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Perfidie di Stefano Torossi

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Messaggi del 21/10/2013

Ottobrata romana

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

   21 ottobre 2013

  OTTOBRATA ROMANA

 

Ottobrata romana: designansi con questo nome, qui in città, le ultime manifestazioni di bel tempo prima dell’autunno propriamente detto. Sono giornate con un clima quasi estivo, il cui sole tiepido e l’aria balsamica contribuiscono al nostro benessere. Non serve altro. Per fortuna; perché proprio in una di queste giornate, precisamente il 19 ottobre a mezzogiorno, cioè nell’ora culminante della felicità (in cui, lo ripetiamo, non ci abbisogna niente altro) ci siamo presentati all’inaugurazione del Giardino delle Fontane, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna (GNAM, infelice acronimo, a cui manca solo un punto esclamativo per suggerire una gestione non proprio corretta del pubblico denaro: GNAM!) Ma questa è pura malignità.

L’edificio della Galleria, costruito a inizio ‘900 in un’architettura un po’ tronfia, ma non priva di decoro, situato in una bella vallata alberata, è affiancato da giardinetti, uno dei quali era la scena dell’evento. Scena modesta, che noi ricordavamo ornata, prima, di bellissime palme. Non più: il punteruolo rosso, implacabile, ha colpito, e invece degli alberi svettanti, ci sono in terra dei perfetti dischi di legno che altro non sono se non i monconi delle succitate palme segati a filo cemento. Peccato perché senza di queste, buona parte della suggestione svanisce, e rimangono solo qualche siepe di bosso e un paio di vasche assolate, su una delle quali trionfa “Ipotesi grafica”, una delle opere inaugurate.

Con tutto il rispetto per l’autrice, il manufatto, consistente in due sostegni verticali reggenti un tubo orizzontale da cui, attraverso fori equidistanti scendono sottili getti d’acqua che finiscono nella vasca sottostante, a noi ha fatto pensare a un umile, normale impianto di innaffiatura.

Probabilmente siamo dei semplicioni che hanno bisogno di evidenza per capirci qualcosa, ci siamo detti. Ma insieme a questo empito di umiltà ne abbiamo provato un altro forse più intenso di sbalordita ammirazione per chi, a mostre e vernissage, scrive le note di presentazione delle opere. Fantascienza pura (sempre secondo noi buzzurri).

Eccone alcuni brani pescati dal comunicato stampa: “Protagonista è l’acqua che dall’alto scende (ah, la forza di gravità!) creando un velo che separa porzioni di spazio ma al contempo le mette in comunicazione (bisognerebbe decidersi: che fà ‘sto velo, separa o unisce?) sorta di zona cuscinetto neutra, impalpabile e riflettente”.

E, a proposito dell’opera successiva, “Libri in giallo”, una scultura in travertino, appunto, giallo, rappresentante una pila di libri. “Le striature del marmo somigliano ad una scrittura che si srotola verticalmente con moto ascensionale. Presumibilmente (meno male che qui l’estensore è colpito da un dubbio) è questo il senso che l’autrice ha voluto trasmettere e che il titolo non smentisce, dato che l’opera rappresenta libri il cui contenuto è la scrittura”. Colpiti da questa rivelazione sensazionale, non siamo andati oltre.

Ammettiamo di avere decontestualizzato un po’ le frasi citate, ma le parole sono quelle (abbiamo il testo nel cassetto).

In ogni caso la giornata era splendida, numerosi gli amici che abbiamo incontrato, e poi, di soppiatto ci siamo fatti un giro per la GNAM, che è un bello scatolone pieno di arte straniera, e anche, anzi soprattutto italiana. Non è stato tempo sprecato.


Lo stesso giorno, la sera, alla Sala Sinopoli, Secondo Festival Internazionale della Fisarmonica Digitale. E’ stupefacente come una normale fisarmonica, con qualche migliaio di circuiti elettronici in più diventi non solo un’intera orchestra, ma anche un contenitore di effetti sonori: spari, motori, cinguettii a volontà.

Il problema di queste manifestazioni-concorso è, in primo luogo il tono sempre un po’ provinciale, con troppi salamelecchi agli sponsor; troppo lunghe presentazioni di ogni singolo membro della giuria; sfrenato uso di parole come splendido, straordinario, meraviglioso; continuo chiamare l’applauso da parte dei presentatori: un grande applauso a…, salutiamo con un applauso…, ancora un applauso…e infine il cattivo gusto dei concorrenti i quali, o continuano a scegliere i soliti voli del calabrone e hora staccato, oppure sempre più spesso presentano loro proprie composizioni infarcite di effetti mirabolanti, che della musica hanno perso quasi tutto il sapore. Si riscattano poi durante lo spettacolo, poverini, perché sono giovani, spesso molto malvestiti, ma soprattutto concentrati su quel momento fondamentale della loro vita. E vogliamo rovinarglielo? No di certo.


Proseguendo nell’autolesionismo, domenica 20 eccoci alla Sala Petrassi, musica contemporanea: “Il Suono Sospeso”, omaggio a Berio e a Nono. Due composizioni del ’65. Volevamo vedere se l’avanguardia, dopo cinquant’anni regge ancora o si è fatta vecchia.

Bisogna ammettere che questi fatti musicali, oggi come ieri, ci forniscono, contrariamente ai concerti tradizionali, notevoli invenzioni spettacolari. Stasera abbiamo sul palco cinque grandi lastre di metallo dorato sospese a cordoni lucenti accanto a quattro altoparlanti neri. Ai lati della scena due arpe e una quantità di percussioni, più attori, cantanti, musicisti (ai quali in alcuni momenti vorremmo chiedere come facciano adulti consenzienti a rimanere seri mentre fanno cose da bambini: tirare catenelle, battere martelli, cacciare urli e lamenti).

Per quanto siamo riusciti a intuire, e in questi casi non è mai facile, l’esecuzione ci è sembrata buona (fra l’altro non abbiamo capito come facessero i cinque percussori delle lastre a entrare a tempo senza direttore) e ci siamo divertiti.

Ma sull’attualità dell’avanguardia dopo mezzo secolo non abbiamo risposte. E’ troppo presto?



                                         


 
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