere. Era da tanto che non si faceva un bel pianto liberatorio, pensava.