Sardinia

Quando i benpensanti rifiutano la tragica realtà. (occhio non vede, cuore non duole)


 
L'altra mattina in un bar nel centro una signora distinta si lamentava indignata e ad alta voce (che sentissero tutti) delle crude immagini di cadaveri e cadaveri che siamo costretti a vedere all'ora di pranzo dalla sperduta isola di Haiti, considerandolo uno spettacolo mediatico morboso e inutile. A sentire questi fatti lo sconforto è enorme, viene alla mente la famosa società civile di De André che nell'ora dell'aperitivo non vuole spargimenti di sangue, o di detersivo.Questa è una società effettivamente morbosa, che entra nelle case e nella vita della gente, che brucia e fa spettacolo di tutto, che paradossalmente mette i riflettori nazionali anche a chi vuole rifuggire dal mondo, come in "chi l'ha visto". Ma dove e qual è il limite sottile che separa l'informazione dalla morbosità? È vero, il rapporto con il concetto di morte è da sempre controverso: ci fa soffrire, ci fa paura, spesso lo si vuol tenere distante da noi per indifferenza, o perché si è talmente al culmine della propria sofferenza da non volerne altrui. Ma al contempo evidentemente ne siamo quasi attratti e incuriositi nei momenti in cui colpisce qualcun altro, come nelle iconografie medievali, quando la falce della morte incappucciata sceglieva qualcuno scagionando automaticamente gli altri.Ma c'è una terza via (c'è sempre una terza via), che come si dice “ salverà il mondo “: è l'imperativo morale di non perdere il senso di empatia, comune a tutte le civiltà progredite, quello che ci porta a non abituarci alla sofferenza come quella di Haiti, a non accettarla; dobbiamo assolutamente rifiutare le immagini di finta sofferenza e di violenza che ci vengono sparate nelle vene quotidianamente in moltissimi film e serie tv, quelle che ci inducono a non discernere più la sofferenza reale da quella immaginaria L'informazione e quelle immagini sono utili, anche in un fatto di natura come un terremoto, per indignarci del fatto che non ci siamo occupati prima di quei bambini, delle case decrepite in cui vivevano e che sono crollate così miseramente. Perlomeno l'informazione serve a ricordarci delle tante case decrepite che ci sono anche dalle nostre parti. In due parole, l'informazione serve a non provare nuova sofferenza.