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Perfidie di Stefano Torossi

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Il ruspante

Post n°338 pubblicato il 06 Luglio 2015 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

6 luglio 2015

 IL RUSPANTE


Vostro Onore, lo confessiamo: al concerto ci siamo andati con in testa i peggiori preconcetti contro questo signore, che sappiamo padrone della voce, ma parlata, non cantata. In più il tipo si presenta un po' troppo ruspante. Un sapore forte per il nostro inguaribile snobismo. Ecco come è andata.

La lochèscion (ruspante, abbiamo detto, no?) è gradevole: uno dei grandi cortili dell'ex mattatoio, di cui molto abbiamo parlato ultimamente, fresco e circondato da buoni stand di cibo e bevande. L'ora, ancora meglio: fra le nove e mezza e le dieci; si parcheggia con calma. Il programma di "Io vendo le emozioni" annuncia canzoni originali, qualche cover e un ospite: Enrico Ruggeri.

Dunque, per onestà diciamo subito che siamo rimasti stupiti dalla qualità del gruppo musicale, che forse un po' ci aspettavamo, e dalla invece inaspettata musicalità del protagonista: quadratura impeccabile, padronanza degli attacchi e, naturalmente (è la sua arma professionale) della voce. Per questo capo di imputazione chiediamo lo stralcio.

La quale voce, però, probabilmente gli da troppa sicurezza, e a volte, nel registro basso che forse vorrebbe ricordare un Barry White de noantri, esce piuttosto come un rutto (d'accordo, intonato).

Discutibile è invece la presenza in scena. Forse per scarsa esperienza, timidezza, o magari per una furbesca scelta di rappresentare il personaggio semplice e sprovveduto, si abbandona a eccessi di fisicità, che se lo avesse visto Sinatra (o, senza andare troppo lontano, anche Dorelli...) Beve acqua a garganella, si agita, parla con i tecnici, si toglie e rimette gli occhiali, sfoglia il suo brogliaccio, suda e si asciuga continuamente faccia, collo, nuca, testa con un enorme accappatoio (bianco, quindi visibilissimo).

Forse per far simpatia al pubblico, in coppia con la moglie, che lo chiama Frenk, si butta in una cover casareccia del mitico "Parole parole" (Mina e Alberto Lupo). Seguita da una melensa canzone da papà amoroso dedicata al figlioletto che dovrebbe essere fra il pubblico e che lui saluta alla voce (applausi frenetici dalle mamme presenti). Poi una conversazione bamboleggiante con la chitarra elettrica che gli fa il verso. E per chiudere, un omaggio con imitazione vocale alla buonanima di Manfredi in "Tanto pe' cantà".

Per quest'altra imputazione chiediamo un periodo di rieducazione forzata.

Un peccato, Vostro Onore, perché in fondo, per non essere un professionista del ramo, non è neanche male, e i suoi forse sconsiderati, certo audaci tentativi di cantare Jannacci, Gaber o De Gregori meritano, se non proprio il nostro sostegno, almeno l'indulgenza della corte.

Per noi il concerto finisce quando Francesco Pannofino (sì, è proprio lui), dopo aver invitato sul palco Ruggeri, ci annuncia che si assenterà il tempo necessario per cambiarsi la camicia, che "è proprio zuppa".

Anche noi ci assentiamo. Definitivamente.


Apprendiamo con vivo stupore dalla stampa:

che nei prossimi giorni, siccome farà molto caldo, tutti, ma in particolar modo anziani e bambini, dovranno mangiare leggero, bere molta acqua e poco vino, dovranno stare possibilmente in ambienti freschi (suggeriti i supermercati, ignorate le chiese), non sedersi al sole per ore e soprattutto vestirsi leggeri.

Una bella delusione per chi aveva in programma di mettersi un loden pesante e scendere alla trattoria tirolese dietro l'angolo per un piattone di polenta e gulasch e un gagliardo fiasco di Chianti. 

Certo, senza i giornali non sapremmo davvero come cavarcela.


Apprendiamo, stavolta con vivo piacere, sempre dalla stampa:

che il Teatro dell'Opera ha chiuso il 2014 con un attivo di quasi 5.000 (cinquemila) Euro rispetto a un passivo dell'anno precedente di dodici milioni. Naturalmente la cifra fa ridere, ma suggerisce un pensiero: non è vero che certi enti sono sempre pozzi dove sparisce il denaro pubblico. Dipende dai cialtroni a cui sono affidati, che non sanno fare il loro presunto mestiere di amministratori.

Insomma, come sosteniamo da sempre, conta l'uomo e non la struttura. Il mago è, diciamolo perché lo merita, il sovrintendente Fuortes, che già aveva fatto veri miracoli al Parco della Musica.


Una Top Ten gastromusicale:

Avere una trattoria con i tavoli all'aperto sotto le finestre di casa è un dubbio piacere ma una indubbia comodità. E in più ci offre la possibilità di compilare, basandoci su una media di almeno tre esecuzioni a pranzo e molte di più la sera, e con formazioni diverse: clarinetto solista, sax, chitarra e canto, trio di fisarmoniche, eccetera, una affidabilissima top ten dei brani di successo presso i posteggiatori romani.

Ecco la hit parade. 1°: "My way", bel tema di Paul Anka, che vorremmo aver scritto noi, ma diventatoci odioso per l'indigestione. 2° e 3°: gli inevitabili "Torna a Sorrento" e "O sole mio" (siamo in Italia e i turisti li pretendono). 4°: "Quando quando" (ci scuserà l'amico Tony Renis se ogni volta che lo sentiamo gli mandiamo un accidente). 5°: "Il padrino" (Nino Rota, pace all'anima sua). Sorprendentemente "Arrivederci Roma" sta in coda insieme agli altri.

E non ci si può sbagliare a fare i conti, perché ogni posteggiatore esegue i brani secondo la sua scaletta fissa, con gli errori, sempre gli stessi, ripetuti anche loro con implacabile regolarità e protervia.


                                           

 

 
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