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Perfidie di Stefano Torossi

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Messaggi del 15/02/2012

Sanremo Uno, L'Incoscienza

Post n°152 pubblicato il 15 Febbraio 2012 da torossis

IL CAVALIER SERPENTE

 Perfidie di Stefano Torossi

 14 febbraio 2012

   SANREMO UNO - L'INCOSCIENZA


      14 febbraio. E' la prima volta che ipotechiamo in partenza venti ore della nostra vita in un'impresa che potrebbe anche essere esiziale: la visione integrale delle cinque serate del Festival di Sanremo. Speriamo di farcela. Una manifestazione, da parte nostra, di vera incoscienza.

     Ore 20,40: secchiello del ghiaccio con bottiglia di Soave e accanto tagliere di lardo di Colonnata e patè. La decisione è: se dobbiamo rischiare, tanto vale metterci anche il colesterolo.

     Allora, la faccenda comincia prima di tutto con una specie di psicodramma con Morandi in camerino che ci esterna i suoi spaventi prima di cominciare il Festival. Morandi è tutto tranne un buon attore, e si vede. Transit.

     Poi ci toccano venti minuti buoni di Luca e Paolo. Un'esperienza di tipo parrocchiale-adolescenziale-parolacciara. Si tratta di una canzone (satirico-sociale?) che ci fa rimpiangere il Bagaglino, in cui abbiano contato diversi sputtanare, sputtanerò, Luttazzi che rima con cazzi, sticazzi, coglioni, passera, pisello, cacca, il tutto arricchito da occhioni sgranati alla Macario, espressioni finte deficienti alla De Rege e tentativi malriusciti di imitazione di Benigni o Celentano, perchè Benigni e Celentano reggono  mezz'ora in scena: loro, no. Il tutto crolla con una battuta, sempre citando Celentano "caro Adriano, avevi torto, la foca ha rovinato il paese", con qualcuno nel pubblico che, fra le risate che comunque accompagnano qualunque parolaccia, alla fine capisce il riferimento e grida a gran voce "Adriano!"

     Finalmente arriva un professionista che per il solo esserci con la sua semplicità e l'intuito per la misura rialza il livello: Morandi, che attore non è, ma presentatore sì, e di gran classe.

     E qui abbiamo un momento di spettacolo quasi americano. Il palco minimalista e volutamente squallido si trasforma in una fantasmagorica macchina futuristica e affascinante. Qualcosa di professionale, era ora. Dall'avanspettacolo delle pagliette a Broadway.

     Naturalmente non dura. Coll'inizio delle canzoni in gara cominciamo a vedere gli imbarazzanti direttori d'orchestra. Uno di cui non ci ricordiamo il nome, ma era quello che accompagnava Bersani, vestito come un garzone del droghiere: camicia aperta con sotto intravista una maglietta di salute anche un po' ombrata, e senza avere il fisico (Bacharach avrebbe fatto meglio). Ma perché? In fondo una giacca e una cravatta non costano poi tanto. E siamo a Sanremo.

     A un certo punto, problema tecnico. Morandi minimizza benissimo. Stiamo cominciando a volergli bene. E a risalire la china. Ma, ahimé arriva Papaleo. Per quanto sia evidente che il suo look penoso è studiato, rimane il fatto che ha una faccia che proprio non funziona. Se non immaginando che sia un pupo siciliano. Allora sì, va bene, ma allora dovrebbe fare il pupo veramente ingenuo, di legno, e non dire anche lui volgarità, tipo lo "sverginami" che ha pronunciato, non ci ricordiamo neanche più a che proposito. Comunque qualcosa ci fa immaginare che non sia così fesso come tenta di apparire, e aspettiamo di vedere cosa farà dopo.

     Si succedono le ragazze canterine tutte con tacchi troppo alti; non sanno usarli per scendere le scale e sembrano papere. Tranne la Fornaciari, finora l'unica che sa stare sul palco. Papaleo continua con l'avanspettacolo. Non ha stile, non c'è niente da fare. Mentre Morandi è come una donna sexy, che è sexy soprattutto quando non sa di esserlo, e lo è per grazia naturale. Morandi è naturale e sexy (nel senso del presentatore, naturalmente). Eppure anche a lui scappa un "ma che cazzo!". Evidentemente è l'atmosfera della serata che glielo fa dire, ma in ogni caso con leggerezza.

     Finalmente arriva il grande qualunquista, di cui non è necessario fare il nome. Anche a lui esce di bocca un "che cazzo". Chissà quale magia trascina tutti per la china. E naturalmente tutte le sue solite baggianate, e pause, e facce. Ma, e qui ritorniamo alla grande classe, quando canta è fantastico. Non importa la musica o il testo. E' lui che canta, e basta. C'è.

     Il resto è di nuovo avanspettacolo, con l'intervento finto spontaneo di Pupo, anche qui con faccette e sbuffi da parrocchia, battutine sulla statura dello stesso Pupo, rigurgiti di ecumenismo del grande qualunquista ecumenico che conclude il suo spazio con la dichiarazione che "La morte è l'ultimo gradino prima del grande inizio". Boh? Baggianate di cui crediamo di poter fare a meno.

     La cosa va avanti con apparizioni di belle vallette. Ancora una volta dobbiamo rammaricarci del fatto che la Canalis che ci piace moltissimo risulta più scema di Belen che ci piace pochissimo.

     Alle 00,03 mentre parla della figlia del suo pianista, dalla bocca di Papaleo prorompe trionfante un irreprimibile vaffanculo. Certo non è colpa sua, ma ha una faccia davvero non da palcoscenico, con quegli occhi ipertiroidei e fissi. Ma non dev'essere uno sciocco, perché poi ci regala un monologhino piuttosto intelligente.

     Eppure alla fine sbraca di nuovo perché questa prima serata, arrivata alle quattro ore, chiude con una sua battuta, sul cui livello preferiamo non esprimerci. Eccola: "C'è un campo di girasoli a Cortona d'Arezzo; e c'è un campo di paraculi a Cortina d'Ampezzo".

     Che ne dite? La professione è un'altra cosa, no?



                                       

 
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