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Pesantezza

Post n°3366 pubblicato il 10 Luglio 2012 da lidermax.mv
 

Si sta cominciando a toccare il fondo.

Quando si parla di crisi, si pensa sempre ai risvolti macroeconomici, ai grandi numeri, alle grandi manovre finanziarie, ai titoloni che riempiono le pagine delle testate giornalistiche.

Quasi mai si va a vedere come questi macro problemi si riflettono sulle micro situazioni locali.

A Torino, una città da sempre e per vocazione storica , si pensi a Don Bosco ed al Cottolengo, per arrivare all'Arsenale della Pace, passando per i Santi Sociali, votata al supporto sociale ai disagiati di qualsiasi estrazione e provenienza, i primi effetti drammatici cominciano a colpire i servizi sociali di base.

La politica di trattenimento dei trasferimenti dei fondi dallo Stato alle Regioni ed ai Comuni ed i continui tagli portano al collasso situazioni che potrebbero essere gestite non dico facilmente, ma almeno sullalinea di galleggiamento, in attesa di tempi migliori.

Un indicatore drammatico è il numero di bambini sotto l'anno di età abbandonati ai servizi sociali da genitori che non riescono a fornire a questi figli il minimo per la sussistenza.

I Comuni stanziano tutti i fondi possibili e poi le Spending Review, che per natura non possono andare a vedere nel particolare, tagliano i fondi già stanziati. Così può accadere che solo i servizi sociali della città Sabauda abbiano 1800 bambini in affido. Ed il budget azzerato.

Esisteranno sicuramente ancora degli sprechi, ma a livello locale non sono tali da giustificare una tale carenza di risorse.

Così finisce che a pagare sono le categorie agli estremi della società. bambini piccoli, anziani non autosufficienti, malati veri, persone che hanno perso il lavoro e non hanno speranza di ritrovarlo perchè la realtà industriale in cui sono cresciuti non esiste più.

Se appartieni ad una di queste categorie e sei italiano, devi affidarti alla solidarietà, che non manca ma non è sufficiente.

Se sei straniero, paradossalmente, sei più vaccinato. Perchè spesso provieni da realtà in cui il nostro livello di povertà è considerato un livello medio alto di benessere.

I danni sociali di questa crisi li pagheremo per decenni: è come avere avuto una guerra ma senza aver combattuto. La guerra vera, quella che distrugge, alla fine spinge l'economia alla ricostruzione o alla ripartenza.

Qui invece rischiamo di avere generazioni bruciate nel limbo tra la scuola ed il lavoro, senza prospettive, senza futuro, senza la speranza di costruire per se stessi e per i propri figli.

Al contrario, stiamo esaurendo, lentamente, quello che i nostri anziani, che il sacrificio lo conoscevano assai meglio di noi, avevano faticosamente messo da parte.

E non serve dare la colpa a Monti o alla Merkel o alle banche. Noi come singoli non possiamo agire sulle loro scelte e le loro scelte non possono basarsi sul singolo caso.

Quello che dobbiamo fare noi é far ripartire il senso della socialità, della reciprocità, della solidarietà. Chi ha deve confrontarsi con chi non ha e dividere: perchè non è una gara ad eliminazione in cui vince chi rimane in piedi.

La zattera rimane su solo se tutti hanno la forza per remare.

Sembrano belle parole, ma in realtà sono concetti che se applicati rappresentano un modello vincente. Un modello virtuoso che è altrettanto contagioso del pessimismo che giustamente ad oggi ci pervade.

Pessimismo che non è sufficiente a cambiare: forse bisognerebbe veramente sbatterci la faccia. Vedo ancora troppi SUV, troppi abiti firmati, troppi acquisti superflui, troppi sprechi alimentari, troppe persone che in fondo non stanno così male, troppi furbi ai danni degli onesti.

Non voglio giudicare:ognuno ha quello che si è più o meno onestamente meritato.
Vedremo cosa succederà quando anche loro dovranno frugare tra gli avanzi.

 
Rispondi al commento:
zerorez
zerorez il 11/07/12 alle 15:18 via WEB
L'attuale configurazione può consentire la solidarietà, ma non eliminare il superfluo.. significa peggiorare "l'economia". L'attuale sistema si smonterà da solo. Più persone ne saranno coscienti, più in fretta le cose cambieranno.
 
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